martedì 31 dicembre 2013

SAMHAIN LA FESTA DELL’OSCURITÀ

LA FESTA DELL’OSCURITÀ

L’autunno inoltrato, con l’arrivo delle nebbie e dei primi freddi è un altro punto
di svolta della grande Ruota dell’Anno. In questo periodo infatti, al primo
novembre, cade la grande festa celtica di Samhain (pron. souin). Samhain in
gaelico irlandese indica il mese di novembre e il corrispondente gaelico
scozzese Samhuin (pron. sov’en) è la festività di Ognissanti. Questa ricorrenza,
il cui nome significa “fine dell’estate”, rappresenta la controparte di Beltane,
l’arrivo della parte oscura dell’anno, l’inizio stagionale dell’inverno (mentre
quello astronomico è determinato dal Solstizio d’Inverno). Come si è accennato
in precedenza, gli antichi Celti avevano in origine due sole stagioni, Geimredh
che iniziava a Samhain e Samradh che iniziava a Beltane (più tardi furono
aggiunte altre due stagioni, Earrach con inizio a Imbolc e Foghamar a
Lughnasadh). Samhain era il capodanno celtico: infatti, per gli antichi Celti,
l~anno iniziava con la sua parte oscura, allo stesso modo in cui il giorno
iniziava con le ore notturne. Le feste celtiche iniziavano sempre al crepuscolo
del giorno precedente: ancora oggi nei paesi anglosassoni si celebra Hallowe’en
cioè All Hallow’s Eve o Vigilia di Ognissanti (come è stata cristianizzata tale
ricorrenza), così come si festeggia May Eve a Beltane.Nella tradizione celtica,
al pari di altre culture, il giorno che segna la fine di un ciclo e l’inizio di un
altro, non appartiene a nessuno dei due (né al passato né al futuro) ma è un
“tempo oltre il tempo”, una scintilla dell’eternità. Tutti i confini, siano essi
spaziali o temporali, hanno in moltissime tradizioni antiche una valenza
magico-sacrale: un luogo come la spiaggia non appartiene né all’acqua né alla
terra, così l’alba e il crepuscolo non appartengono né al giorno né alla notte.
Mezzanotte è un’ora magica perché è al confine fra due giorni. Questi luoghi e
questi tempi presentano al tempo stesso pericoli e opportunità di conoscenza
perché si può attraverso essi entrare nell’Altro Mondo allo stesso modo in cui
energie dell’Altro Mondo possono entrare nel nostro mondo quotidiano. Il
momento in cui una stagione cede alla successiva è particolarmente
significativo da questo punto di vista, come abbiamo visto a proposito della
festa di Beltane. Samhain è ancora più cruciale perchè è l’inizio di un nuovo
anno, per questo motivo più di ogni altra festa annuale è un momento critico:
non appartenendo al tempo quotidiano, esso costituisce un passaggio fra la
realtà del nostro mondo e altre dimensioni. Se ogni festa costituisce al tempo
stesso un inizio e una fine, Samhain è un momento speciale perché il velo del
tempo si solleva e si può comunicare con gli altri livelli di esistenza in maniera
più chiara che mai. In questo giorno i vivi possono visitare il mondo dei morti e
i morti possono tornare tra i vivi (anzi, ad esser più precisi, tutto il periodo
compreso tra Samhain e il Solstizio d’inverno è un tempo di contatti con spiriti
ed entità dell’Altro Mondo, perché siamo nella “notte dell’anno”). Le porte del
Sidhe (l’aldilà celtico) si aprivano e nè gli umani, né gli esseri fatati avevano
bisogno di un lasciapassare. Nella Féile na Marbh, la “festa dei morti”, si
ritornava al caos primordiale. Secondo un’antica concezione pagana si
festeggiava la vita nella morte con una celebrazione che non aveva nulla di
triste, quasi a ricordare che ogni fine è un nuovo inizio e ogni morte in questo
mondo è una nascita nell’altro mondo. Così da un lato si propiziavano i morti,
dall’altro si dava luogo a disinibite feste che riaffermavano il valore della vita di
fronte all’incombente oscurità. Samhain può sembrare un inizio strano per il
nuovo anno, ma l’esistenza per gli antichi era una ruota, in cui la morte intesa
come fenomeno naturale precedeva necessariamente qualsiasi nuova nascita.
Di tutte queste credenze è rimasta qualche eco nelle celebrazioni cristiane dei
defunti, il 2 novembre, mentre la festa di Samhain fu cristianizzata come
Ognissanti e spostata dalla data originaria del 13 maggio dal papa Gregorio IV
nell’anno 834. La festa fu però estesa a tutto il mondo cristiano solo nel
Samhain, preceduto dalla notte conosciuta ancora oggi in Sco’zia come Nos-
Galan-Geaf (Notte delle Calende d’Inverno) era una festa celebrata dagli
antichi Celti in manjera solenne, con banchetti e festini che potevano durare
anche una settimana intera. Vi era una ragione pratica: in questo periodo il
bestiame proveniente dai pascoli estivi veniva radunato nelle stalle e in base
alle scorte di foraggio, si macellavano tutti i capi in eccesso. La carne che non
poteva essere conservata veniva consumata da tutti i membri della tribù,
perfino dai più poveri che venivano generosamente ospitati dai nobili e dai
capi. Anche tutti i prodotti della terra dovevano essere raccolti entro il 31
ottobre: ciò che rimaneva era abbandonato ai Pùca, folletti dispettosi e
malvagi.
Infatti Samhain era anche il giorno che celebrava la fine dell’ultimo raccolto
dell’anno, quello delle mele, frutto sacro in molte tradizioni. Altro raccolto,
celebrato dai Celti, era quello delle nocciole, frutto simbolo della sapienza
magica. Non è un caso se in molte leggende mele e nocciole rappresentano i
frutti dell’Altro Mondo, donati agli umani da divinità o da esseri fatati! Il
nocciolo era sacro ai Celti, simbolo di saggezza e di segreta conoscenza: una
leggenda narrava che nove noccioli sacri circondavano la sorgente di Connlas,
in Irlanda, portando frutti e fiori nello stesso tempo. In molte culture, non solo
quella celtica, il legno di nocciolo era il più indicato per bacchette magiche o
rabdomantiche.
In quanto all’altro frutto di Samhain, tra i frutti che la stagione autunnale ci
offre nessuno è più presente nei miti e nelle tradizioni dell’Occidente quanto la
comune mela. Sicuramente uno dei primi frutti coltivati in Europa (resti fossili
sono stati rinvenuti in antichi insediamenti del Neolitico), la mela riassume in
sé molti significati simbolici, che fanno capo alla triade di amore - conoscenza -
morte.
La mela rappresenta innanzitutto l’amore: in molti luoghi gettare una mela
ad una persona era considerato una dichiarazione d’amore. Nella mitologia
greca il giovane principe Paride doveva offrire una mela alla Dea più bella:
scelse Afrodite, come era ovvio e anche logico, dato che il frutto era sacro a
quella Dea.
Ma la mela è sempre stata anche un frutto di conoscenza: conoscenza
proibita come nel caso della Bibbia, ma più spesso come conoscenza da
“coltivare”. Infatti nella tradizione celtica il legno del melo è uno dei nove Legni
Sacri dei Druidi, usato per accendere i fuochi delle cerimonie sacre. Lo stesso
albero raffigura poi una delle lettere dell’alfabeto arboreo druidico, la Q (Quert
è il nome del melo in gaelico). La mela nasconde al suo interno un simbolo
sacro: se si taglia il frutto orizzontalmente (e non verticalmente come avviene
di solito) si vedrà al centro una stella a cinque punte, la cui simmetria riflette la
Sezione Aurea del numero sacro ai pitagorici. Il pentagramma o pentalpha è un
simbolo presente in numerose tradizioni.
Non mancano poi i miti che collegano la mela all’immortalità. La Dea nordica
Idhunn dispensava questi frutti agli altri Dei, consentendo loro di conservare
l’eterna giovinezza.
La mela possiede tutti questi significati simbolici perché è un frutto che
rappresenta al tempo stesso la morte e l’immortalità. Per quanto possa
sembrare strano i suoi semi contengono una sostanza chiamata cianide tale da
uccidere un adulto che ne mangi mezza tazza. Le favole ci raccontano di
personaggi che cadono in un sonno così profondo da essere scambiato per
morte: chi non ricorda la storia di Biancaneve?
Ma il mito unisce sempre un significato al suo opposto e così la mela è anche
frutto di immortalità. In quanto tale essa è il frutto magico dei regni dell’Altro
Mondo, offerto dagli esseri fatati agli umani o ricercato dagli eroi che intraprendono
viaggi lunghi e pericolosi.
Nel mito greco la mela è il frutto del Giardino delle Esperidi, mentre nelle
fiabe è il frutto che cresce nel giardino della Regina delle Fate. Il melo è
l’albero sacro di Avalon, il cui nome significa appunto “Isola delle mele”.
Del resto, questo frutto domina l’intera mitologia celtica:
cibo sacro dei Tuatha De Danann (gli Dei dell’antica Irlanda) la mela fruttifica
con noci e ghiande contemporaneamente sui rami dei cinque alberi sacri
d’Irlanda. Un ramo di melo, recante allo stesso tempo germogli, fiori e frutti,
era il Ramo d’Argento che consentiva al suo possessore di entrare nel regno
degli Dei. Un altro mito irlandese narra di come un guerriero si avvicinò un
giorno alle mura della capitale Tara recando con sé un ramo d’argento con tre
mele capace di emettere una dolcissima musica che faceva addormentare
chiunque, tranne l’eroe Cormac; il guerriero era il Dio Manannan mac Lir,
sovrano di Emain Ablach, la “Terra delle mele” (cioè di nuovo Avalon).
Un frutto così prezioso tuttavia nasconde pericoli. Nella antica ballata inglese
“Thomas il Rimatore”, la Regina delle Fate mette il guardia il poeta Thomas dal
cibarsi delle mele che crescono nei giardini fatati: mangiare il cibo dell’Altro
Mondo significa infatti non poter più fare ritorno nel mondo degli esseri umani!
Di tutti questi antichi significati è rimasta qualche eco nel folklore europeo:
le mele sono usate negli incantesimi per tenere unita una coppia o trovare
l’anima gemella (l’amore), il legno del melo si utilizza per costruire talismani
per la longevità (eterna giovinezza e immortalità), mentre un ricordo del cibo
degli dei e delle fate permane nel Nord Europa sotto forma di sidro (vino di
mele) o di “wassail” (sidro bollito con spezie e mele intere), bevande consumate
durante il Solstizio d’Inverno o ad Halloween come augurio di
prosperità.Come mìelle altre feste celtiche amiche a Samhain il fuoco aveva un
ruolo importante, considerato come simbolo della scintilla della vita futura che
rifiorirà in primavera. Alla vigilia della festa tutti i fuochi delle case venivano
spenti e la gente si raccoglieva sulle cime delle colline, dove era stato
preparato un grande falò. Tutti attendevano in silenzio e nell’oscurità che
trascorresse l’ora fatale tra le stagioni e che gli spiriti si fossero allontanati. Poi
il sacro fuoco era acceso dai druidi e, passato il pericolo, la gente festeggiava
con grande gioia. All’alba ciascuno avrebbe preso una torcia dal falò per
riaccendere il proprio focolare domestico.Il fuoco di Samhain era anche un faro
e una guida per le anime perdute, le quali potevano usare la sua luce per
andare o tornare nel loro luogo di riposo.Echi dei fuochi di Samhain
permangono nelle candele collocate all’interno di zucche intagliate a forma di
testa umana. Forse un lontano ricordo dei crani collezionati dai guerrieri Celti?
Queste zucche (ma in molte zone anticamente si utilizzavano anche rape)
prendono il nome di Jacko-lantern, nome dato anche al fenomeno naturale
della luminosità che appare nel cielo orientale dopo il tramonto. Se volessimo
cercare un ulteriore significato simbolico, possiamo supporre che dal momento
che l’ovest è la direzione associata alla morte, l’est simboleggia la luce della
sopravvivenza spirituale.Ancora oggi molte tradizioni di Samhain sono sopravvissute,
specie nei paesi anglosassoni. Numerosi sono gli echi pagani nella
festa di Halloween negli Stati Uniti, dove gli spiriti dei defunti e gli esseri fatati
sono interpretati da bambini mascherati che passano di casa in casa potessero
cercare vendetta o comunque punire il comportamento irrispettoso dei viventi.
