21 Gennaio - Giorno del Sorbo. Questo post fa parte del Calendario Festività Pagane Il 21 Gennaio è dedicato al Sorbo, pianta rinomata per i suoi molteplici usi magici. Il sorbo era un albero sacro per le popolazioni celtiche che lo piantavano ovunque per proteggere le case e lo ritenevano una manifestazione terrena dell’altro mondo. Con i suoi rami si decoravano le abitazioni e si sbatteva la panna del latte. Lo si riteneva in grado di scacciare le streghe e di proteggere dai loro malefici. I marinai attaccavano dei blocchi del suo legno sulla chiglia della nave perché li difendesse dalla furia delle tempeste marine. Nell’alfabeto Ogham il sorbo è simbolo di rinascita e protezione contro la negatività. Aiuta contro gli attacchi magici e la negatività, l’invidia e la gelosia e protegge anche dalla paura. E’ utile per ricavare discernimento ed ispirazione per le nostre azioni. L’animale totemico a lui collegato è il MERLO, la divinità BRIDE, la pietra il CRISOLITO GIALLO. Proprietà terapeutiche: Il sorbo ha proprietà diuretiche, astringenti, antinfiammatorie e lenitive. I suoi frutti, la cui maturazione viene completata sotto la paglia, sono perfettamente commestibili. Con le sorbe si possono fare ottime marmellate e, previa fermentazione, anche bevande alcoliche. Con la polpa dei frutti maturi si possono fare ottime maschere detergenti, tonificanti e riacidificanti per pelli precocemente invecchiate, astringenti e lenitive sulle pelli irritabili. Le foglie e la corteccia del sorbo, per le loro proprietà astringenti, vengono impiegate anche nella concia delle pelli. Curiosità Etimologicamente parlando, Sorbus è il nome dato dagli antichi Romani per indicare questa pianta, probabilmente deriva dal verbo sorbeo “bere”, riferito al fatto che i frutti, se consumati, arrestano i flussi dell'intestino (proprietà astringenti). Diversa è invece l'origine del nome anglosassone rowan: esso deriva dall'antico norreno raun, probabilmente derivato dal protogermanico raudnian “arrossare”, riferito al fogliame del sorbo che in autunno assume, nei climi freddi, una tonalità rosso acceso. Presso le popolazioni celtiche, l'albero veniva chiamato luis (si pronuncia “lweesh”), diventato successivamente luisliu “piacevole alla vista”; nel moderno irlandese viene chiamato caorthann (si pronuncia cöràn) oppure rudha-an “colui che è rosso (red-one)” e si pronuncia come la parola inglese rowan, il nome anglosassone del sorbo. Tra i nomi volgari inglesi troviamo in particolare witchbane e witch-wood, in riferimento alle numerose proprietà magiche del sorbo: la tradizione cristiana infatti riferisce che il legno vivo di sorbo abbia il potere di allontanare le streghe, i malefici e gli spiriti maligni. Il sorbo è detto “degli uccellatori” perché le bacche sono molto appetibili dagli uccelli (così come tutte le bacche di colore rosso, come le amarene), che se ne cibano eliminando poi il seme indigeribile e agevolando la disseminazione. In Francia e in Piemonte fino al XVIII secolo i frutti venivano incorporati sotto forma di farina all'impasto del pane, per questo in certe regioni del nord Italia le sorbe vengono chiamate “farinacce”. Il sorbo è uno degli alberi sacri ai Celti e, secondo il calendario arboreo, dava il nome al mese compreso tra la terza decade di gennaio e la metà di febbraio, periodo in cui cade la festa di Imbolc. Siccome Imbolc è la festa dedicata alla dea Brighid, non sarebbe infondato considerare il sorbo consacrato a questa divinità. Sia i Celti che i Germani consideravano il suo frutto, al pari della mela, nutrimento degli dei e amuleto contro i fulmini e i sortilegi: appenderne un ramo fruttifero sull'uscio di casa ne assicurava la protezione. Ricavata dal sorbo era anche la “mano di strega”, una sorta di bacchetta da rabdomante per trovare i metalli preziosi. Pare che i druidi, prima di una battaglia, accendessero fuochi con il legno di sorbo e pregavano chiedendo agli spiriti di partecipare alla battaglia. Nei paesi nordici il sorbo, oltre ad essere usato per fabbricare i bastoni dei pastori, serviva anche per proteggere il bestiame dalle epidemie. Sacro a Brighid, divinità del fuoco e protettrice dei bardi e dei fabbri (il “fuoco” dell'ispirazione e delle fucine), il sorbo ne acquista i poteri: i bardi si sedevano con la schiena appoggiata al tronco per ascoltare il sussurro dell'ispirazione divina; infuso della fiamma che illumina, il sorbo è il simbolo del risveglio dei sensi e della rigenerazione che segue la morte. I druidi si sedevano su pelli bovine cosparse da rametti di sorbo per “illuminare” il futuro e favorire la divinazione. Ancora oggi in Irlanda è sopravvissuto un detto che, riferendosi al passeggiare sopra ai rami del sorbo, dice “camminare sui rametti della conoscenza”. Usi Magici: Il sorbo è uno dei 9 legni sacri che si bruciano tradizionalmente durante i quattro sabba maggiori. Bacche e foglie essiccate possono essere bruciate come incenso per favorire la divinazione, mentre i rami, legati a forma di croce a braccia uguali, si usano come amuleto per proteggere l'abitazione e i suoi abitanti. Bruciatene un po' quando cercate chiarezza. Fonte: http://antrodellamagia.forumfree.it www.thereef.it www.celticworld.it/ |
mercoledì 1 gennaio 2014
21 Gennaio - Giorno del Sorbo
17 Gennaio Festa di Odino
17 Gennaio Festa di Odino
Questo post fa parte del Calendario Festività Pagane
Il 17 Gennaio si celebra la festa in onore del dio Norreno Odino.
Il nome Odino viene dalla radice che sta per “furore, ebbrezza, ispirazione poetica”.
Anche nel mondo greco queste parole sono legate, ed hanno connotazione sacra: è ciò che accomuna le Baccanti, la Pizia, i nympholeptoi (i "rapiti dalle ninfe"), i poeti e i bardi, gli innamorati ("che hanno dentro Amore") ed i guerrieri. Ed una particolarità di Odino è proprio quella di riunire un gran numero di funzioni ed attributi, è un poeta, un guerriero, un mago e molto altro ancora.