Di notte a Samhain si evitava di uscire se non per accendere il sacro fuoco.
D’altro canto i morti rappresentavano potenze benefiche da propiziarsi per far
crescere i semi del nuovo raccolto e la propiziazione era una faccenda seria
quando la sopravvivenza dipendeva da essa.. I defunti erano infatti assimilati
ai semi. Nell’antichità l’inverno era la stagione dei morti perché era una
stagione dura: molte persone sarebbero morte di fame, freddo o malattie
allora incurabili, la morte era sempre qualcosa di molto vicino. Anche la vita
vegetale moriva, ma il suolo era visto come il corpo della Madre Terra, dove i
buchi per i semi erano il suo grembo. I semi giacevano nella terra e da essi
nasceva nuova vita. Nel Neolitico i defunti venivano sepolti in posizione fetale,
ad aspettare una nuova nascita dal grembo della Dea. Più tardi vennero sepolti
in tumuli che avevano camere sepolcrali a forma di grembo. Questi tumuli
vennero considerati in seguito le “colline cave”, dimore di spiriti e di fate, da
cui uscivano appunto a Samhain. Ma probabilmente i costruttori di tumuli
avevano inteso costruire non tanto delle tombe bensì dei luoghi di iniziazione,
nei quali dovevano avere luogo solenni ceriomnie nei periodi delle feste sacre.
E’ possibile supporre che gli iniziati si sottoponessero ad una sorta di morte
rituale ed entrassero nei tumuli che erano gli uteri della madre terra. Al
sorgere del sole forse gli iniziati uscivano risalendo gli stretti corridoi dei
monumenti, e ritornavano nel mondo come nuovi esseri, “nati due volte”. Sui
tumuli e nelle camere sepolcrali, come a Newgrange, appare il simbolo della
doppia spirale. Nelle antiche civiltà essa era un simbolo di iniziazione. La
spirare verso l’interno rappresenta la morte dell’iniziato, il centro è il luogo di
rigenerazione e la spirale verso l’esterno è la rinascita. Allo stesso modo si
pensava che il Dio del Sole o del Grano avesse affrontato il viaggio iniziatico
nel regno dell’oscurità, dove ora egli regnava come sovrano, il Re Oscuro o Re
dell’Agrifoglio. Anche la Dea della Terra appariva una potenza oscura, come la
celtica Cailleach (la “Velata”, dal gaelico irlandese caille - velo -), il cui animale
totemico era il corvo che si nutre di cadaveri. La Vecchia Dea piange il suo
amante, il Dio della Vegetazione che se ne è andato nell’Altro Mondo, ma che
tuttavia ha fecondato il suo grembo con il seme della nuova primavera. La Dea
Oscura è quindi anche come la madre della vita futura e il suo calderone
magico altro non è che il grembo della rinascita.Ma Samhain non è solo un
periodo di morte e di iniziazione, ma anche di divinazione. L’aspetto divinatorio
di questa festa è favorito dal clima psicologico della stagione, che incoraggia a
rivolgere lo sguardo verso la propria interiorità, e viene facilitato dalla
possibilità di contattare altre dimersioni dell’esistenza. Tuttavia nell’antichità la
divinazione era un cosa seria, resa necessaria dall’angoscia provocata
dall’approssimarsi dell’inverno con le sue durezze. Quindi le arti mantiche
erano appannaggio di persone esperte, sciamani, streghe, sacerdoti. Nel corso
dei secoli, però, quella che una volta era l’arte dei druidi, divenne sempre più il
gioco preferito dalle ragazze nubili in cerca di marito. Così, nel Donegal
(Irlanda) le ragazze lavavano la propria camicia da notte per tre volte in acqua
corrente, appendendola ad asciugare di fronte al focolare nella mez
zanotte della vigilia di Samhain, e poi lasciando aperta la porta di casa. Si
credeva che il futuro sposo sarebbe stato costretto a entrare in casa. Altri
metodi di divinazione consistevano nel fissare le scintille o le fiamme del fuoco
di Samhain e trarre auspici.
Anche i frutti di Samhain , noci e mele, ricoprivano un ruolo importante nelle
tecniche divinatorie; possedendo anche un valore simbolico di fertilità (le noci
sono i testi-coli, la mela è il frutto d’amore) erano inevitabilmente collegati alle
profezie amatorie. Per fare un esempio, le ragazze “battezzavano” alcune
nocciole con i nomi dei loro pretendenti e dopo le arrostivano sul fuoco: la
prima nocciola che saltava era quella del futuro sposo. Oppure si tagliava una
mela in nove spicchi uguali, se ne mangiavano otto e si gettava il nono al di
sopra della spalla sinistra, girandosi velocemente. Si credeva che la ragazza
avrebbe intravisto le fattezze del futuro marito.
I giochi di Samhain avevano però anche un significato sacrificale: In Galles
una volta che l’ultima scintilla del fuoco di Samhain era spenta, tutti
improvvisamente si afferravano le gambe gridando: “La scrofa nera si prenda
l’ultimo!”; nella mitologia celtica del Galles la scrofa nera era Cerridwen, di
nuovo la Vecchia Dea nel suo aspetto oscuro. Tale usanza forse è il lontano
ricordo di antichissimi sacrifici rituali dove veniva probabilmente ucciso in
maniera rituale il rappresentante umano del re o del Dio, come narrano
parecchi miti.
La pianta sacra di Samhain è il tasso, pianta legata per tanti aspetti alla
morte. Infatti è un albero con corteccia e foglie altamente velenosi e il suo
legno era anticamente usato per fabbricare archi da guerra. Per questi motivi
ha sempre ornato tanti cimiteri e presso gli antichi veniva usato spesso nelle
pire funerarie. Ma paradossalmente rappresenta anche la Vita nella Morte
perché è una pianta sempreverde, con un legno resistentissimo, e può vivere
fino a 2000 anni e oltre. Ciò fà del tasso un simbolo di immortalità.
CELEBRARE SAMHAIN
In questo periodo cominciano gli oscuri, freddi giorni invernali. Nelle
campagne c’è poco lavoro da fare, le foglie cadono dagli alberi e i giorni si
accorciano sensibilmente. I poteri naturali della crescita e della luce declinano
ed entrano nel loro lungo sonno invernale. Anche gli animali si preparano al
letargo. Come loro anche noi dovremmo rallentare le nostre attività e passare
più tempo in casa. Se si ha un caminetto in casa è bello accalcarci intorno al
fuoco insieme ai nostri amici e raccontare storie. Approfittiamo di questo
periodo dell’anno, in cui la Natura muore apparentemente, ritirandosi in sé
stessa ~ome i semi si ritirano nel terreno, per raccoglierci in noi stessi
intraprendendo viaggi interiori nella nostra coscienza. Prestiamo attenzione ai
sottili mutamenti del corpo, all’adattamento biopsichico del nostro organismo ai
brevi e freddi giorni invernali: la mente inizia a scivolare dall’esteriorità
all’interiorità. Ora ètempo che la nostra attenzione passi dal lato materiale a
quello spirituale. E’ tempo di riflessione, di viaggi interiori per potere scoprire
quegli aspetti di noi stessi che necessitano di essere cambiati prima che possa
iniziare una nuova vita. Come gli antichi iniziati dobbiamo discendere nel
mondo inferiore, ripercorrendo il viaggio delle divinità stagionali: seguiamo la
spirale interiore dell’anno vecchio fino ad arrivare al nostro centro interiore e a
questo punto ripercorriamo la spirale all’esterno portando fuori il nostro
potenziale di vita e creatività che sarà manifesto nel nuovo anno, al tempo
stesso conservando in noi la saggezza imparata nel passato.E’ un periodo
adatto a tutti i tipi di meditazione e tradizionalmente propizio alle arti
divinatorie, essendo un momento di passaggio in cui si incontrano passato,
presente e futuro. Possiamo approfittarne per imparare qualche tecnica
divinatoria, come i tarocchi 0 le rune.Inoltre, siccome le energie di questo
tempo hanno a che fare con la morte, possiamo rivolgere i nostri pensieri alle
persone che ci hanno lasciato. Si dice che gli spiriti possono essere ora
contattati e consultati ma è preferibile (se crediamo in una vita nell’aldilà) non
disturbarli; è meglio prestare attenzione ai piccoli messaggi che ci possono
inviare (sogni, ricordi improvvisi, ecc,).E’ infatti tempo di riflessione, tempo di
considerare l’anno passato e di confrontarci con quel fenomeno della vita su cui
non abbiamo nessun controllo: la morte. Per celebrare degnamente il cerchio
completo dell’esistenza dobbiamo riconoscere la realtà della morte e del
declino fisico come eventi naturali, non come qualcosa da ignorare o da
nascondere. A queste energie ora dobbiamo tributare omaggio ma dobbiamo al
tempo stesso ricordare la nuova vita che sopraggiungerà. Il Re dell’Agrifoglio ci
insegna che la morte è una fine ma anche un inizio.Teniamo presente la
lezione degli antichi Celti e non indugiamo in tristezze! Invitiamo a cena i nostri
amici, vestiamoci da streghe e fantasmi, decoriamo le nostre case con le
zucche di Halloween e, se ci va, celebriamo i giochi tradizionali cercando di
afferrare con la bocca le sacre mele appese ad un filo o galleggianti in una
bacinella di acqua! Possiamo divertirci a intagliare e scavare zucche e rape,
inserendo in esse candele per espone alle finestre o sui balconi delle nostre
case.E’ infine un momento in cui al fine di favorire la nostra rigenerazione, si
possono ritualmente abbandonare tutte le cose del passato che dobbiamo o
vogliamo lasciare, abbandonare (lasciar morire) le cose che non ci piacciono
nella nostra vita. Possiamo quindi scrivere queste cose su foglietti di carta per
bruciarli nel nostro fuoco di Samhain, che può anche essere una candela di
colore nero o comunque scuro. Potete dire per tre volte una frase del tipo: “La
cosa tal dei tali è venuta in essere, la cosa tal dei tali ha la sua stagione, e la
cosa tal dei tali se ne va!”. Poi, si brucia il foglietto di carta nella
fiamma.Possiamo poi, più semplicemente, dare via o bruciare quegli oggetti
che non ci piacciono più. E’ tempo di abbandonare le cattive abitudini, di
cambiare la propria vita! Infatti, prima che la nuova crescita possa iniziare, il
suolo deve essere fecondato con i resti dei raccolti dell’anno precedente e con i
rifiuti (se non ci fossero morte e decomposizione non ci sarebbe la vita).Un
rituale senza dubbio più complesso, ma che vale la pena di compiere, può
essere eseguito nelle nostre case. Al tramonto del sole, la vigilia di Samhain, si
spengono tutte le luci di casa e ci si mette in piedi davanti ad una candela nera
o scura. Sentiamo l’anno vecchio che sta per morire, ricordiamo tutte le cose
buone o cattive che avete vissuto, ricordiamo le persone a voi care che non ci
sono più, e quando ci sentiamo pronti si accende la candela dicendo:“Accolgo
con questa luce gli spiriti di coloro che se ne sono andati prima di me. Siate i
benvenuti !“. Prendiamo una coppa o un bicchiere pieno di vino e beviamone
un po’, dopo aver detto: “Ai morti!”, lasciandone alcune gocce. Possiamo poi
accendere una candela speciale per ciascuno dei vostri amici o parenti morti:
possono essere anche candele bianche o colorate. Per accenderle si usa la
candela scura, e con la stessa candela accendiamo anche le lanterne-zucche di
Hallowe’en, se ne abbiamo fabbricata qualcuna. Dopo aver fatto questo si
prende un piatto o un vassoio dove avremo messo del pane o dei dolci (potete
usare i “dolci dei morti” se esistono ricette tipiche nella vostra zona) e
invitiamo gli amici invisibili a condividere con noi il cibo. Lasciamone sempre
qualche porzione. Poi, prendendo la candela scura, andiamo in tutte le stanze e
accendiamo tutte le luci, magari solo per pochi minuti. Andiamo fuori dalla
porta d’ingresso e gettiamo una moneta: dovrebbe essere d’argento ma una
comune moneta andrà bene ugualmente... Diciamo: “Denaro sul pavimento,
denaro sotto la porta” e lasciamo la moneta sul pavimento per un mese,
facendola magari scivolare sotto lo zerbino. Essa porterà fortuna alla nostra
casa.Meditiamo sul significato di questa festa e lasciamo aperta la porta di casa
per fare entrare i nostri amici invisibili; lasciamo loro cibo e bevande.
(Feste Pagane Di Roberto fattore)