Odino dimora ad Ásgarðr, nel palazzo di Válaskjálf innalzato da lui stesso, dove, seduto sul trono Hliðskjálf, osserva ciò che accade in ciascuno dei Nove Mondi. In battaglia brandisce Gungnir, la sua lancia, e cavalca Sleipnir, il suo destriero a otto zampe, nato da una portentosa unione tra il dio Loki (momentaneamente trasformato in giumenta) e il cavallo Svaðilfœri.
I suoi figli più noti: da Jord ("Terra") ebbe Thor, il dio che porta il martello e accorre sempre a salvare gli Dei dai giganti; da Frigg ebbe invece Baldr, il luminoso e splendido Dio ucciso a tradimento da Loki (su di lui magari aprirò un post apposito perché la storia che lo riguarda è molto interessante). Da un'altra amante ebbe Tyr "divinità" che perse la sua mano coraggiosamente per riuscire ad imprigionare il lupo Fenrir ce al Crepuscolo degli Dei porterà la distruzione nel mondo, ed in fine Vidarr, l'Ase più forte dopo Thorr, che riuscirà a uccidere Fenrir dopo la morte di Odino stesso.
Il suo cavallo è Sleipnir ed ha otto zampe che lo rendono velocissimo. Ha due lupi Freki e Geri, "avido" e il "divoratore" "he nutre col cibo che sta sul suo tavolo. Si dice infatti che Óðinn non abbia alcun bisogno di nutrimento: il vino è per lui tanto cibo che bevanda." (da Bifrost). Ha anche due corvi: "Huginn e Muninn, il «pensiero» e la «memoria». Durante il giorno Óðinn li fa volare per il mondo; all'ora del pasto essi tornano e gli riferiscono ciò che hanno saputo, e Óðinn comprende ogni cosa. Per questo gli uomini lo chiamano anche Hrafnaguð «dio dei corvi»." (da Bifrost)
Culto di Odino
Secondo il racconto della Saga degli Ynglingar, Ásgarðr era luogo di sacrifici solenni cui presiedevano dodici sacerdoti (detti díar o drótnar) che erano al contempo i capi preminenti cui spettavano le decisioni e i giudizi. Essi sarebbero poi stati divinizzati dai loro sudditi. Nel caso di Odino si dice che, sentendosi prossimo a morire, lasciò la Svezia affermando che sarebbe tornato nella sua antica patria, chiamata Goðheimr ("paese degli dèi"), e i suoi seguaci credettero che allora egli fosse tornato ad Ásgarðr per vivere in eterno.
La saggezza Odino
Essendo il più antico degli dèi e il creatore del mondo e di tutte le cose, Odino è il signore della sapienza, conoscitore delle cose antiche e profonde. Egli ha imparato per primo tutte le arti e in seguito gli uomini le hanno apprese da lui. Tra i molti epiteti di Odino, parecchi si riferiscono alla sua immensa sapienza: Fjölnir e Fjölnsviðr ("assai sapiente"), Sanngetall ("che intuisce il vero"), Saðr o Sannr ("che dice il vero"), Forni ("antico") e Fornölvir ("antico sacerdote"), cioè conoscitore di tutte le cose dal principio.
La sapienza di Odino è conoscenza, magia e poesia al tempo stesso. Egli non solo conosce i misteri dei Nove Mondi e l'ordine delle loro stirpi, ma anche il destino degli uomini e il fato stesso dell'universo.
Odino ama disputare con creature antiche e sapienti. Sotto le mentite spoglie di Gágnraðr ("stanco del cammino") si giocò la vita sfidando a una gara di sapienza il possente gigante Vafþrúðnir, la cui erudizione era rinomata in tutti i Nove Mondi, e dopo una serie di domande sul passato, il presente e il futuro del mondo, a cui il gigante rispose prontamente, Gágnraðr domandò allora che cosa avesse sussurrato il dio Odino a Baldr prima che questi fosse posto sulla pira. Vafþrúðnir a questo punto lo riconobbe, ma aveva ormai perso la gara.
Un'altra volta, dicendo di chiamarsi Gestumblindi ("l'ospite cieco"), il dio sfidò un re di nome Heiðrekr ad una gara di indovinelli. Dopo una serie di quesiti a cui il re rispose senza difficoltà, Odino gli pose la medesima domanda che già aveva posto a Vafþrúðnir. A quella domanda il re cercò di ucciderlo, ma il dio gli sfuggì trasformandosi in falco.
Odino osserva il corpo decapitato di Mímir. Illustrazione per il carme Sigrdrífomál nell'edizione svedese dell'Edda poetica curata da Fredrik Sander.
Odino tiene accanto a sé la testa recisa[3] di Mímir, fonte inesauribile di conoscenza che gli rivela molte notizie dagli altri mondi (Völuspá 45). In un'altra versione (Völuspá 28) dello stesso motivo mitologico, Odino si cava un occhio e lo offre in pegno a Mímir per attingere un sorso di idromele da Mímisbrunnr, la fonte della saggezza che il gigante custodisce. L'occhio di Odino rimane, quindi, nella fontana dalla quale lo stesso Mímir ne beve ogni giorno l'idromele.[4] Da quella mutilazione derivano gli epiteti di Bileygr ("guercio") e Báleygr ("occhio fiammeggiante").
Incantesimo - Dagaz, un portale con Asgard e Alfheim.
Per tutte le Streghe amanti del folklore nordico e delle rune proponiamo un rituale per aprire lo spirito al mondo della Luce e ai suoi poteri. Questo rituale può essere eseguito sia in casa che all’ aria aperta (quest’ ultima più indicata), ma sempre e solo nelle ore dell’ alba o del tramonto.
L’ aurora e il crepuscolo sono per tradizione i momenti magici in cui il regno umano e quello spiritule si incontrano, rendendo possibile la comunicazione tra entrambe. Questo è il momento in cui siamo circondati dalla massima luce e ne riceviamo i benefici influssi: sono presenti alcune stelle, la luna e il sole; quindi da questi potrete calcolare facilmente il giorno migliore per operare.
Quello che si verifica in quei momenti sulla terra è un momento che puo fungere da portale prorpio per il luminoso regno di Asgard e Alfheim, rispettivamente il regno degli dei e degli elfi luminosi. Per aprire questo portale ci avveliamo della runa Dagaz, la runa della luce, il cui grafico esprime il concetto sopra esposto. Questa runa è stata una protagonista importante nella magia medioevale come runa di potenza, rigenerazione e guarigione.
Dopo esservi purificati ritualmente con un bagno, recatevi nel luogo dove eseguirete il rituale. Qui accenderete dei fuochi, meglio se posizionati nelle quattro direzioni. Il fuoco è un importante elemento, simbolo ri trasformazione, forza e purificazione. Il fuoco fuga le ostilità ed alimenta lo spirito, è l’ elemeno sacro dei druidi.