MABON-EQUINOZIO DI AUTUNNO IL TRAMONTO DELL’ANNO

EQUINOZIO
DI AUTUNNO
IL TRAMONTO DELL’ANNO

All’Equinozio di Autunno il sole, nel suo cammino apparente nel cielo,
incrocia nuovamente l’equatore celeste e ancora una volta nel corso dell’anno
giorno e notte si equivalgono nella loro durata, ma stavolta il percorso segue
una direzione opposta a quella dell’equinozio primaverile, passando
dall’emisfero settentrionale dello zodiaco a quello meridionale. Il sole scende
letteralmente agli “inferi” e le tenebre cominciano a prevalere sulla luce. In
molti circoli druidici contemporanei l’Equinozio autunnale viene chiamato Alban
Elued, “Luce dell’Acqua” in gaelico:
infatti l’acqua raffigura l’oceano cosmico in cui si immerge il sole nella parte
calante dell’anno, la misteriosa profondità marina che diviene sempre più scura
man mano che i giorni si accorciano.
Gli antichi concepivano la terra come galleggiante nell’acqua (o meglio
indicavano col nome di terra la regione dello spazio sovrastante la fascia
dell’equatore celeste e acqua quella sottostante) e il Solstizio estivo era
connesso con le spiagge, il luogo di mutamento ed equilibrio tra l’anno
crescente e quello calante al punto più alto del sole. L’acqua è la sfera
dell’Equinozio autunnale, l’anno discendente nell’oceano.E’ un momento di
passaggio, critico come tutti i momenti sacri dell’anno di cui abbiamo parlato,
quando la barriera tra il mondo visibile e quello invisibile si fa più sottile. Gli
antichi lo consideravano un periodo propizio ai riti misterici. Si celebravano ad
esempio quelli di Mithra, signore e animatore del cosmo e allo stesso tempo
mediatore fra le divinità e gli esseri umani, così come l’asse degli equinozi è
intermediario tra le due fasi dell’anno. Mithra veniva spesso raffigurato in
mezzo a due portatori di fiaccola, uno (Cautes) con la torcia sollevata in alto a
simboleggiare l’equinozio di primavera e l’altro (Cautopates) con la torcia
abbassata a indicare l’Equinozio di Autunno. Più tardi le funzioni di Mithra vennero
assunte dall’arcangelo Michele, la cui festa, insieme a quella degli altri
due arcangeli Gabriele e Raffaele ricorre il 29 settembre. Il periodo equinoziale
di autunno è chiamato appunto Michaelmas nei paesi anglosassoni.Michele è
arcangelo di fuoco e di luce, alter ego e gemello di Lucifero:ora è il momento di
congedarci dalla luce.Ma il mese di settembre era anche il periodo in cui si
svolgevano i Grandi Misteri di Eleusi. I rituali eleusini, basati sul simbolismo del
grano, celebravano il mito di Demetra e sua figlia Perséfone: il loro momento
culminante era la presentazione agli iniziati di una spiga di grano
accompagnata dalle parole “nel silenzio è ottenuto il seme di saggezza”. Nel
mito classico Persefone venne catturata da Ade, Dio degli Inferi. Sua madre
Demetra, Dea del Grano, la cercò ovunque lamentando la perdita della figlia e
rifiutando di fare fiorire e fruttificare la terra. Il suolo divenne spoglio e
desolato, e l’umanità invocò il soccorso degli dei. Alla fine, stanca, Demetra
sedette per nove giorni e nove notti e gli dei le fecero sbocciare papaveri
tutt’intorno. Respirando il loro profumo soporifero Demetra si addormentò e
nel frattempo gli dei riuscirono ad ottenere da Ade il ritorno di Persefone. Ma
siccome la giovane Dea aveva mangiato tre semi di melograno, cibo dell’Altro
mondo offertole da Ade, fu destinata a trascorrere tre mesi ogni anno nel
mondo infero, mesi durante i quali l’inverno cadeva sulla terra. Persefone era
discesa agli inferi come il sole discende negli inferi celesti, e come il sole ne
sarebbe ritornata con la promessa della rigenerazione della Natura.Se
Lughnasadh è l’inizio del raccolto, rappresentandone l’aspetto sacrificale, il
tema stagionale dell’Equinozio è la fine del raccolto, il suo completamento. Ma
è anche il momento del secondo raccolto dopo quello dei cereali:quello della
frutta e dell’uva. Dioniso, nato secondo certi miti proprio dalle nozze di
Persefone e Ade-Plutone, è il dio della vite e dell’ebbrezza. Il processo che
conduce alla fabbricazione del vino era per gli antichi così misterioso e il
prodotto finale così sacro (come ogni altra sostanza capace di indurre
modificazioni nello stato di coscienza) che ogni fase della raccolta dell’uva
veniva accompagnata da rituali. Il vino pressato veniva poi messo in botti dove
il succo alcolico passava attraverso una seconda fermentazione fino a diventare
vino.Questo processo era per gli antichi affine alla trasformazione spirituale
che ha luogo durante le iniziazioni. Sembra quasi che la fermentazione nel buio
delle cantine sia immagine speculare alla trasformazione che avveniva negli
iniziati durante i riti misterici nel buio dei santuari sotterranei. Non per nulla
l’alcool è stato chiamato “spirito”... Se il vino dominava i culti misterici
mediterranei, nelle Isole Britanniche si celebrava John Barleycorn, lo “spirito”
del grano che rinasce nel whisky, l’acqua di vita” dei Celti. I Celti chiamavano
l’Equinozio autunnale anche col nome di Mabon, il giovane dio della
vegetazione e dei raccolti. Mabon, indicato col nome di Maponus nelle iscrizioni
romano-britanne, è il figlio di Modron, la Dea Madre: rapito tre notti dopo la
sua nascita, venne imprigionato per lunghi anni fino al giorno in cui venne
liberato dal Re Artù e dai suoi compagni. Il suo rapimento è l’equivalente celtico
di quello di Persefone: un simbolo evidente dei frutti della terra che sono
immagazzinati in luoghi sicuri e poi sacrificati” per dare la vita agli uomini.In
questo periodo, un po’ ovunque si tengono feste del raccolto, con abbondanza
di cibo e di bevande. C’è grande sollievo, ora che le messi e i frutti sono stati
raccolti e immagazzinati. Un tempo, il raccolto costituiva la riserva di provviste
da conservare per il sostentamento durante l’inverno. Le divinità della terra
venivano ringraziate per i loro doni, auspicando un futuro ritorno
dell’abbondanza negli anni successivi.
Queste celebrazioni avevano un atmosfera di dolce malinconia. Il Dio del Grano
era morto, così come moriva il Dio del Sole. Egli viaggiava ora nell’Altro
Mondo, discendendo agli inferi per addormentarsi nel grembo della Dea Madre,
da dove sarebbe rinato al Solstizio d’Inverno. Più che una morte dunque, si
trattava di un lungo sonno. Il poeta e scrittore Robert Graves, parlando degli
aspetti della Grande Dea ci dice che se all’Equinozio di Primavera lei si
presentava sotto l’aspetto dell’iniziazione, all’Equinozio di Autunno era nel suo
aspetto di riposo, il riposo che attendeva gli iniziati dopo le fatiche della vita.
La malinconia era dunque dolce perché c’era la consapevolezza di una rinascita
a una diversa condizione di vita. I due temi stagionali del sole e del raccolto
condividevano con l’umanità un universale ciclo di nascite, morti
erigenerazioni.Nelle feste del raccolto aveva un posto d’onore un oggetto
simbolico che abbiamo incontrato più volte nelle feste sacre: la Bambola del
Grano, formata dalle ultime spighe raccolte e legate con un filo solitamente
rosso. La bambola, se non veniva sepolta nei campi a scopi propiziatori, era
conservata fino alla fine del raccolto dell’anno successivo. Essa veniva
chiamata a volte “Ragazza dell’edera”, perché l’edera, che rimane verde
durante l’inverno, è il simbolo della vita che continua: crescendo a spirale
appare come un simbolo di rinascita (la vita che ritorna ciclo dopo ciclo) e
come pegno di rinascita del Dio, sia come nuovo sole al Solstizio, sia come
nuovo raccolto in primavera.La pianta sacra dell’Equinozio di Autunno è la
mora selvatica. In molti luoghi si dice che le more non dovrebbero essere più
mangiate dopo la fine di settembre, perché “il diavolo le guasta”. Ciò è legato
ad antiche usanze secondo le quali i prodotti della terra non raccolti nel loro
momento stagionale appartengono agli spiriti di Natura: in realtà si trattava
delle offerte lasciate alle divinità.La mora selvatica è un sostituto della vite nel
simbolismo agrario dei paesi nordici. Robert Graves aveva ipotizzato l’esistenza
di un antico calendario arboreo nel quale l’Equinozio autunnale viene prima
della fine del “mese della Vite” e dell’inizio del “mese dell’Edera”, due piante
che crescono a doppia spirale, simbolo di rinascita come abbiamo già visto.
Sempre secondoGraves il cigno è l’uccello dell’Equinozio in quanto simbolo
dell’immortalità dell’anima e guida dei morti nell’aldilà (Apollo, dio solare
greco, vola su un carro trainato da cigni fino alla sua nordica dimora invernale,
tra gli Iperborei).
CELEBRARE L’EQUINOZIO DI AUTUNNO
Gli equinozi, tempi di attività sospesa, sono periodi in cui le persone
cambiano i loro ritmi vitali, adattandoli ad una fase stagionale diversa. Per
questo motivo sono epoche di turbolenza fisica e psichica.Anche
meteorologicamente sono momenti in cui le masse di aria calda si raffreddano
provocando le cosiddette tempeste equinoziali, che i navigatori conoscono fin
troppo bene. E’ necessario conoscere il significato e l’importanza di queste fasi
naturali così che la loro turbolenza ci dia energia invece di svuotarci. Tuttavia,
se durante l’Equinozio di Primavera si andava verso una stagione di crescita e
di azione, stavolta ci si muove verso una stagione di declino. Fisicamente
quindi, sarà opportuno concederci pause di riposo, dopo lo stress della calura
estiva e di vacanze spesso frenetiche, prima di affrontare i rigori dell’inverno.
Se si ha la possibilità, ci si può concedere una breve vacanza settembrina a
scopo esclusivamente riposante. Sono molto indicati in questo periodo anche
esercizi di rilassamento e di respirazione. Ci possiamo concedere attività fisiche
non particolarmente impegnative:
questo è il periodo ideale per passeggiate ed escursioni in campagna e in
collina, anche per salutare la Natura che si prepara al suo riposo
invernale.L’immagazzinamento e la trasformazione dei prodotti della terra
segna il completamento di un ciclo vitale che si riferisce non solo ad un evento
vegetale e naturalistico esteriore ma, come abbiamo più volte ribadito, anche
alla nostra esistenza umana. Se il tema cosmico del declino della luce ci spinge
alla riflessione, all’introversione, all’entrare in noi stessi dopo la frenesia
primaverile ed estiva, il tema vegetale e agrario ci suggerisce un
atteggiamento di ringraziamento:per i frutti della terra e per le esperienze
dell’anno trascorso, le lezioni imparate che sono il raccolto delle nostre
esistenze.Infatti, psicologicamente è tempo di riflessione e di contemplazione,
di ringraziamento per i frutti della terra e per le esperienze che abbiamo avuto
durante l’anno. Uno dei temi su cui possiamo meditare, ispirandoci
all’immagazzinamento dei frutti.della terra, riguarda tutto quello che è
avvenuto nella nostra vita. Prendiamoci un po’ di tempo per riflettere su quello
che ci è accaduto e su quello che abbiamo raccolto o imparato durante
l’anno.Approfittiamo quindi di questo periodo per fare “il punto della
situazione”: possiamo a questo scopo trascrivere in un diario tutto quello che
siamo riusciti a realizzare, come pure le cose che non siamo riusciti a fare
secondo i nostri progetti e i motivi che ci hanno impedito la loro
realizzazione.Come ogni festa dell’anno anche l’Equinozio va visto come una
piccola iniziazione ad un nuovo livello di consapevolezza.Ora la parte alta
dell’anno è terminata ed è tempo di volgersi all’interiorità. Noi entriamo nella
parte declinante della Ruota dell’Anno: è tempo di viaggiare nell’oltremondo e
di esplorare il sé, incontrando quegli aspetti di noi che ostacolano la nostra vita
interiore. Entriamo nel tempo del buio, ma privati della luce esteriore, possiamo
incontrare l’illuminazione interiore. Così, riflettiamo sui misteri della
trasformazione attraverso la morte e prepariamoci per l’arrivo dell’inverno e
alla nostra trasformazione interiore. Ricordiamoci soprattutto che come la
morte del Dio della Vegetazione significa trasformazione, rigenerazione e
rinascita, così anche noi rivedremo la luce rigenerati e rinnovati.Quindi
possiamo dedicare il periodo dell’Equinozio alla meditazione, alla
visualizzazione guidata, alla riflessione sui nostri sogni. E’ un buon momento
per dedicarci a tutte quelle attività che ci pongono a contatto con il nostro
inconscio.Se ce la sentiamo e soprattutto se abbiamo l’occasione di incontrare
validi maestri, possiamo praticare tecniche sciamaniche, come quelle dei Nativi
Americani, particolarmente adatte ai viaggi nei mondi spirituali. E’ una buona
cosa ringraziare la Grande Madre Terra con un piccolo festino: invitiamo i
nostri amici, offriamo loro i frutti di stagione e ammiriamo il fresco tramonto di
settembre ricordando i giorni trascorsi insieme nell’anno! Possiamo decorare la
tavola con foglie, noci e frutti di stagione.Se desideriamo fare qualcosa di più
complesso per celebrare questo periodo dell’anno possiamo celebrare un
piccolo rito di ringraziamento, all’aperto o al chiuso, come
desideriamo.Sarebbe preferibile il tardo pomeriggio, osservando il sole che
tramonta. Si può accendere una candela blu: è il colore dell’oceano cosmico in
cui tramonta il sole, il colore sacro dell’Occidente. Diciamo “Ti salutiamo Dio
Sole easpettiamo la tua rinascita”. Su un tavolo o su un altro ripiano possiamo
aver disposto frutti di stagione e una coppa di vino. Dopo averli presentati al
sole che tramonta diciamo:“Ti ringraziamo Madre Terra per i doni che ci hai
dato”. Meditiamo quindi sui temi di questa stagione e sulle buone cose che
abbiamo ottenuto nelle nostre vie durante l’anno trascorso. Poi consumiamo i
frutti e beviamo il vino, ricordandoci, come abbiamo imparato a fare, di
lasciarne una parte per la terra e le sue creature.
(Feste Pagane Di Roberto fattore)

LUGHNASADH LA FESTA DEL GRANO

LUGHNASADH
LA FESTA DEL GRANO

Uno dei più importanti eventi dell’anno agrario nell’antica Europa era ed è
ancora il raccolto del grano. Risalente all’Età Neolitica, la coltivazione dei
cereali ha letteralmente plasmato tutte le civiltà europee e mediterranee. La
farina e il pane erano letteralmente la vita per le antiche popolazioni.
La mitologia più antica narrò di due entità femminili, madre e figlia, che
rappresentavano forse il raccolto maturo e il futuro raccolto da seminare,
entrambe simboleggiate dall’ultimo covone mietuto quasi a raffigurare la loro
somiglianza e identità. Il folklore europeo ne parlò come la Vecchia del Grano,
il vecchio spirito o la vecchia divinità che moriva al momento del raccolto per
incarnarsi nella Fanciulla del Grano, raffigurata come una bambola formata con
le spighe dell’ultimo covone e conservata come un talismano per tutto l’anno.
In epoche precristiane queste due figure venivano chiamate Demetra e
Persefone, o Cerere e Proserpina
Ma non era solo una storia di raccolti e di vegetazione quella che raccontavano
gli antichi miti. No, era una storia di morte eresurrezione che coinvolgeva tutti
i regni della natura, compreso quello umano. I misteri iniziatici in onore di
Demetra e Persefone che si tenevano ogni anno nell’antica città greca di Eleusi
rivelavano che la morte è solo un passaggio verso una diversa esistenza. Così
come Persefone ritornava dal regno dei morti, anche gli iniziati
potevanoaspirare alla resurrezione. Il chicco di grano muore ma per rinascere
come nuova spiga.Più tardi la divinità del grano assunse aspetto maschile, il Re
o Dio del Grano, figlio o amante delle grandi dee. Tali furono Tammuz e Adone,
il primo riportato in vita dalla sua sposa Ishtar, il secondo destinato a
trascorrere metà dell’anno con la Regina dell’Oltretomba e l’altra metà con
Afrodite, dea dell’amore e della fertilità. Entrambi erano giovani dei che
morivano per risuscitare a nuova vita, come il grano. Suggerisce nulla tutto
ciò? C’era un bosco sacro dedicato ad Adone nei pressi di Betlehem (“Casa del
Pane”)...
In molti templi neolitici dell’Europa orientale sono state rinvenute statuette
di donne-uccello (la Dea Uccello) e statuette umane che preparano il pane. Ciò
richiama i motivi del tempio di Afrodite a Pafo, nell’isola di Cipro dove Afrodite
e Adone furono amanti.
Nei paesi celtici del Nord Europa il raccolto dei cereali avveniva più tardi e
prima delle dure fatiche del raccolto ci si concedeva una pausa di festa,
contrassegnata il l~ agosto dalla celebrazione di Lughnasadh (pron. Luunasa),
la “commemorazione di Lugh” (nasadh commemorazione o assemblea). In
gaelico irlandese Lunasa indica il mese di agosto, in gaelico scozzese la
ricorrenza è chiamata Lunasda. L’Irlanda è una terra dove le usanze di
Lughnasadh sono sopravvissute fino ai nostri giorni.Nei secoli in cui la religione
cattolica era perseguitata dai Protestanti, le masse rurali si radunavano su
cime di colline o vicino a sorgenti per celebrare i momenti di passaggio
dell’anno, obbedendo a tradizioni molto più antiche del Cristianesimo. L’Irlanda
ha ancora un cuore pagano,basti pensare al film “Ballando a Lughnasa” dove
tra l’altro è mostrato anche un festino intorno a un falò in cima ad un
colle...Lugh, dio del fuoco e della luce, può avere derivato il suo nome dalla
stessa radice del latino lux, e pare sia una più tarda e più sofisticata versione
di Bel/Beli/BalOr che regna su Beltane. Lugh è legato alle popolazioni agricole
che si unirono a quelle pastorali: Beltane è una festa pastorale, Lughnasadh è
una festa più agraria. Lugh nelle leggende irlandesi era un capo dei Tuatha Dé
Danann, il “Popolo della Dea Dana”. Nella guerra contro i precedenti abitatori
dell’irlanda, i Fomori, egli scambiò la vita di Bres, capo nemico, con i segreti
dell’agricoltura: aratura, semina, raccolto. Il re dei Fomori era Balor (l’antico
Bel), ritenuto nonno o padre di Lugh; ciò non deve sorprendere poiché nelle
mitologie di tutto il mondo un dio che rimpiazza una divinità più antica, viene
sempre collegata ad essa da legami di parentela per poterne ereditare anche
violentemente le funzioni. I Tuatha Dé Danann furono i penultimi invasori
dell’Irlanda (gli ultimi furono i Milesiani, cioè i popoli gaelici) e si imposero ai
più antichi Fomori. Lugh appare così un Balor rigenerato.Lugh è anche divinità
delle arti, chiamato “ugualmente abile in tutte le arti” e “luminoso dalla mano
abile” per indicare le sue capacità. Nel grande racconto mitologico “La battaglia
di Mag Tured” si descrive l’arrivo di Lugh a Tara, capitale sacra dove possono
essere accolti solo coloro che possiedono un’arte. I due portinai di Tara
interrogano Lugh il quale elenca a una a una tutte le sue specializzazioni ed
essi cercano di rifiutargli l’ingresso dicendo che a Tara esistono già persone
maestre in ciascuna delle arti nominate. Al che Lugh ribatte dicendo che non
sarebbe entrato a Tara solo se il re avesse avuto al suo servizio un uomo abile
in tutte le arti. Poiché nessuno possedeva contemporaneamente tutte le
capacità di Lugh, egli entrò trionfalmente nella capitale!
Lugh era patrono di molte città, come Lione in Francia, l’antica Lugdunum,
per l’appunto e ciò può essere spiegato col fatto che le città dei Celti nacquero
quasi tutte come fiere di artigiani e costoro trovavano naturale consacrare i
nuovi insediamenti alloro patrono.
Lugh era detto anche Lamfhada “dal lungo braccio”, appellativo che lo
avvicina al dio solare egizio Aton, raffigurato con raggi dalle lunghe mani. In
alcune leggende egli appare nato da un parto trigemino (cioè possedendo una
triplice forma), in altre egli sposa tre dee. Questo aspetto trino lo avvicina
molto a Brigit, anche essa divinità della luce e delle arti, di cui forse era la
controparte maschile. Lugh è il padre spirituale del grande eroe irlandese Cu
Chulainn, e divenne Llew Llaw Gyffes (“leone dalla mano veloce”) in Galles e
Lud in Inghilterra, figure mitiche i cui miti passarono in quello arturiano di
Lancillotto. Nei tempi cristiani il suo posto fu preso dall’arcangelo Michele, una
più tarda forma di Lucifero che come Lugh è portatore di luce.
Le origini della festa di Lughnasadh sono collegate però non tanto a Lugh
quanto alla sua madre adottiva Tailtiu, la quale si affaticò per preparare le
pianure irlandesi all’agricoltura e così morì, dopo aver chiesto che la pianura
diventasse la sua tomba. Lugh ordinò che gli uomini di Irlanda tenessero una
festa annuale all’anniversario della sua morte, istituendo i giochi funebri in suo
onore. La tradizione di giochi funerari ha paralleli in molte culture, basti
ricordare le cerimonie funebri dei guerrieri morti ricordate nell’Iliade. Il vero
scopo della festa è il raduno delle popolazioni al momento del raccolto sulle
terre coltivate, terre che costituiscono il corpo materiale della Dea della Terra.
Gli stessi raccolti sono anche essi parte del corpo della Madre Terra.
In questo periodo dell’estate avanzata, si erano lasciate alle spalle le fatiche
e le preoccupazioni del raccolto del fieno e ci si preparava al raccolto di grano e
orzo, le messi che il calore del sole ha fatto maturare. Lughnasadh era
occasione di raduni e feste per le tribù celtiche, in cui ci si dedicava a giochi,
gare e banchetti. Era tempo di mostrare la velocità dei propri cavalli e di
competere in gare di abilita e forza: ciò era anche un allenamento alle fatiche
del raccolto, in cui la velocità e la resistenza erano doti essenziali in epoche
prive di macchine. Spesso bisognava fare i conti col cattivo tempo che poteva
rovinare il lavoro di un intero anno! Così i giovani partecipavano a gare di lotta,
lancio di aste, tiro con l’arco e corse di cavalli, giochi tenuti in grande conto in
società guerriere come quella celtica; molte di queste usanze sono state
conservate nei Giochi Gaelici che si tengono ancora in Scozia nel mese di
agosto. Ma anche le arti erano sotto il patrocinio di Lugh e si tenevano quindi
anche competizioni poetiche di Bardi e di musici.
I raduni erano occasioni per tenere fiere in cui venivano ingaggiati braccianti
e venduti animali. La festa durava due settimane e si diceva che finché
sarebbe durata questa tradizione, ci sarebbe stato “grano e latte in ogni casa,
pace e bel tempo per la festa e il raccolto”.
Era tempo di baldorie propiziate dal calore estivo e si celebrava l’inizio del
raccolto e l’offerta dei primi frutti agli dei (la festa era detta “del primo
raccolto”), così come pure la potenza della luce solare e l’abbondanza generosa
della natura. Il sole aveva trionfato su venti, gelo e nebbie e ora il raccolto era
pronto Ma la fertilità è anche un concetto legato alla sessualità umana, così
nell’antica Irlanda si celebravano i cosiddetti matrimoni di prova che duravano
un anno e un giorno. La località principale dove si celebravano questi
matrimoni era in Irlanda a Teltown, località che ha preso il nome dalla Dea
Tailtiu. Vicino a una fossa dove sgorgava una sorgente era eretto un muro con
un foro:
uomini e donne stavano sugli opposti lati del muro, senza potersi vedere ma
spingendo insieme le mani attraverso il foro le loro mani. Se agli uomini
piaceva l’aspetto delle mani delle donne le afferravano e ciò sigillava il patto
matrimoniale. Il contratto era rinnovabile, ma se alla scadenza del periodo la
convivenza aveva avuto cattivo esito, la coppia non doveva fare altro che
ritornare al luogo della cerimonia, mettersi schiena scontro schiena e
allontanarsi in direzione opposte. Una separazione consensuale e tranquilla,
senza spese per il divorzio!
Questa usanza in realtà è il ricordo di un’antica pratica rituale. La ragione di
dare il nome di Lugh alla festa era dovuta alla sua associazione con la Dea Erin
alla quale si unì in matrimonio con“nozze di sovranità” (banais rigi in gaelico)
in occasione del suo accesso alla sovranità dei Tuatha Dé Danann. Allo stesso
modo tutti i re d’Irlanda si univano ritualmente alla Dea della Terra, la sola che
concedeva loro la sovranità sul paese. A Lughnasødh troviamo il parallelo
dell’accoppiamento rituale di Beltane, dove il Dio dell’anno crescente sposava