Nel centro dell’ area verrà posta la pietra runica, o potrete in alternativa tracciarla sul terreno. Dopo aver liberato la mente tracciate la runa Dagaz usando la punta carbonizzata di un rametto in modo da traferire il potere del fuoco e della luce nella pietra, per attivare l e energie di Dagaz. Invocate Dagaz, la luce. Prestate attenzione, l’ evocazione del potere di Dagaz deve avvenire nel momento dell ‘aurora o del crepuscolo non oltre ne troppo presto.
Durante l evocazione liberate la mente e osservate la runa pronunciandone il nome come un mantra e chiedete di aprire il portale con Asgard o Alfheim e con l’ entità o il potere che da questi mondi vorrete chiamare a voi.
Ricordate che questa è una procedura base su cui potrete articolare un rituale personalizzato.
Fonte:
http://antrodellamagia.forumfree.it/
http://anticastregoneria.wordpress.com
Wikipedia - Odino
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Il 17 Gennaio si celebra la festa in onore del dio Norreno Odino.
Il nome Odino viene dalla radice che sta per “furore, ebbrezza, ispirazione poetica”.
Anche nel mondo greco queste parole sono legate, ed hanno connotazione sacra: è ciò che accomuna le Baccanti, la Pizia, i nympholeptoi (i "rapiti dalle ninfe"), i poeti e i bardi, gli innamorati ("che hanno dentro Amore") ed i guerrieri. Ed una particolarità di Odino è proprio quella di riunire un gran numero di funzioni ed attributi, è un poeta, un guerriero, un mago e molto altro ancora.
Odino dimora ad Ásgarðr, nel palazzo di Válaskjálf innalzato da lui stesso, dove, seduto sul trono Hliðskjálf, osserva ciò che accade in ciascuno dei Nove Mondi. In battaglia brandisce Gungnir, la sua lancia, e cavalca Sleipnir, il suo destriero a otto zampe, nato da una portentosa unione tra il dio Loki (momentaneamente trasformato in giumenta) e il cavallo Svaðilfœri.
I suoi figli più noti: da Jord ("Terra") ebbe Thor, il dio che porta il martello e accorre sempre a salvare gli Dei dai giganti; da Frigg ebbe invece Baldr, il luminoso e splendido Dio ucciso a tradimento da Loki (su di lui magari aprirò un post apposito perché la storia che lo riguarda è molto interessante). Da un'altra amante ebbe Tyr "divinità" che perse la sua mano coraggiosamente per riuscire ad imprigionare il lupo Fenrir ce al Crepuscolo degli Dei porterà la distruzione nel mondo, ed in fine Vidarr, l'Ase più forte dopo Thorr, che riuscirà a uccidere Fenrir dopo la morte di Odino stesso.
Il suo cavallo è Sleipnir ed ha otto zampe che lo rendono velocissimo. Ha due lupi Freki e Geri, "avido" e il "divoratore" "he nutre col cibo che sta sul suo tavolo. Si dice infatti che Óðinn non abbia alcun bisogno di nutrimento: il vino è per lui tanto cibo che bevanda." (da Bifrost). Ha anche due corvi: "Huginn e Muninn, il «pensiero» e la «memoria». Durante il giorno Óðinn li fa volare per il mondo; all'ora del pasto essi tornano e gli riferiscono ciò che hanno saputo, e Óðinn comprende ogni cosa. Per questo gli uomini lo chiamano anche Hrafnaguð «dio dei corvi»." (da Bifrost)
Culto di Odino
Secondo il racconto della Saga degli Ynglingar, Ásgarðr era luogo di sacrifici solenni cui presiedevano dodici sacerdoti (detti díar o drótnar) che erano al contempo i capi preminenti cui spettavano le decisioni e i giudizi. Essi sarebbero poi stati divinizzati dai loro sudditi. Nel caso di Odino si dice che, sentendosi prossimo a morire, lasciò la Svezia affermando che sarebbe tornato nella sua antica patria, chiamata Goðheimr ("paese degli dèi"), e i suoi seguaci credettero che allora egli fosse tornato ad Ásgarðr per vivere in eterno.
La saggezza Odino
citazione
La sapienza di Odino è conoscenza, magia e poesia al tempo stesso. Egli non solo conosce i misteri dei Nove Mondi e l'ordine delle loro stirpi, ma anche il destino degli uomini e il fato stesso dell'universo.
Odino ama disputare con creature antiche e sapienti. Sotto le mentite spoglie di Gágnraðr ("stanco del cammino") si giocò la vita sfidando a una gara di sapienza il possente gigante Vafþrúðnir, la cui erudizione era rinomata in tutti i Nove Mondi, e dopo una serie di domande sul passato, il presente e il futuro del mondo, a cui il gigante rispose prontamente, Gágnraðr domandò allora che cosa avesse sussurrato il dio Odino a Baldr prima che questi fosse posto sulla pira. Vafþrúðnir a questo punto lo riconobbe, ma aveva ormai perso la gara.
Un'altra volta, dicendo di chiamarsi Gestumblindi ("l'ospite cieco"), il dio sfidò un re di nome Heiðrekr ad una gara di indovinelli. Dopo una serie di quesiti a cui il re rispose senza difficoltà, Odino gli pose la medesima domanda che già aveva posto a Vafþrúðnir. A quella domanda il re cercò di ucciderlo, ma il dio gli sfuggì trasformandosi in falco.
Odino osserva il corpo decapitato di Mímir. Illustrazione per il carme Sigrdrífomál nell'edizione svedese dell'Edda poetica curata da Fredrik Sander.
Odino tiene accanto a sé la testa recisa[3] di Mímir, fonte inesauribile di conoscenza che gli rivela molte notizie dagli altri mondi (Völuspá 45). In un'altra versione (Völuspá 28) dello stesso motivo mitologico, Odino si cava un occhio e lo offre in pegno a Mímir per attingere un sorso di idromele da Mímisbrunnr, la fonte della saggezza che il gigante custodisce. L'occhio di Odino rimane, quindi, nella fontana dalla quale lo stesso Mímir ne beve ogni giorno l'idromele.[4] Da quella mutilazione derivano gli epiteti di Bileygr ("guercio") e Báleygr ("occhio fiammeggiante").
Incantesimo - Dagaz, un portale con Asgard e Alfheim.
Per tutte le Streghe amanti del folklore nordico e delle rune proponiamo un rituale per aprire lo spirito al mondo della Luce e ai suoi poteri. Questo rituale può essere eseguito sia in casa che all’ aria aperta (quest’ ultima più indicata), ma sempre e solo nelle ore dell’ alba o del tramonto.
L’ aurora e il crepuscolo sono per tradizione i momenti magici in cui il regno umano e quello spiritule si incontrano, rendendo possibile la comunicazione tra entrambe. Questo è il momento in cui siamo circondati dalla massima luce e ne riceviamo i benefici influssi: sono presenti alcune stelle, la luna e il sole; quindi da questi potrete calcolare facilmente il giorno migliore per operare.
Quello che si verifica in quei momenti sulla terra è un momento che puo fungere da portale prorpio per il luminoso regno di Asgard e Alfheim, rispettivamente il regno degli dei e degli elfi luminosi. Per aprire questo portale ci avveliamo della runa Dagaz, la runa della luce, il cui grafico esprime il concetto sopra esposto. Questa runa è stata una protagonista importante nella magia medioevale come runa di potenza, rigenerazione e guarigione.
Dopo esservi purificati ritualmente con un bagno, recatevi nel luogo dove eseguirete il rituale. Qui accenderete dei fuochi, meglio se posizionati nelle quattro direzioni. Il fuoco è un importante elemento, simbolo ri trasformazione, forza e purificazione. Il fuoco fuga le ostilità ed alimenta lo spirito, è l’ elemeno sacro dei druidi.
Nel centro dell’ area verrà posta la pietra runica, o potrete in alternativa tracciarla sul terreno. Dopo aver liberato la mente tracciate la runa Dagaz usando la punta carbonizzata di un rametto in modo da traferire il potere del fuoco e della luce nella pietra, per attivare l e energie di Dagaz. Invocate Dagaz, la luce. Prestate attenzione, l’ evocazione del potere di Dagaz deve avvenire nel momento dell ‘aurora o del crepuscolo non oltre ne troppo presto.
Durante l evocazione liberate la mente e osservate la runa pronunciandone il nome come un mantra e chiedete di aprire il portale con Asgard o Alfheim e con l’ entità o il potere che da questi mondi vorrete chiamare a voi.
Ricordate che questa è una procedura base su cui potrete articolare un rituale personalizzato.
citazione
Divinità ed Entità: Odino, Freyr, Freya, Heimdall, Elfi Bianchi
Pietre: ambra, cristallo
Pietre: ambra, cristallo
Fonte:
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9 Gennaio Festa di Selene
9 Gennaio Festa di Selene Questo post fa parte del Calendario Festività Pagane Per il calendario pagano, il 9 di Gennaio ricorre la festa di Selene, Dea della Luna. Selene rappresenta nella triplice Dea la Luna Piena e viene generalmente rappresentata come una bellissima donna, vestita di colori candidi (bianco e argento) e con in fronte la falce di luna. Selene è venerata anche per la fecondità, poichè, rappresentando la Luna Piena, essa rappresenta il periodo di maturazione, di pienezza, di fertilità. Selene è la personificazione della Luna piena, insieme ad Artemide (la Luna crescente), alla quale è a volte assimilata, ed ad Ecate (la Luna nuova). La dea viene generalmente descritta come una bella donna con il viso pallido, che indossa lunghe vesti fluide bianche od argentate e che reca sulla testa una luna crescente ed in mano una torcia. Molte rappresentazioni la raffigurano su un carro trainato da buoi o su una biga tirata da cavalli, che insegue quella solare. Le si attribuì una relazione con Zeus, dal quale ebbe Pandia ed Erse (la rugiada)ed un'altra con Pan, che per sedurla si travestì con un vello di pecora bianca e Selene vi salì sopra. Selene, Pergamonmuseum, Berlino Un altro mito che la riguarda è quello dell'amore per Endimione, re dell'Elide. Selene si innamorò del bellissimo giovane ed ogni notte lo andava a trovare mentre dormiva in una grotta del monte Latmo, in Asia Minore. Pur di poterlo andare a trovare ogni notte, Selene gli diede un sonno eterno e dalla relazione nacquero cinquanta figlie. Nella mitologia romana fu associata a Luna; il tempio della Luna si trovava a Roma sull'Aventino. Selene, in questa storia romanticissima e un po' triste, un giorno vide in una grotta un giovane addormentato, Endimione,e se ne innamorò perdutamente.Ne nacque un grande amore, che diede la luce a ben cinquanta figlie; ma Selene non sopportava l'idea che un giorno il suo amante potesse morire, e lo fece sprofondare in un sonno eterno per poi andare a trovarlo ogni notte. Endimione dormiva con gli occhi aperti, per poter vedere l'apparizione della sua donna. Altre versioni meno romantiche della storia sostengono che Endimione avesse chiesto a Zeus di dormire per non perdere la sua giovanile bellezza, o addirittura per evitare che Selene rischiasse un'ulteriore gravidanza! Selene comunque non perde il suo fascino di personificazione della Luna, che regala un po' di luce alla notte e un po' di sogno alla realtà. Inno a Selene Ascolta o fulgente regina immortale, divina Selene Luna dalle corna taurine, errabonda pellegrina del cielo Verginea Dea che porti la falce e rischiari la notte Che cresci e decresci e sei femmina e maschio O luminosa che ami i cavalli e sei madre del tempo ed i frutti ci arrechi O pallido volto che nella notte risplendi E tutto vedi ed ami le veglie e di begli astri ti attorni Amando la pace e la notte che è senza dolore O graziosa lampada fulgente, benefica, o gemma della notte Delle stelle regina, saggia fanciulla Vieni lieta e splendente con la tua chiarezza Ed i supplici giovani aiuta, o vergine beata Crediti: http://antrodellamagia.forumfree.it http://fayewicca.blogspot.com Eveyne Facebook |
6 Gennaio Festa di Pertcha
6 Gennaio Festa di Pertcha
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Il 6 Gennaio si festeggia la festa di Pertcha.
Perchta, Berchta o Berta in area germanica era il corrispettivo femminile del dio celtico Cernunnos. Era la dea che vegliava sulla natura e sugli animali. Infatti era anche chiamata Signora delle bestie.
La sua figura era molto simile a quella della dea Holda, venerata principalmente nella Germania del Nord. Entrambe le divinità si mostravano agli uomini nei giorni tra il Natale e l’Epifania, quando l’oscurità sembrava prevalere sulla luce e il confine col mondo degli spiriti si assottiglia. La sua figura è spesso associata alla Dea Holla di cui si festeggia la festa proprio il 6 Gennaio.