la Dea della Terra. Allo stesso modo i “matrimoni nei boschi” di maggio hanno
un corrispondente nei matrimoni di Teltown e degli amori nei campi di grano a
Lughnasad.
Ma occorre tener presente che le nozze rituali di Lugh rappresentano un
accoppiamento sacrificale, in armonia del resto col sentimento di morte che
aleggia su questa prima festa di autunno. Secondo lo studioso James Frazer,
questo era il tempo in cui il re sacro era ritualmente ucciso e il nuovo re
sposava la Dea Madre. Così Lugh moriva e rinasceva in accoppiamento con la
Dea, unendo in un unico tema di sacrificio la fertilità umana e quella della
terra. A noi tutto ciò può sembrare paradossale, come pure il collegamento dei
giochi funerari in onore di Tailtiu con le feste nuziali di Lugh. Per comprendere
il paradosso delle nozze di Lugh dobbiamo comprendere che le più tarde
aggiunte alla leggenda hanno deformato il ruolo della Dea: infatti, pare che in
origine i funerali fossero tenuti in onore del Dio che moriva in quanto Dio del
Grano e dell’anno crescente. Le nozze erano quindi quelle del Dio dell’anno
calante, suo gemello e sostituto.Troviamo questi aspetti nella leggenda gallese
di Llew (figura che come si è detto ripete quella di Lugh). Egli visitò il castello
di sua madre Arianrhod recandosi là con un coracle, antica e tipica
imbarcazione irlandese che simboleggia forse il cesto del raccolto con cui le
divinità solari viaggiavano per recarsi dove li attende la Grande Dea. Caer
Arianrhod, il castello della Ruota d’Argento era un altro nome della
costellazione della Corona Borealis, costellazione circumpolare che non
tramonta e quindi ritenuta dimora ultraterrena di divinità e di eroi defunti. Il
viaggio di Llew altro non è che il viaggio compiuto in qualità di re dell’anno
crescente dopo il proprio sacrificio e in attesa di rinascita. Llew nelle leggende
sposò Blodeuwedd, donna creata con i fiori e quindi figura rappresentativa
della Giovane Dea della Vegetazione. In seguito Blodeuwedd tradì Llew con
Grown il Forte e lo uccise, sacrificandolo e sposando il suo sostituto, il re
dell’anno calante.
Anche in Irlanda gli aspetti sacrificali sono adombrati dalle leggende su Crom,
dio sacrificale associato a Lughnasadh e chiamato anche Crom Cruach (“il
piegato del tumulo”) o Crom Dubh (“il piegato dal nero colore). L’ultima
Domenica di luglio in Irlanda è la Domenica di Crom Dubh, in cui ha luogo un
grande pellegrinaggio sul monte Croagh Patrick dove si dice che San Patrizio
sconfisse una schiera di demoni. Il sacrificio di Crom era compiuto anticamente
sacrificando un suo rappresentante umano presso una pietra fallica circondata
da altre dodici pietre, essendo questo il tradizionale numero dei compagni del
re-eroe sacrificale. Il Libro di Leinster cita dodici idoli di pietra e la statua d’oro
di Crom. Più tardi i sacrifici umani furono rimpiazzati da quelli di un toro. Crom,
come pure Balor o Bres, è una forma antica del dio luminoso che produce
raccolti, rimpiazzata da Lugh in qualità di nuovo Dio che gli sottrae i frutti del
suo potere. Nelle leggende Crom Dubh era sepolto nel terreno fino al collo per
tre giorni e poi liberato una volta che i frutti del raccolto erano stati garantiti:
un segno del successo del rituale era l’abbondanza di mirtilli, presagio di
raccolti abbondanti. Ciò rimase nel folklore col nome di Domenica del Mirtillo
dato alla Domenica di Crom Dubh, con i giovani che vanno a raccogliere questo
frutto. La sepoltura di Crom e la sua liberazione ci rinviano dunque al tema di
sacrificio e di rinascita di Lughnasadh.Lughnasad passò nel folklore britannico
con il nome di Lammas, abbreviazione di Loaf-mass (dall’Anglo-Sassone “Hlafmaess”)
o “messa della pagnotta” poiché con il primo grano raccolto si
preparava un pane propiziatorio, offerto nelle chiese come parte di riti
eucaristici. L’antica divinità divenne John Barleycorn, lo spirito del grano o
dell’orzo che muore stritolato nella macina per domare farina agli uomini o
annegato nella distillazione per produrre whisky.Non a caso nel mito celtico la
dimora funebre di re ed eroi era rappresentata come una costruzione circolare
e rotante, il Castello della Ruota d’Argento: non è forse questa una
raffigurazione poetica del mulino con la sua macina sacrificale?Ma lo stesso
simbolo viene raffigurato dalla ruota che viene accesa e fatta rotolare giù per il
pendio di una collina, usanza ancora oggi celebrata in Scozia, Germania e
Svizzera. A volte la ruota finisce in un fiume, così come la ruota delle stagioni
inizia il suo declino. Questa ruota è nuovamente la ruota solare che abbiamo
già visto nelle feste del Solstizio estivo. Lughnasadh ripete in un certo senso
alcuni simboli solstiziali, essendo il culmine e l’inizio del declino nel ciclo delle
feste celtiche allo stesso modo in cui il Solstizio estivo è culmine e inizio di
declino nelle feste astronomico-solari.La festa viene celebrata anche con fuochi
rituali accesi in cima alle colline, come in Galles, nell’isola di Man e in Irlanda,
dove i falò sono anche occasione di danze di licenziosità.La pianta sacra di
Lughnasadh è la spiga di grano o di orzo. Lugh e Llew sono divinità del grano,
di morte e di rinascita, perché il grano tagliato rinasce come farina e pane.
Durante i raccolti si credeva anticamente che una forza sacra (chiamata dai
Russi il Vecchio, da altri popoli slavi la Vecchia, e nei paesi germanici la
Madonna del Grano) si incarnasse nell’ultimo covone mietuto. Questo spirito
del grano era identificato spesso nell’ultimo mietitore che raccoglieva l’ultimo
covone. In tempi antichi egli era sacrificato e le sue ceneri sparse nei campi.
Poi si passò a sacrificare animali e bruciare fantocci, ma il significato era
sempre quello:il sacrificio della divinità primordiale, che moriva come Re del
Grano e il cui sangue benediceva la terra , garanzia di futuri e abbondanti
raccolti. La festa del sole calante è il punto di svolta in cui l’Uomo Verde di
Beltane si prepara a diventare l’Uomo Grigio della morte in autunno, quando
inizia il suo viaggio verso l’Altro Mondo. Ora, infatti, è il tempo in cui si arresta
la crescita nel mondo vegetale per permettere al raccolto di maturare. Nel
folklore europeo, durante i rituali dell’ultimo covone, si estraggono i chicchi del
futuro raccolto e si spargono le ceneri delle spighe per fertilizzare la terra. Il
tema di morte e rinascita non negava quello della fertilità, espresso dalle orge
rituali durante le feste del raccolto che, riattualizzando il mitico caos primordiale,
rinnovavano il ciclo dell’anno e la fecondità della terra: fertilità umana e
fertilità della Natura. Eros (amore) e Tanathos (morte) costituiscono un
binomio inscindibile anche in questo periodo dell’anno.
CELEBRARE LUGHANASADH
Questo momento dell’anno, dominato dal calore solare e dalla generosità della
Natura, vede la fine degli sforzi umani per portare a compimento il ciclo agrario
con il raccolto.Lughnasadh per noi dovrebbe essere tempo di gioia e di
vacanze, un periodo in cui raccogliamo e godiamo i frutti delle nostre fatiche.
Le cose che abbiamo portato a termine al Solstizio ora sono mature e possiamo
vedere i primi risultati delle nostre azioni intraprese nei mesi precedenti.Ma è
anche un momento di preparazione per il futuro, di riflettere che presto sarà
autunno e che dovremo affrontare una fase diversa. Per capire l’importanza di
questa festa nella nostra vita psichica, ci occorre comprendere l’importanza del
tema di morte e di rinascita nelle nostre vite. Diventiamo consapevoli che la
vita umana cresce e poi declina, è una ruota che deve continuamente essere
equilibrata. Questo è il culmine dell’anno ma anche l’inizio del processo del suo
declino. E’ utile comprendere l’idea del sacrificio in termini di trasformazione,
non tanto di morte bensì di lasciare andare via qualcosa per arrivare ad un più
alto livello creativo nella nostra vita. Il grano sacrificato diventa pane, il frutto
viene raccolto in modo che ci possa nutrire. Lughnasadh è festa di
trasformazione e la rinascita è la legge perpetua della Natura.Proviamo ad
andare nei campi dopo la mietitura: se saremo fortunati potremo trovare
alcune spighe sopravvissute alle implacabili mietitrebbiatrici. accogliamole e
formiamo con esse una bella ghirlanda intrecciata con nastri dorati, il colore del
dio Lugh. Conserviamola in casa o regaliamola
alla persona più cara, come auspicio d’abbondanti raccolti materiali e spirituali
nelle nostre vite.Se vogliamo provare a celebrare in maniera rituale questa
festa, potremmo farlo all’alba del l~ agosto oppure nel pomeriggio della stessa
giornata. Ci si procura alcune spighe di cereali, alcune manciate di chicchi di
grano, una pagnotta di pane e una coppa di vino. Si accendono tre piccoli
fuochi oppure (se non possiamo celebrare questo rituale all’aperto) tre candele
gialle o dorate. Si inizia da quello di destra dicendo: “In onore di Lugh, Dio
della Luce”. Poi si passa ad accendere il fuoco o la candela di sinistra dicendo:
“In onore della Dea della Terra”. Infine si accende il fuoco (o la candela)
centrale dicendo: “In onore del Re del Grano che muore per donarci la vita”. A
questo punto con le spighe che ci siamo procurate formiamo un mazzo,
legandolo con un nastro giallo o dorato e collocandolo nello spazio davanti alle
tre candele o ai tre fuochi. Si prende una manciata di chicchi di grano e si
compie lentamente un giro a spirale attorno al nostro mazzo di spighe, verso
l’esterno e in senso antiorario. Camminando si lascia cadere lentamente il
grano dietro di noi, dicendo: “Percorro il sentiero della Madre Terra’: Dopo aver
compiuto tre giri intorno al mazzo, ci si ferma in meditazione sul significato del
grano e poi si ritorna verso il mazzo, sempre muovendo a spirale ma stavolta
in senso orario. Si lasciano cadere altri semi di grano, dicendo: “Percorro il
sentiero del Dio della Luce”.
Ci si ferma in meditazione sul Dio Sole che sta per iniziare il suo viaggio
nell’Altro Mondo. Poi si leva in alto il pane, indi la coppa di vino e si consumano
questi cibi, lasciando briciole e gocce di vino da versare sulla terra.