In quel periodo, nella profondità dei boschi, i cacciatori si potevano imbattere nel suo corteo, costituito da animali selvaggi, elfi e anime. Per quanto la leggenda di Perchta-Holda sia tipicamente nordica, essa era conosciuta anche in area mediterranea. Basti pensare alla novella Nastagio degli Onesti del Decamerone di Boccaccio e al canto dantesco di Pier delle Vigne. In effetti il mito presenta analogie con la figura di Diana-Artemide. Forse anche l’antico adagio quando Berta filava… ha legami con la leggenda di Perchta, che proteggeva le donne che filavano la lana.
Ancora negli anni Trenta, in Germania era viva l’usanza di confezionare nel periodo natalizio dei pani a forma di treccia, che i bambini lasciavano nei boschi per ingraziarsi la dea.
Perchta significa splendente: per questo a volte è rappresentata bella e bianca come la neve.
Sembra che il suo culto fosse legato alla rigenerazione della natura e al ritorno della luce, infatti è proprio tra Natale e l’Epifania che la durata del giorno riprende a crescere.
Tuttavia non mancano racconti che la dipingono vecchia e brutta, tanto che in alcune parti dell’arco alpino è assimilata alla Befana. Alcuni hanno voluto vedere in questa tradizione l’influsso del Cristianesimo, che mirava a screditare gli antichi culti pagani.
Curiosità su Pertcha
Un’antica Dea Madre sopravvissuta nella moderna Germania, Svizzera e Austria sotto il nome di donna cervo.
Essa ha fama di render fertili i campi e favorire la nascita di vitelli forti.
Si dice che la si può talvolta vedere mentre aleggia sui campi per nutrirli, con il suo mantello bianco che assomiglia a una nebbiolina diffusa.
Naturalmente c’è anche la faccia negativa della medaglia: la Dea non sopporta la pigrizia, ispeziona con cura conocchie e arcolai, cercando i pezzetti di lana sciupati; se ne trova, graffia la tessitrice colpevole oppure ancor peggio, le apre la pancia e la imbottisce con gli avanzi di lana.
Essa stessa, tuttavia, ha un aspetto piuttosto trasandato, con i lunghi capelli scarmigliati e le vesti logore. La sua faccia è rugosa come una mela ma i suoi occhi sono belli; il periodo dell’anno che preferisce è quello dei dodici giorni di Natale, che culminano nel giorno di Perchta, quando tutti mangiano le torte di farina e latte in suo onore lasciandone qualche fetta per lei; essa verrà segretamente a gustarle ma se qualcuno cercherà di spiarla o di sorprenderla mentre mangia si troverà cieco per tutto l’anno.
Fonti:
http://antrodellamagia.forumfree.it/
www.turismoruralefvg.it
www.warlandia.it/
La Vecchia Perchta
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Il 6 Gennaio si festeggia la festa di Pertcha.
Perchta, Berchta o Berta in area germanica era il corrispettivo femminile del dio celtico Cernunnos. Era la dea che vegliava sulla natura e sugli animali. Infatti era anche chiamata Signora delle bestie.
La sua figura era molto simile a quella della dea Holda, venerata principalmente nella Germania del Nord. Entrambe le divinità si mostravano agli uomini nei giorni tra il Natale e l’Epifania, quando l’oscurità sembrava prevalere sulla luce e il confine col mondo degli spiriti si assottiglia. La sua figura è spesso associata alla Dea Holla di cui si festeggia la festa proprio il 6 Gennaio.
In quel periodo, nella profondità dei boschi, i cacciatori si potevano imbattere nel suo corteo, costituito da animali selvaggi, elfi e anime. Per quanto la leggenda di Perchta-Holda sia tipicamente nordica, essa era conosciuta anche in area mediterranea. Basti pensare alla novella Nastagio degli Onesti del Decamerone di Boccaccio e al canto dantesco di Pier delle Vigne. In effetti il mito presenta analogie con la figura di Diana-Artemide. Forse anche l’antico adagio quando Berta filava… ha legami con la leggenda di Perchta, che proteggeva le donne che filavano la lana.
Ancora negli anni Trenta, in Germania era viva l’usanza di confezionare nel periodo natalizio dei pani a forma di treccia, che i bambini lasciavano nei boschi per ingraziarsi la dea.
Perchta significa splendente: per questo a volte è rappresentata bella e bianca come la neve.
Sembra che il suo culto fosse legato alla rigenerazione della natura e al ritorno della luce, infatti è proprio tra Natale e l’Epifania che la durata del giorno riprende a crescere.
Tuttavia non mancano racconti che la dipingono vecchia e brutta, tanto che in alcune parti dell’arco alpino è assimilata alla Befana. Alcuni hanno voluto vedere in questa tradizione l’influsso del Cristianesimo, che mirava a screditare gli antichi culti pagani.
citazione
Si racconta nella Valcanale di una vecchia vestita di stracci, ricoperta di pelli di animali, con alcuni campanacci sulle spalle che appariva nella notte dell'Epifania e rapiva i bambini, oppure si faceva consegnare lardo, oppure gnocchi.
Il suo nome era Perchta. Negli antichi canti del Nord Europa si narrava tanto tempo fa di un'altra dea o regina Bertha, che custodiva i bambini ed a questo riguardo era nota la storia di una mamma, a cui era morto il proprio bambino e sempre piangeva e si disperava.
Passavano i giorni, i mesi e lei non riusciva a darsi pace, finché venne la notte dell'Epifania e la mamma si sentì chiamare fuori dall'uscio.
Con grande stupore vide una bellissima signora che precedeva un lungo corteo di bambini festanti.
Molto indietro però restava un bimbo, che seguiva arrancando e trasportando un grande otre pieno d'acqua. Quando la povera figurina zuppa fu vicina, mamma e bimbo si riconobbero ed il figlio disse "Mamma, non piangere più, non riesco a portare tutte queste lacrime, io sto bene qui".
Da quel giorno la mamma più non pianse ed attese tutte le notti d'Epifania per spiare dall'uscio il passaggio della Pertha e del suo bambino.
Passavano i giorni, i mesi e lei non riusciva a darsi pace, finché venne la notte dell'Epifania e la mamma si sentì chiamare fuori dall'uscio.
Con grande stupore vide una bellissima signora che precedeva un lungo corteo di bambini festanti.
Molto indietro però restava un bimbo, che seguiva arrancando e trasportando un grande otre pieno d'acqua. Quando la povera figurina zuppa fu vicina, mamma e bimbo si riconobbero ed il figlio disse "Mamma, non piangere più, non riesco a portare tutte queste lacrime, io sto bene qui".