(Feste Pagane Di Roberto fattore)

LITHA-Solstizio D'Estate Il Trionfo della Luce



SOLSTIZIO
D’ESTATE
IL TRIONFO DELLA LUCE

Intorno al 21 giugno il sole celebra il suo trionfo, in quello che è il giorno più
lungo dell’anno, ma che allo stesso tempo, rappresenta l’inizio del suo declino.
Infatti, dopo il Solstizio d’Estate, le giornate iniziano lentamente ma inesorabilmente
ad accorciarsi fino al solstizio d’inverno, in quella che è la fase
“calante” dell’anno. Solstizio deriva dal latino sol stat, “il sole si ferma”, e,
infatti, pare quasi che il sole indugi un po’ in questa posizione prima di
riprendere il suo cammino discendente. Il sole raggiunge la sua massima
declinazione positiva rispetto all’equatore celeste, per poi riprendere il
cammino inverso: inizia l’estate astronomica.
E’ tempo in cui possiamo ricevere il massimo della potenza solare: la mistica
forza che unisce cielo e terra è ora più forte. Questa elementare verità, era
conosciuta dagli antichi popoli che pare fossero a conoscenza del fatto che le
“ley lines”, le misteriose linee energetiche che solcano la superficie terrestre
aumentano la loro carica energetica tramite la potenza solare. Anche
monumenti come menhir, dolmen e cerchi di pietre erano forse focalizzatori
artificiali del sistema energetico terrestre. I cristalli possono essere potentemente
caricati al solstizio e siccome il granito dei megaliti di Stonehenge
contiene una grande quantità di quarzo, questo
cerchio si attiva al Solstizio, generando un forte campo energetico.Non a caso
la cerimonia del Solstizio d’Estate è la festa più elaborata e più famosa
compiuta dai moderni ordini druidici, che la celebrano ogni anno appunto a
Stonehenge (nel 1999 sono ripresi i rituali dopo una sospensione di dieci anni
decretata nel 1988 dalle autorità britanniche per motivi di ordine pubblico).
Li Neo-DruidiSmO chiama il Solstizio d’Estate Alban Heruin, “Luce della riva”.
Infatti, la festa è al centro dell’anno, al suo volgere, così come la spiaggia è il
luogo d’incontro di mare e di terra dove i due confini si uniscono. Nelle tradi -
zioni antiche la “terra” era la zona astronomica al di sopra dell’equatore celeste
e I’ “acqua” quella inferiore. Il sole trovandosi nel loro punto d’incontro è come
sulla riva del mare.
Nell’antica Grecia i due solstizi erano chiamati “porte”:
“Porta degli uomini” l’estivo (Borea perché il sole è a nord dell’equatore
celeste) e “porta degli dei” l’invernale (Noto perché il sole è a sud dell’equatore
celeste). Per la prima porta si entrava nel mondo materiale della creazione
mentre per la seconda si entrava nel regno divino e soprannaturale. Tempo di
passaggio è dunque il Solstizio, che si colloca fuori dallo spazio-tempo quel
confine che separa la crescita dal declino, la manifestazione dalla nonmanifestazione.
Esso è una sorta di capodanno. Midsummer, mezza-estate, lo
chiamano nei paesi anglosassoni, e Shakespeare nel suo “Sogno di una notte
di mezza estate” ne ha raffigurato l’aspetto magico, dove sogno e realtà si
fondono. Questa atmosfera di tempo fuori dal tempo rende il Solstizio un
momento propizio per ~ presagi e le pratiche divinatorie, sia nel folklore
popolare, sia nelle tradizioni magiche cerimoniali e “colte”.
Pur se cristianizzata come festa di San Giovanni (24 giugno) la notte di
mezza estate ha conservato tutte le sue valenze magiche.In tutta Europa si
traevano (e forse ancora si traggono) presagi ad opera delle ragazze nubili per
sapere se si sposeranno ed eventualmente acquisire indizi sull’identità del
futuro sposo. Ad esempio col piombo liquefatto nelle padelle si individuava,
tramite le forme assunte dal metallo, il mestiere del futuro sposo. Altri metodi
utilizzavano la chiara d’uovo versata nell’acqua o le fave sbucciate.
In Galles per trovare la propria anima gemella si camminava intorno ad una
chiesa nove volte e si metteva alla fine di ogni giro un coltello nella serratura
del portone, dicendo: “Qui c’è il coltello, dove è il fodero?” Il simbolismo è
evidente...
Usanze logiche se si pensa che la Natura, al massimo del suo rigoglio,
favorisce tutto ciò che riguarda l’amore e la fertilità. Mazzetti di erbe collocati
sotto il cuscino favoriscono i sogni divinatori: le erbe giocano un ruolo di primo
piano nelle tradizioni solstiziali e di San Giovanni.
Si raccolgono piante aromatiche da bruciare sui falò solstiziali, piante che
danno poco fumo e hanno un buon aroma, come timo, ruta, maggiorana.Era
comune credenza che moltissime piante in quest’epoca avessero poteri quasi
miracolosi.Il vischio è una pianta solstiziale molto importante nella tradizione
celtica: secondo lo scrittore romano Plinio pare che gli antichi Druidi
raccogliessero questa pianta con un falcetto d’oro, strumento che univa la
forma lunare al metallo solare. I rami di vischio al Solstizio d’Estate assumono
un aspetto dorato, il famoso Ramo d’Oro dei miti. Il sambuco tagliato la vigilia
del Solstizio, sanguina nelle leggende britanniche. Il seme di felce permetteva
di trovare tesori nascosti, mentre il leggendario fiore di felce (che non esiste, al
pari del seme, in quanto la felce è una pianta pteridofita, cioè che si riproduce
tramite spore) rendeva invisibili i suoi fortunati raccoglitori. In tutti i paesi
europei si raccoglievano erbe ritenendole impregnate di miracolose virtù: la
verbena portava prosperità, mentre l’artemisia sacra ad Artemide sorella di
Apollo, proteggeva dal malocchio. Si riteneva in particolare che l’energia solare
si raccogliesse in fiori come la calendula o l’iperico, la miracolosa “erba di San
Giovanni”.
Proprio tutte queste virtù più magiche che terapeutiche attribuite alle piante,
spiegano l’abbondare di leggende riguardanti coloro che più di ogni altra
persona conoscevano le erbe magiche: le streghe. L’usanza antica di certe
donne di recarsi nude a raccogliere erbe ricorda antichi riti in cui le donne
andavano nude nei campi per propiziare il raccolto, spesso compiendo danze
cavalcando bastoni o manici di scopa. Anche questa usanza può essere
all’origine di tanti racconti sulle streghe. Forse dietro le storie dei raduni di
incantatrici e di fattucchiere nella notte di mezza estate, si cela anche il ricordo
dei riti solstiziali celtico-germanici intorno ad un albero (il noce di Benevento!)
o delle feste licenziose in onore della dea Fortuna nell’antica Roma che si
tenevano appunto il 24 giugno. In onore di Fortuna tutta la popolazione, ricchi
e poveri, liberi e schiavi, accorreva ai templi, banchettava e danzava. Fortuna
è la Dea della casualità assoluta, del caos benefico e rigeneratore.
La somiglianza di queste feste con i Saturnali del Solstizio d’Inverno fanno del
Solstizio estivo una sorta di capodanno o di carnevale, un periodo“caotico” in
cui il cosmo si rinnova e si ricrea, con conseguente rimescolamento dei ruoli
sociali e capovolgimento delle norme morali. In questo benefico caos
assumono rilievo i due elementi primordiali del fuoco e dell’acqua, contrapposti
ma pur sempre complementari, simboleggiando il primo i poteri della divinità
maschile e la seconda quelli della divinità femminile o, se si preferisce il sole e
la luna. Nell’astrologia babilonese il Solstizio d’Estate era simboleggiato dal
matrimonio di sole e luna, in cui i due astri spargono le loro energie sul mondo.
L’acqua del Solstizio è appunto direttamente collegata alla luna e al segno del
Cancro: significativamente il glifo di questo segno zodiacale è composto da due
segni spirali-formi che si oppongono in un simbolo simile allo Yin-Yang
orientale, forse indicanti le due metà dell’anno che ora si incontrano. Nelle
celebrazioni solstiziali l’acqua è rappresentata dalla rugiada o “guazza di San
Giovanni”, cui sono attribuiti poteri miracolosi: fare ricrescere i capelli, ringiovanire
la pelle o addirittura propiziare la fertilità. Non era raro che molte
giovani donne si bagnassero nude nei prati con la magica rugiada la notte di
San Giovanni...
Il fuoco viene simboleggiato dai falò accesi un po’ ovunque in Europa
nella notte solstiziale o di San Giovanni, fuochi che sono strettamente collegati
a quelli del Solstizio d’Inverno o ai fuochi di primavera. Quale è il loro significato?
Secondo una teoria sono simboli solari e accenderli significa rafforzare
l’energia dell’astro che d’ora in avanti va declinando. Un’altra interpretazione
esalta il loro valore purificatorio, con cui vengono scacciati gli spiriti maligni e
le malattie. Non bisogna dimenticare infatti che in questo periodo caotico, di
“passaggio”, così come gli esseri umani hanno libero accesso a regni e poteri
soprannaturali, così
anche le entità malefiche possono vagare indisturbate per il nostro mondo. In
molti luoghi si diceva che coloro che avevano il coraggio di rimanere nel
cimitero la vigilia di Mezza Estate potevano avere la visione di quelli che
sarebbero morti nel corso dell’anno! Nel folklore nord-europeo la vigilia di San
Giovanni è una delle tre “notti degli spiriti” insieme alle vigilie di Calendimaggio
e di Hallowee’enlSamhain. Ad ogni modo tutte le tradizioni popolari europee
vedono l’accensione di fuochi sulle colline, processioni notturne con fiaccole e
ruote infuocate gettate lungo i pendii.A somiglianza dei fuochi di Beltane (festa
di cui in fondo il Solstizio è la controparte celeste, astronomica) si danza
intorno ai falò e si salta sulle fiamme quando queste si abbassano. Il fumo dei
fuochi veniva usato per purificare il bestiame, mentre le ceneri erano sparse
sui campi per propiziarne la fertilità. In Scandinavia il falò del Solstizio era il
‘fuoco di Baldur”. Baldur, figlio di Odino, era il giovane dio che veniva ucciso
nel fiore degli anni e probabilmente nell’antichità si sacrificavano uomini per
rappresentarne la morte. Forse Baldur era uno spirito della vegetazione, lo spirito
della quercia celebrato da alcuni miti nordici e celtici. Infatti, le leggende
narrano di una lotta eterna tra due opposte divinità, il Re della Quercia e il Re
dell’Agrifoglio, dove il primo rappresenta il Dio dell’anno crescente (cioè della
metà dell’anno in cui la luce solare prevale sulle tenebre notturne) e il secondo
raffigura il Dio dell’anno calante (la metà dell’anno in cui la notte prevale sul
giorno). Se in inverno era il Re dell’Agrifoglio a soccombere, al Solstizio
d’Estate era il Re della Quercia a dover cedere di fronte all’avversario. E questo
spiegherebbe perché i fuochi solstiziali erano alimentati con legno di quercia...
La quercia fiorisce intorno al Solstizio e segna il passaggio tra anno crescente e
anno calante. La morte estiva del Re della Quercia aveva varie forme: bruciato
vivo, accecato con un ramo di vischio o crocifisso su una croce a T. Il poeta e
studioso di miti Robert Graves disse che l’uomo il quale personificava il Dio era
sacrificato in questi modi, ma il Dio stesso ascendeva al cielo, fino alle stelle
circumpolari e precisamente fino alla Corona Borealis (costellazione chiamata
nelle leggende celtiche Caer Arianrhod, Castello della Dea Arianrhod - “ruota
d’argento” -), dove attendeva la rinascita.
Al Solstizio d’Estate vengono a interagire e ad intersecarsi i due cicli della
Ruota dell’Anno: quello primordiale dei cacciatori-raccoglitori che narra lo
scambio stagionale di potere tra due figure gemelle, e il ciclo solare solstizialeequinoziale.
L’idea di due divinità o di due re che combattono eternamente tra loro
appare in molte culture. Basti pensare ad Apollo che uccide il serpente Pitone a
Delfi, al dio babilonese Marduk che abbatte Tiamat o a Zeus che lotta contro
Tifone. Il serpente era nella remota antichità una divinità o il simbolo di varie
divinità, forse la raffigurazione del dio dell’anno calante. Ciò può avere
generato più tardi i miti degli eroi che uccidono draghi. Ma se nelle mitologie
più antiche il signore abbattuto risorgeva ogni anno, in modo che la luce e
l’oscurità regnassero in equilibrio tra loro, in tutti questi miti più tardi,
probabilmente per influenza dei culti solari legati alla regalità, la vittoria dei
personaggi “luminosi” è sempre definitiva e senza appello.
Nelle leggende riguardanti il duello eterno dei due re appare spesso una
figura femminile che rappresenta la Dea, la quale non soccombe ma costituisce
un perno immobile tra le due figure, simbolo della Morte in Vita. Infatti, anche
se ora la terra è esuberante nella sua fertilità, è pur sempre uno zenith
transitorio in cui la Natura presiede alla morte del Re della Quercia e
all’insediamento del suo oscuro ma necessario gemello. Nei miti solstiziali la
Grande Dea appare anche come Ape Regina a manifestare i due aspetti, quello
luminoso e quello tenebroso. La Dea Cibele era raffigurata come Ape Regina
perché i suoi sacerdoti si castravano per diventare i suoi sposi, come il fuco è
castrato dall’ape regina durante l’accoppiamento. Si diceva che al solstizio
d’estate Cibele avesse imprigionato il suo amante Attis nell’erica, perché i fiori
di erica sono un fiore prediletto alle api. Ma l’ape è anche un animale solare,
perché viaggia tra i fiori seguendo la posizione del sole e produce il miele il
quale ha lo stesso colore del sole. I Celti consideravano le api dei messaggeri
che viaggiavano sui sentieri della luce solare fino ai regni degli spiriti, creature
associate alla conoscenza del futuro e all’ispirazione divina. Ma per molti popoli
erano anche simbolo di rinascita, in quanto si riteneva che esse nascessero dai
corpi di animali morti.Il Solstizio d’Estate rappresenta anche il ciclo agricolo
incentrato sui cereali. Nelle Isole Britanniche questo ciclo venne narrato nella
storia di John Barleycorn (lo spirito dell’orzo) che vive dalla semina fino al
momento della sua morte ad opera della falce, ma che poi rinasce dal suo stesso
seme, in un ciclo senza fine ma con momenti ben definiti, caratterizzati da
celebrazioni rituali. In questo ciclo il dio muore e discende agli inferi dove la
Dea della Terra lo soccorre e lo fa rinascere.
Tra i popoli nordici il Solstizio d’Estate era chiamato anche Litha, dal nome
della dea sassone del grano affine a Demetra e a Cerere.
La pianta sacra del solstizio d’estate è l’iperico. L’iperico raccolto a
mezzogiorno del solstizio era capace di guarire molte malattie, mentre le radici
raccolte a mezzanotte cacciavano via gli spiriti maligni. L’iperico era appeso
sulle porte per proteggere le abitazioni dagli spiriti malvagi, e il suo nome
greco hyperikon significa appunto “proteggere” o “sconfiggere un’apparizione”.
Inoltre si diceva che le donne ansiose di concepire dovevano andare nude nel
loro giardino la vigilia di San Giovanni e raccogliere l’iperico.
CELEBRARE IL SOLSTIZIO D’ESTATE
I poteri del Dio Sole sono allo zenith e anche se i giorni più caldi devono
ancora venire, l’estate è ormai con noi. Si vuole trascorrere quanto più tempo
possibile al sole e all’aria aperta. Si gioisce nel pieno flusso dell’abbondanza,
nell’apogeo di luce e calore. E’ un momento adatto per concludere e portare a
compimento quello che stiamo realizzando. Ed è anche tempo di gioia e di
divertimento. Come celebriamo la crescita delle messi così festeggiamo la
nostra crescita interiore.Psicologicamente è il momento di celebrare il
raggiungimento dei nostri obiettivi, di riconoscere i nostri talenti e la nostra
azione nel mondo esterno. Ma tutto scorre e dobbiamo ricordarci che la vita è
un processo dinamico, non una condizione fissa. In questo periodo, punto di
equilibrio tra l’anno crescente e l’anno calante, troviamo il momento ideale per
lavorare sulle qualità di integrazione e di equilibrio:
integrazione di quello che abbiamo imparato in questi mesi e raggiungimento
di un nuovo equilibrio interiore.
Per celebrare il solstizio possiamo fare cose molto semplici. Ad esempio
alzarci all’alba e osservare il sole che spunta, meditando sulle sue qualità e sul
suo destino: la massima forza coincide con l’inizio del suo declino.
Possiamo bagnarci con la rugiada solstiziale oppure accendere un piccolo
falò nel nostro giardino la vigilia del solstizio e organizzare un piccolo festino
con i nostri amici.
Possiamo raccogliere le erbe del solstizio e conservarle come portafortuna.
Ma possiamo anche celebrare ritualmente questo momento con una veglia
che cominci a mezzanotte, in fondo è la notte più breve dell’anno! Se si è
all’aperto si può tenere acceso un piccolo fuoco oppure si possono accendere
candele rosse o dorate, meditare sui significati di questa festa, ascoltare o
suonare musica, leggere poesie, magari in compagnia dei nostri amici. Questa
veglia ci darà modo di rivedere il nostro anno con le cose iniziate e quelle
compiute, nonché di guardare al resto dell’anno che si stende davanti a noi.
Al momento dell’alba possiamo salutare il sole dicendo:
“Salute a te Sole nel giorno del tuo trionfo!”. Sentiamo l’energia solare che
pervade il mondo intero e accettiamo il fatto che questo momento di trionfo sia
anche l’annuncio del declino
Possiamo fare offerte di vino e di dolci.

(Feste Pagane Di Roberto fattore)

BELTANE LA FESTA DELLA FERTILITÀ


BELTANE
LA FESTA DELLA FERTILITÀ

La fine della metà “oscura “ dell’anno e l’inizio dell’estate ha costituito da
sempre un momento di passaggio, in cui la rigenerazione della vita vegetale è
anche la resurrezione della vita cosmica, un ritorno al tempo mitico degli
inizi.Nella tradizione celtica le due feste maggiori erano quelle che segnavano
rispettivamente l’inizio dell’estate e l’inizio dell’inverno. Come molte altre
popolazioni pastorali, gli antichi Celti avevano infatti due sole stagioni, non
quattro: la metà oscura e la metà luminosa dell’anno. Nel Nord Europa inoltre,
gli effetti della primavera cominciano a sentirsi solo all’inizio di maggio. Le
successive suddivisioni dell’anno furono introdotte più tardi dagli agricoltori.Gli
antichi Celti celebravano il l~ maggio la festa di Beltane (pron. Beltein) nome
anglicizzato che corrisponde al gaelico irlandese Bealtaine (pron. B’ioltinna) e
al gaelico scozzese Bealtuin (pron. B’ialten) In Scozia Bealtuin è il Giorno di
Maggio, May Day, mentre in Irlanda Bealtaine è il nome dell’intero mese di
maggio. Beltane significa “i fuochi di Bel”, i quali venivano accesi in onore di
Bel (Beh, Balor o Belenos sono altri nomi con la quale è conosciuto in varie
aree celtiche).Bel è il “Luminoso”, dio di luce e di fuoco. Non una divinità
solare, perché per i Celti il sole era un’entità femminile,tuttavia presentante
alcuni attributi solari. Una controparte celtica di Apollo, tanto per tracciare un
parallelo con altri ambiti culturali. Il sole in molte tradizioni antiche era un simbolo
della divinità, non la divinità stessa.Se questo può sembrare un concetto
strano, basti pensare al Cristianesimo dove non viene adorato l’agnello ma
tuttavia questo animale è simbolo di Gesù Cristo. Le quattro feste celtiche
hanno in fondo un carattere stagionale e ctonio più che solare e celeste, a
differenza delle feste solstiziali ed equinoziali. Per questo molti studiosi hanno
interpretato Bel come l’equivalente del gallico Cernunnos e del britannico
Heme, due divinità maschili della fertilità, signori dei boschi e degli animali,
come indicano le loro corna nelle raffigurazioni che ci sono pervenute. Essi
sono la controparte nordica di Pan e il loro culto, celebrato nei boschi e nelle
campagne, sopravvisse a lungo nel Medio Evo, tanto che può aver contribuito a
creare l’immagine delle streghe adoratrici del demonio. Agli occhi degli
ecclesiastici che cosa altro poteva essere un’entità animalesca munita di corna,
e i cui fedeli celebravano riti orgiastici? Simbolicamente Cernunnos e Bel possono
essere due aspetti del Dio Padre che feconda la Dea Madre, aspetti
rappresentati dai due temi che dominano la festa di Beltane: fertilità e fuoco.Il
fuoco in questa festa rappresenta appunto il calore della passione che genera
la vita. I fuochi di Bel erano accesi sulle colline per celebrare il ritorno della vita
e della fertilità nel mondo. Ogni dan o tribù accendeva ritualmente grandi fuochi
per mezzo di scintille sprigionate da una selce. In Scozia, negli Highlands
centrali, i fuochi di Beltane erano accesi tramite il cosiddetto needfire, il “fuoco
della necessità” o“fuoco della miseria”: si usava allo scopo una.tavola di quercia
forata ed un palo, pure di quercia che veniva fatto ruotare velocemente per
mezzo di una corda. La tradizione fissava in “tre volte tre” o “tre volte nove” il
numero di coloro che dovevano far girare questo strumento.In Galles, nella
Valle di Glamorgan, nove uomini rimuovevano dalle loro persone tutti gli
oggetti di metallo e andavano nei boschi a raccogliere nove diversi tipi di
legna; poi, in un buco scavato nel terreno veniva deposta la legna raccolta che
era accesa ritualmente con due pezzi di legno(anche qui di quercia) sfregati
insieme per provocare scintille. I nove diversi tipi di legna erano probabilmente
i nove legni sacri dei Druidi. Essi erano forse sorbo selvatico, quercia, salice,
nocciolo, betulla, biancospino, melo, pino, vite - o rovo - (altri elenchi danno al
posto delle ultime tre piante il sambuco, il tasso e il vischio - o ginepro). Il
numero nove nella tradizione celtica è il numero che indica la completezza,
quindi simbolico del cosmo.Tuttavia le accensioni rituali di fuochi si ritrovano
anche al di fuori del mondo celtico: ad esempio in varie regioni europee i fuochi
solstiziali erano accesi mediante una ruota fatta girare intorno ad un piolo
fisso, mentre riti simili erano osservati nell’India vedica e a Roma per
riaccendere il fuoco di Vesta. Lo sfregamento di legnetti, il tabù circa l’uso di
metalli, l’utilizzo di selci, ci rinvia forse a epoche remotissime, antecedenti
qualsiasi civiltà storica e testimonia l’antichità di queste tradizioni.Il fuoco
sacro era simbolo del fuoco celeste, del calore primordiale che produsse la
creazione e che si ripresentava a ogni ritorno della primavera. E’ significativo
l’uso di legno di quercia, infatti la quercia è l’albero attribuito alla metà
luminosa dell’anno che proprio a Beltane celebra il suo trionfo. Nell’Irlanda
pagana nessuno poteva accendere un fuoco di Beltane finché l’Ard Ri (Grande
Re) non avesse acceso il primo fuoco rituale sulla collina di Tara, il centro
mistico e politico dell’antica Irlanda. San Patrizio sfidò questa usanza per
distruggere le usanze pagane e San David fece una cosa simile in Galles.I
fuochi di Beltane venivano spesso accesi in coppia, e tra i due fuochi veniva
fatto passare il bestiame, per propiziare latte abbondante, fertilità e buona
salute per tutto l’anno, prima di essere condotto ai pascoli estivi. Ci poteva
essere una spiegazione “razionale” per questa pratica dato che il calore poteva
uccidere i batteri e i microbi accumulatisi sulla pelle degli animali nelle sporche
stalle invernali, ma il significato principale era comunque quello di una
purificazione rituale tramite il fuoco, una vera e propria “pulizia di primavera”.
Il fuoco distrugge i poteri ostili, purifica l’aria e favorisce la fertilità di tutti gli
esseri viventi. Incidentalmente, un detto gaelico che dice “essere preso tra due
fuochi di Beltane’ sta ancora oggi a indicare il trovarsi in un dilemma. Anche le
persone e gli oggetti venivano fatti passare attraverso i due fuochi. La gente
danzava attorno ai falò: si danzavano danze con alti salti quali la Danza del
Cervo e la Danza del Salmone Saltante, ricordi di antiche danze di caccia e
pesca. Molte donne danzavano in cerchio su bastoni di legno in una frenetica
danza di fertilità, per promuovere la crescita dei nuovi raccolti (i bastoni
divennero poi manici di scopa ma la loro forma fallica suggerisce sempre il tipo
di energia che veniva evocata).
Quando le fiamme dei falò iniziavano ad abbassarsi le persone saltavano sui
fuochi, usanza ancora praticata in Scozia e in Irlanda per propiziarsi la fortuna.
Così giovani e ragazze saltano per trovare l’anima gemella, i viaggiatori per
garantirsi viaggi sicuri, le spose per ottenere figli e perfino le donne gravide
per assicurarsi un parto facile! Infine, le ceneri dei fuochi venivano (e ancora
oggi in certe località vengono) sparse sulla terra per garantire la fecondità dei
campi.
Dopo le danze e i salti spesso le giovani coppie si appartavano col favore
dell’oscurità continuando a modo loro le celebrazioni Infatti Beltane era una
festa di fertilità nella quale la Madre terra e il Grande Dio dei boschi si
accoppiavano. Per la gente comune era una festa orgiastica.Per tutta la notte
del 30 aprile (come si è detto i Celti facevano cominciare i giorni dal crepuscolo
del giorno precedente) si susseguivano in un’atmosfera orgiastica banchetti e
danze che terminavano con l’avvento della nuova vita. Su questa notte
vegliava la Grande Dea della fecondità, che dominava allo stesso tempo il
destino dei semi e quello dei morti e che perciò era la Dea della Morte in Vita.
Si entrava in comunicazione con il mondo infero e con i defunti. Il grande
studioso Mircea Eliade giustamente assimilò i semi ai morti, che aspettano di
tornare in vita sotto una nuova forma e perciò si accostano ai viventi nei
momenti in cui la tensione vitale raggiunge il culmine, cioè nelle feste di
fertilità, quando sono evocate le forze generatrici della Natura. I morti
necessitano dell’esuberanza organica dei vivi, così come i viventi necessitano
dell’aiuto dei morti per far germinare i semi dei nuovi raccolti (dopotutto,
Beltane si erge diametralmente in opposizione all’altra porta dell’anno
Samhain, festa dei morti !). I bambini generati in questa notte si credeva
fossero i morti ritornati in vita e Beltane veniva definita anche la Festa della
Generazione dei Bambini.
In questo periodo, vero e proprio momento “caotico” di passaggio, le leggi
della realtà ordinaria sono quasi sospese e si aprono le porte dei regni
ultraterreni come il sidhe, il regno fatato dei Celti. A differenza dei defunti
umani, gli esseri fata-ti non sempre sono benevoli: in questo periodo le fate
appaiono agli umani e chiunque si addormenta sotto un biancospino (albero
fatato) rischia di essere portato via da loro. Molte leggende associate a queste
feste riguardano spesso gli incantamenti dell’Altro Mondo. Un mito legato a
Beltane è quello gallese di Lludd. Ogni vigilia di Beltane il regno di Lludd soffriva
a causa di uno spaventoso grido che provocava la sterilità nei campi, negli
esseri umani e negli animali, facendo morire giovani e anziani e togliendo la
forza agli adulti. Lludd scoprì che la causa di questo incantesimo era il
combattimento fra il drago di Britannia e un drago straniero. Egli li catturò e li
rinchiuse. ignificativamente Lludd è figlio di Beh...
La notte del 30 aprile fu demonizzata per questi motivi dal Cristianesimo che
ne fece una notte di convegni di spiriti e di streghe, da cacciarsi per
intercessione di Santa Valpurga, monaca inglese dell’VIli secolo e badessa del
monastero tedesco di Heidenheim.In Germania questa è appunto la
Walpurgisnacht o Notte di Santa Valpurga.
Ma anche nel folklore “pagano” europeo si prendevano precauzioni contro le
fate e gli spiriti malvagi. Era (e spesso ancora è) tabù sposarsi a maggio
perché era il mese delle Nozze Sacre del Dio e della Dea, e in Inghilterra non si
comprano scope nuove di maggio perché esse spazzerebbero via la buona
fortuna.
La festa celtica di Beltane divenne la festa medievale di Calendimaggio.
L’inizio della bella stagione era celebrato con tornei dove il vincitore,
personificazione del Dio vittorioso sulle tenebre invernali, otteneva il diritto di
sposare la damigella per cui si era battuto. In molte località europee divenne
usanza formare comitive di giovani che giravano per i villaggi cantando
stornelli e augurando la buona fortuna (il “cantar maggio” di molte località
toscane). Rami e fiori venivano portati dai boschi la mattina di Beltane per