Da quel giorno la mamma più non pianse ed attese tutte le notti d'Epifania per spiare dall'uscio il passaggio della Pertha e del suo bambino.
Curiosità su Pertcha
Un’antica Dea Madre sopravvissuta nella moderna Germania, Svizzera e Austria sotto il nome di donna cervo.
Essa ha fama di render fertili i campi e favorire la nascita di vitelli forti.
Si dice che la si può talvolta vedere mentre aleggia sui campi per nutrirli, con il suo mantello bianco che assomiglia a una nebbiolina diffusa.
Naturalmente c’è anche la faccia negativa della medaglia: la Dea non sopporta la pigrizia, ispeziona con cura conocchie e arcolai, cercando i pezzetti di lana sciupati; se ne trova, graffia la tessitrice colpevole oppure ancor peggio, le apre la pancia e la imbottisce con gli avanzi di lana.
Essa stessa, tuttavia, ha un aspetto piuttosto trasandato, con i lunghi capelli scarmigliati e le vesti logore. La sua faccia è rugosa come una mela ma i suoi occhi sono belli; il periodo dell’anno che preferisce è quello dei dodici giorni di Natale, che culminano nel giorno di Perchta, quando tutti mangiano le torte di farina e latte in suo onore lasciandone qualche fetta per lei; essa verrà segretamente a gustarle ma se qualcuno cercherà di spiarla o di sorprenderla mentre mangia si troverà cieco per tutto l’anno.
Fonti:
http://antrodellamagia.forumfree.it/
www.turismoruralefvg.it
www.warlandia.it/
La Vecchia Perchta
6 Gennaio Festa di Holla
6 Gennaio Festa di HollaQuesto post fa parte del Calendario Festività Pagane.Il 6 Gennaio si festeggia la festa della Dea nordina Holla. Dea benefica della Germania centrale. Con l'avvento del Cristianesimo decade a strega facente parte dell'Esercito selvaggio. Sulla terra nevica quando Holla sprimaccia il suo letto. Nel folklore germanico pre-cristiano Hulda, Holda, Holle e Holla denotavano tutti la stessa dea, che governa il tempo atmosferico: il sole, la neve e la pioggia. Holle è anche legata alla figura germanica di Perchta, che dimora in fondo a un pozzo e conduce un carro e che insegnava l'arte di tessere la tela dal lino. Holle è la dea a cui giungono i bambini che muoiono da piccoli ed è conosciuta sia come "la nonna oscura" sia come "la signora bianca". Il suo legame con il mondo degli spiriti attraverso la magia di filare e tessere la associa alla stregoneria nel folklore germanico cattolico. Inoltre, tra il 23 dicembre e il 5 gennaio, durante le cosiddette "dodici notti", periodo in cui doveva cessare ogni faccenda domestica, la dea Perchta ritornava in superficie dal sottosuolo per verificare chi durante l'anno si era dimostrato lavoratore e chi si era rivelato fannullone. Questa è la ragione per cui, oggi, la si mette in parallelo con la divinità Nerthus. Duntante le Notti della Madre (le dodici notti), l’ordine naturale delle cose è inverso, tradizionalmente Wodan, inizia la Caccia Selvaggia, ma alcune tradizioni dicono sia Holle ad iniziarla. Attualmente le dodici notti dopo Yule sono quelle più favorevoli per la pratica della stregoneria. Poichè le energie dagli altri Mondi arrivano in questo molto più facilmente. Attraverso le fiabe e i racconti popolari, possiamo vedere come la sua immagine sia estremamente legata al Fato e al concetto di “metà bianca e metà nera”. Ella possiede le nostre vite fra le mani e lei che ne determina il corso, può donarci gioie o dolori, permetterci la vita e un’altra ancora o condannarci con la morte. La signora bianca e la Nonna Oscura Seocond l’Edda in prosa, la dea Hel ha un volto diviso in due, metà blu scuro e l’altra di un colore chiaro. Questo è riconoducibile all’imagine che si ha di Frau Holle. Possiamo ritrovare il suo legame con l’oltre tomba dall’etimologia del suo nome. La dea proto-indo europea Koylo, il suo nome significa “la cosa che serve per coprire”, riferito a alla copertura dei morti con la terra, specialmente si riferisce ai tumuli. La radice della parola “Kol” significa piccola valle, dale parole collina (hill), buco (hole), piccola valle (hollow), devia Hell e la dea Hel. Anche il nome di Holda deriva da “Kol”, Holle/Holda ha lo stesso significato che possiede la parola (e la dea) Hel, poiché derivano dalla stessa radice. Holle è spesso chiamata anche Signora delle Colline, appellattivo utilizzato spesso in Germania e Olanda. Holle dea della Terra
citazione
Holle, non è solo la dea del Fato e dei morti. E’ anche la dea della fertilità, della nascita (e rinascita), della primavera, dei bambini e delle stagioni. E’ anche la dea della fertilità sessuale, pregata dalla gente per ottenere una vita fertile e un buon raccolto. Si usa mettere un coperto vuoto a tavola dedicato a lei in simbolo di offerta.
Ma cosa si intende per dea della terra? Frau Holle, è comunemente associata ai bambini ed alla nascita. In Germania vi sono alcune fonti a lei sacre, e pare rendano fertili le donne che vi ci fanno il bagno. In una storia, alcuni giovani vengono mandati alla fonte della valle di Balkauser, dalla vergine, che assume molti aspetti riconducibili a Holle. Non è solo la dea che porta fertilità in senso di nascite favorevoli, è anche la Signora del Matrimonio, ciò è riconducibile alla dea Frigg. Nel suo aspetto sensuale invece, è più prossima a Freya. Alby Stone, la paragona ad Hel, certo, ma anche alle Norne. E ci fa notare come Freya ed Hel abbiano alcuni tratti in comune: Sia Freya, che Hel, sono ricoducibili ai morti, la dea dei Vani vanta della metà dei guerrieri morti in battaglia e anche lei come Hel, ha il suo reame (più precisamente una sala) dove i suoi guerrieri hanno dimora, Folkvrangar. Così come Freya è legata all’amore ed alla fertilità. In alcune storie del Medioevo Holla appare anche sotto il nome di Freke o Vreke, nome più continentale di Freya. Frau Holle è anche legata ad Hertha, dea della pace e della fertilità, conosciuta nell’Edda come Hlodyn. Più comunemente chiamata Jord, rappresentazione della terra primitiva, non popolata e non coltivata, viene descritta come moglie di Odino, madre di Thor, da questo si potrebbe spiegare una fusione/comunione con la dea Frigg. Maria Gimbustas, stostiene che sia una dea pre-germanica, che risale addirittura ad una cultura indoeuropea. Holle può vantarsi di definirsi “dea della streghe” in quanto il suo aspetto metà bianco e metà nero, le ha attribuito una fama negativa durante il medioevo, da questo accumunato poi con le “streghe”. Reincarnado così, l’archetipo primo della strega. E’ una dea che può apparire sotto molti aspetti, può essere la bella fanciulla che si bagna nel lago o la terribile vecchia che nasconde fra i suoi stracci talismani, sacchetti e ninnoli di ogni sorta. La runa legata a questa dea è Hagalaz, proprio come Freya è matrona delle volvas e delle haegetessan. La nonna oscura, o Frau holle Fonte:http://antrodellamagia.forumfree.it http://arsstrigae.wordpress.com Holla - Wikipedia |
03 Settembre / 06 gennaio Festa di Iside
03 Settembre / 06 gennaio Festa di Iside
Questo post fa parte del Calendario Festività Pagane
Il 3 Settembre si festeggia la festa di Iside, che cade anche il 6 Gennaio.