decorare porte e finestre o per fabbricare ghirlande che i giovani portavano in
giro per le strade cantando e chiedendo cibo e dolci in cambio. Infatti una
caratteristica dei festeggiamenti di Beltane è la celebrazione della vegetazione,
così una usanza celtica era quella di appendere una ghirlanda primaverile
(simbolo della grande Dea) a un tronco privo di rami (simbolo fallico del Dio
selvaggio).
In Inghilterra il simbolo della festa di maggio o May Eve (“vigilia di maggio”)
divenne l’albero o palo piantato nelle piazze dei villaggi e adornato di nastri
multicolori. Il palo di maggio non è altro che l’Albero Cosmico, l’Axis Mundi che
collega i tre regni cosmici (celeste, terreno e infero). Gli sciamani usano
l’albero cosmico per ascendere fino al mondo Superiore o discendere a quello
Inferiore, come gli sciamani siberiani che usavano ritualmente un palo di betulla
a sette pioli. In Galles la danza attorno al palo di maggio era chiamata
“danza della betulla”.
Tutto ciò che è vivente si manifesta con un simbolo vegetale, e la vita che
risorge celebra il suo trionfo intorno al palo delle danze, simboleggiata dai
danzatori che, afferrato ciascuno l’estremità di uno dei nastri muovevano in
direzioni opposte (gli uomini in un senso e le donne in un altro), finendo con
l’intrecciare i nastri intorno al palo e con le coppie abbracciate: la danza della
vita che muovendo in cerchi e spirali unisce tutti gli opposti, danza di morte e
di rinascita. Ma a Beltane il palo di maggio ha anche un ovvio significato fallico,
il potere fecondante della divinità maschile immerso nel grembo della Madre
Terra e sormontato spesso dalla ghirlanda femminile della Dea. A Cerne Abbas
nel Dorset, Inghilterra, c’è la figura antica del Gigante di Gesso, forse il Dio
Padre celtico Dagda, con la dava e il fallo eretto. Fino a epoche recenti il palo
di maggio era eretto sopra questa figura rappresentata su una collina gessosa
e le donne che volevano un bambino visitavano il luogo trascorrendo anche la
notte sul fallo del gigante. Si può facilmente comprendere perché i Puritani
proibissero nel 1641 i pali di maggio, ripristinati solo successivamente con la
restaurazione monarchica! A Beltane si eleggevano tra i giovani anche il Re e
la Regina di maggio, rappresentati in terra delle antiche divinità, che
regnavano per tutta la festa portando in processione i sacri rami (i “Maggi”) nei
boschi e che spesso governavano anche le altre feste e danze dell’anno. La
Regina simboleggia la giovane Dea dei Fiori e la nuova crescita e il Re
rappresenta il Dio della Vegetazione e della morte dell’inverno, divinità
personificata nel folklore come Jack-in-the-Green, cioè Jack il Verde. E’ il Verde
Giorgio del folklore primaverile dell’Europa dell’Est ma è anche l’uomo vegetale
scolpito nei pilastri e nelle travi delle cattedrali gotiche e romaniche (i boschi
sacri della nuova religione...). Infine tutte le coppie si appartavano di nuovo
nei campi e nei boschi, con la scusa di portare il Maggio o raccogliere fiori, e
questo provocò nel corso dei secoli dure reazioni da parte delle autorità
ecclesiastiche! Un chierico scozzese scrisse e a fatica una ragazza torna a casa
vergine”. Più tardi lo scrittore Rudyard Kipling scriverà nella sua poesia “A Tree
Song”:
“Oh, non dite al prete della nostra promessa che la chiamerebbe peccato
Ma noi siamo stati fiori nei boschi tutta la notte”
Le leggende relative a Robin Hood, Lady Marian e Little John hanno giocato
un ruolo importante nel folklore britannico della Vigilia di Maggio: pare che
queste figure, lungi dall’avere una realtà storica siano simboli dei culti di fertilità
sopravvissuti in epoca medievale. I cognomi inglesi Robinson, Johnson,
Hodson derivano da antenati a cui vennero dati tali soprannomi (“Figlio di
Robin”, ecc.) in quanto figli di questi “matrimoni” boscherecci.
Queste usanze possono sembrare a qualcuno volgari, tuttavia la fertilità e la
continuazione della stirpe erano cose di primaria importanza: i figli erano una
ricchezza e una benedizione, anche se illegittimi.
Ma la festa di Beltane era caratterizzata anche da altre usanze. Ad esempio
analogamente al solstizio d’estate, in molte località europee si riteneva questo
periodo propizio alle sorgenti miracolose e si compivano riti e pellegrinaggi alle
sacre sorgenti. Così la rugiada raccolta all’alba del primo maggio era
particolarmente potente e si usava come liquido calmante per gli occhi o come
lozione di bellezza.
Un altro rituale folklorico è quello, tuttora esistente nelle Isole Britanniche,
del cavalluccio di legno, Hobby Horse o Oss come viene chiamato. Appena
prima di mezzanotte i Maggiaioli del villaggio di Padstow si recano alla locanda
dove l’Oss è conservato e cantano un canto augurale al proprietario della
locanda e a sua moglie. L’Oss è fatto di un cerchio ricoperto di pelli, con un
palo munito di una mandibola di legno che si apre e si chiude. Il tutto viene
indossato da un danzatore che gira per le strade accompagnato da musici che
suonano un tamburo e una fisarmonica: ogni volta che la musica cessa esso si
accascia per sollevarsi dopo un po’. L’Qss (che si ritiene abbia forti poteri di
fertilità) viene imbrattato di grasso scuro così che qualsiasi ragazza catturata
da esso ne veniva segnata. L’Oss moriva a mezzanotte per rinascere l’anno
successivo.
Tipici delle feste di Beltane sono anche le danze o le corse nei labirinti.
Spirali e labirinti sono simboli antichissimi, che si vedono incisi e scolpiti in
molti monumenti sepolcrali preistorici. La famosa triplice spirale di Newgrange
potrebbe simboleggiare la natura ciclica di morte e rinascita. Molte usanze più
tarde, espresse dai labirinti tagliati nel prato o costruiti con siepi possono avere
avuto un significato di fertilità, ove le danze rituali attraverso i labirinti stavano
a indicare la rinascita della vita a primavera. La stessa danza intorno al palo di
maggio ha un andamento a spirale.
Il periodo del primo maggio era un momento sacro anche in altre tradizioni
pagane europee. Nell’antica Roma il 1” maggio era la festa di Flora, protettrice
delle piante in fiore. Le sue feste impudiche e gioiose come quelle di Beltane,
comprendevano cacce ineruente ad animali mansueti, offerti in premio alle
cortigiane vincitrici di scherzose gare di corse e combattimenti. Durante i
Floralia ci si vestiva con abiti multicolori ad imitazione dei fiori. La notte del
primo maggio era sacra a Bona Dea, ai cui misteri non erano ammessi gli
uomini, mentre il giorno dopo si celebrava Maia, sposa di Vulcano che dava il
nome al mese. Bona Dea era forse Fauna, signora delle selve probabilmente
collegata ad Angitia, dea dei Marsi, e come questa patrona dei serpenti. Il
serpente, occorre ricordare, è un altro simbolo della vita che si rinnova e
rappresenta anche il potere fecondante del Dio (l’esclusione degli uomini
significava forse questo: l’unica energia maschile ammessa era quella del Dio e
nessun mortale poteva soppiantarla).Così da un capo all’altro d’Europa e per
tutta l’antichità eil Medio Evo, un simbolismo comune dominava questo
periodo dell’anno: giochi e feste che celebrano il ritorno della primavera e della
fertilità.Pianta sacra di Beltane è il biancospino, la cui fioritura rappresentava
per i Celti l’inizio della festa. E’ pianta della Dea, come la quercia è l’albero del
Dio. Si dice infatti che il suo profumo ricordi quello della sessualità femminile.
Inoltre è anche una pianta legata all’Altro Mondo, associata alle fate. Piante di
biancospino che crescono solitarie su una collina o vicino ad una sorgente sono
ritenute segnali del regno delle fate. Gli esseri fatati abitano nelle piante di
biancospino. Il tabù sulla raccolta di questa pianta viene sospeso a Beltane,
quando può essere raccolto per la festa o per essere portato in casa
(analogamente al tabù sulla caccia alla lepre in primavera). Così la rugiada
raccolta dai rami di biancospino è a Beltane benefica e indicata per le ragazze
che vogliano conservare la loro bellezza.
CELEBRARE BELTANE
Beltane è un momento in cui le energie della luce e della vita si manifestano
nel loro aspetto piò gioioso e trionfale.Questo è un tempo in cui celebriamo il
ritorno dell’estate e della fertilità, periodo di scampagnate e feste all’aperto. E’
un periodo dell’anno in cui di solito ci sentiamo fisicamente bene, in cui i nostri
bioritmi si sono adattati alle accresciute ore di luce e ci siamo lasciati alle
spalle i momenti critici della fine dell’inverno e dell’inizio della primavera.Quindi
è il momento adatto per operare, per condurre a realizzazione le cose che ci
siamo prefissati di compiere. Anche psicologicamente i nostri pensieri si
volgono all’esterno, per fare e operare. Questa estroversione stagionale fa’ sì
che questa sia un’epoca propizia ai nuovi amori e alle nuove amicizie, come
anche al rafforzamento delle relazioni già esistenti.E’ il momento di passare più
tempo con gli altri. E’ anche tempo di stimolare la nostra creatività e la nostra
fertilità interiore.Possiamo celebrare questa festa in vari modi. Seguendo le
tradizioni possiamo piantare un palo di maggio in un prato e danzare con i
nostri amici. Oppure possiamo mettere ghirlande di fiori attorno ad un albero.
Un’altra tradizionale attività di Beltane è attaccare nastri rossi (colore della
passione) a cespugli di biancospino per propiziare amore, fortuna o
guarigione.Si possono accendere due piccoli fuochi e passare in mezzo ad essi
per purificarci, sentendo la loro energia riempire i nostri corpi quando
attraversiamo il loro spazio.
Se vogliamo si può celebrare questa data in un modo più rituale. La vigilia
del primo maggio accendiamo un piccolo fuoco all’aperto o (se desideriamo
restare in casa o non abbiamo la possibilità di trovare uno spazio adatto) una
candela rossa dicendo: “Signore del Bosco porta i tuoi doni di fecondità perché
la terra si desti dal suo sonno”. Poi si accende un secondo fuoco a sinistra del
primo (o una candela color verde) dicendo: “Bella Signora della Terra, gioisci.
Il Grande Cervo viene a cercare la sua sposa perché l’estate è arrivata”. Poi
passiamo in mezzo ai due fuochi per tre volte, salutando l’estate che è arrivata
e gridando “Bel!”. Si medita per un attimo sui misteri della fertilità, con riferimento
sia al fiorire della Natura, sia alla nostra fertilità interiore. Possiamo
infine consumare ritualmente vino e dolci (lasciandone sempre una parte per la
Madre Terra e le sue creature). Questo è un rituale che sarebbe preferibile
celebrare con altre persone o ancor meglio, col proprio partner. In quest’ultimo
caso il rito può terminare nel modo in cui terminavano i festeggiamenti intorno
ai fuochi di Beltane o al palo di Maggio: con un bel “matrimonio” silvestre nel
nome di Robin Hood e di Lady Marian (non è necessario procreare un “figlio di
maggio”!! !)...

(Feste Pagane Di Roberto fattore)