Questa festa dedicata ad una delle piu influenti Divinità Egizie ricopre una parte importante nella cultura pagana odierna.
Iside la Dea Celeste
Iside, è la dea della maternità e della fertilità nella mitologia egizia.
Divinità in origine celeste, associata alla regalità faceva parte dell'Enneade (associata alla regalità. si intende un gruppo di nove dei che stanno alla base della cosmogonia egizia. Il mito della creazione legato all'enneade narra che: in principio vi era il Nun, il caos incontrollato, elemento liquido e turbolento, il non creato. Dal Nun emerse una collinetta dalla quale nasce Atum (visto come Atum-Ra). Quest'ultimo sputando o masturbandosi diede vita a Shu (l'aria) e Tefnut (l'umido), i quali a loro volta generarono Geb (la terra) e Nut (il cielo). Il mito racconta che questi ultimi se ne stavano sempre uniti e impedivano alla vita di germogliare, così Atum ordinò al loro padre, Shu, di dividerli. Con le mani Shu spinse Nut verso l'alto facendole formare la volta celeste e con i piedi calpestò Geb tenendolo sdraiato. In questo modo l'aria separò il cielo dalla terra. Geb e Nut, a loro volta, generarono quattro figli: Osiride, Iside, Nefti e Seth).
Gli appellativi coi quali Iside viene evocata racchiudono un archetipo che non è solo quello della madre terra ma, più ampiamente, di Signora dell’universo, colei che ha il potere di governare i ritmi cosmici, il corso dei fenomeni celesti, l’alternarsi delle stagioni, che ha potere persino sul Fato e sull’influsso degli astri, sulle tempeste della Fortuna.
I simboli di Iside sono lo scettro – simbolo di autorità spirituale – e, nell’altra mano, la croce ansata, simbolo della Vita.
Il Mito di Iside
Figlia di Nut e Geb, sorella di Nefti, Seth ed Osiride, di cui fu anche sposa e dal quale ebbe Horus. Secondo il mito, raccontato da Plutarco nel suo Iside ed Osiride, con l'aiuto della sorella Nefti assemblò le parti del corpo di Osiride, riportandolo alla vita. Per questo era considerata una divinità associata alla magia ed all'oltretomba.
Iside è spesso simboleggiata da una vacca, ed è raffigurata con le corna bovine, tra le quali è racchiuso il sole. Solitamente viene raffigurata con una donna vestita, con in testa il simbolo del trono, che tiene in mano un loto, simbolo della fertilità. Il suo simbolo è il tiet, chiamato anche nodo isiaco. (Il Tiet, o nodo di Iside era un amuleto egizio, che era ritenuto assicurare protezione in vita e nel corso del viaggio verso l'aldilà nel periodo del Nuovo Regno. La sua forma era simile all'ankh, ma con le braccia rivolte verso il basso. Poiché l'amuleto era associato al sangue poteva essere realizzato in pietra rossa, come in altri casi era in oro. Il simbolo veniva usato spesso nella decorazione di tombe e nei corredi funerari. Il "nodo di Iside" è spesso raffigurato come attributo della dea nelle sue statue di epoca greco-romana. Si usavano gli angoli superiori, formando un cappio che doveva trovarsi esattamente tra i seni ed ai lati del nodo pendeva ciò che restava degli angoli usati).
Il mito pone dunque una relazione di fratellanza fra Iside, Osiride e Seth-Tifone, il dio malvagio e disgregatore, che agisce “per invidia e ignoranza”.
Tifone ordisce una congiura ai danni di Osiride, chiudendolo, con un inganno, in un sarcofago sul quale viene fatto colare del piombo fuso (possibile simbolo dell’oscuramento del principio spirituale dell’uomo e della sua pietrificazione materialistica) e viene poi abbandonato nel fiume, in direzione del mare (il simbolo dello smarrimento nelle acque è comune a molti popoli antichi, come la cesta contenente Romolo e Remo abbandonata nelle acque del fiume).
Iside, resasi conto dell’accaduto, si veste a lutto e cerca a lungo il corpo di Osiride ed il sarcofago in cui è racchiuso. Dopo varie vicissitudini ed un lungo peregrinare (simboli della difficoltà della ricerca spirituale per l’uomo), dopo aver navigato attraverso le “paludi su una zattera di papiro, la dea ritrova il corpo di Osiride smembrato da Tifone, lo ricompone e lo rianima.
I Misteri
I Misteri prevedevano un momento cultuale pubblico che si articolava in due feste che celebravano alcuni episodi del mito. La prima, il Navigium Isidis, inaugurava la navigazione in primavera; la seconda, l’Inventio di Osiride, riattualizzava il suo ritrovamento e la sua ricomposizione e si svolgeva dal 29 ottobre al 1° novembre.
Al terzo giorno di digiuni, lamentazioni funebri e pantomime (che rappresentavano la ricerca di Osiride ucciso e smembrato da Seth-Tifone ed i riti funebri praticati da Iside) seguivano la gioia dei fedeli all’annuncio che il corpo del dio era stato ritrovato, ricomposto e rianimato; era la reiterazione rituale di una vicenda mitica di morte e rinascita.
Culto di Iside
La venerazione per la dea, simbolo di sposa e madre e protettrice dei naviganti, si diffuse nel mondo ellenistico, fino a Roma. Da qui il suo culto, diventato misterico per i legami della dea con il mondo ultraterreno e nonostante all'inizio fosse ostacolato, dilagò in tutto l'impero romano. Nella religione romana Iside venne assimilata con molte divinità femminili locali, quali Cibele, Demetra e Cerere, e molti templi furono innalzati in suo onore in Europa, Africa ed Asia. Durante il suo sviluppo nell' Impero il culto di Iside si contraddistinse per processioni e feste in onore della dea molto festose e ricche. Le sacerdotesse della dea vestivano solitamente in bianco e si adornavano di fiori; a Roma, dedicavano talvolta la loro castità alla dea Iside. Apuleio nelle sue Metamorfosi ci racconta della festa di Iside. Si riferisce a quella festa che in Roma si disse “Isidis navigium” (5 Marzo del calendario romano).
Era una festa marinara, consisteva essenzialmente nel consacrare alla dea, la nave che poi si slanciava nel mare, onde la processione dal tempio recava sulla spiaggia, dove aveva luogo la sacra cerimonia. La processione dal tempio scendeva sulla marina, gli addetti, vestiti di una tunica di lino bianco tiravano con funi la sacra barca. Alla festa partecipavano in gran parte le donne.
Il culto di Iside in Sicilia viene anche identificato con la celebrata Proserpina, al punto che Apuleio afferma che i siculi chiamavano Iside Prosperina.
Il Velo di Iside
Il velo colorato di Iside è simile al velo di Maya di cui parla la filosofia indiana.
Esso rappresenta le molteplici forme della natura nelle quali è rivestito lo spirito.
L’idea è che lo Spirito Creativo si rivestì in forme materiali di grande diversità e che l’intero universo che noi conosciamo fu fatto in questo modo, è cioè la manifestazione, sotto forma materiale, dello spirito del Creatore.
Plutarco disse : Iside è il principio femminile della natura e quello che è in grado di ricevere tutto ciò che è creato; a causa di ciò è stata chiamata “Nutrice “ e “Omni-ricevente” da Platone…
Perciò la veste o velo di Iside è la forma continuamente mutevole della natura, la cui bellezza e tragedia vela ai nostri occhi lo spirito. Questo perpetuo gioco reciproco nel mondo manifesto, che comprende gli oggetti esterni, gli alberi, le colline, e il mare, come pure gli altri esseri umani ed anche noi stessi, i nostri corpi, le nostre reazioni emotive, l’intero dramma del mondo, ci sembra possedere una tale realtà assoluta che non pensiamo a metterla in dubbio. Tuttavia in alcuni momenti di particolare intuizione, indotti forse dal dolore o dalla sofferenza o da una grande gioia, possiamo improvvisamente renderci conto che ciò che costituisce l’ovvia forma del mondo, non è quella vera, quella reale.
E’ detto che l’essere vivente viene afferrato nella rete o velo di Iside, e ciò significa che alla nascita dello spirito, la scintilla divina che è in ognuno, fu incorporata o afferrata nella carne.
Attributi Magici
Iside, La luna, è anche Madre Natura, che è sia buona che cattiva. Tollera tutte le cose, proprio come nel mito non permette a Hor di distruggere fino in fondo il Tifone-Set, in quanto crescita e decadenza sono le componenti inevitabili della natura.
Iside viene mostrata mentre decreta che non potrebbe esserci armonia perpetua, se il bene fosse sempre nell’ascendente. Essa, al contrario, delibera che vi sia sempre un conflitto fra le potenze della crescita e quelle della distruzione.
Iside aveva due aspetti: Natura e Luna. Essa era la madre, la creatrice, la nutrice di tutto, ed era anche la distruttrice.
Il suo nome, Iside, significa antico ed era chiamata anche Maat, che significa Conoscenza o Sapienza.
Iside è Maat, la Sapienza Antica. Ovvero la sapienza delle cose come esse sono e come sono state sempre, la capacità innata, intrinseca di seguire la natura delle cose sia nella loro natura presente sia nel loro inevitabile sviluppo nel rapporto reciproco. E’ la sapienza dell’istinto.
Iside era vergine e madre, spesso rappresentata col bimbo in braccio.
Iside, nel periodo del lutto, era vestita di nero, oppure era essa stessa nera. Come la vergine nera dei santuari europei, che le è così strettamente collegata, essa era una Dea della guarigione.
Di Iside era detto: “dove tu guardi pietosa, l’uomo morto ritorna in vita, il malato è guarito”.
Le statue nere di Iside possiedono anche un altro significato. Plutarco dice che “tra le statue quelle con le corna sono rappresentazioni della sua luna crescente, mentre quelle vestite di nero i modi occulti e nascosti in cui essa segue il Sole – Osiride – e brama di unirsi con lui. In conseguenza a ciò essi invocano la luna per le questioni amorose e Eudosso dice che Iside regna sull’amore.”
Inni a Iside
Rito di Iside
Rito di Iside : la trasformazione di Osiride
Come accade da tempo immemore, l’intensa vicenda di Osiride dona forza e speranza alle donne afflitte dalla perdita dell’amato compagno. Essa ci svela in che modo possiamo far scaturire la speranza dall’abbandono – come è avvenuto attraverso la mistica resurrezione di Osiride operata da Iside.
Nell’antico Egitto, il mito di Iside e Osiride veniva proposto ogni anno nell’ambito di un sontuoso rito in segno di lutto. Questa cerimonia costituiva uno dei più importanti riti religiosi, che permetteva a chi ne prendeva parte di sperimentare le dolorose emozioni della dea mentre ricercava spasmodicamente il marito-fratello, che poi avrebbe pianto con strazio immane. Gli astanti percepivano altresì la gioia in seguito alla rinascita di Osiride nelle sembianze del figlio Horus.
Quando non si è manifestato appieno il riconoscimento del dolore, esso fluisce in tutti gli altri aspetti della vita, tingendola di nero. La sofferenza di Iside durante la disperata ricerca di Osiride da un capo all’altro del Nilo è indicativa del cupo viaggio che dobbiamo intraprendere per affrontare il dolore e trasformarlo.
Onde favorire la trasformazione della pena che vi affligge, plasmate un piccolo cuore – il vostro cuore infranto – utilizzando un foglio di allumnio. Mentre scolpite questo talismano, pensate a Iside e alla sua vicenda, ma pensate anche alla vostra vicenda. Fate confluire nella vostra energia tutto il dolore del vostro cuore infranto, con la saggezza che ne deriva.
Riempite quindi una ciotolina a fondo piatto con dell’acqua salata come le lacrime. Al centro della ciotolina, ponete una candela larga e massiccia. Accendete la candela. Dopo che si sarà sciolta una minuscola quantità di cera, intingetela nel vostro talismano a forma di cuore. Immaginate che la cera stia ricomponendo i frammenti del vostro cuore, come ha fatto con il corpo di Osiride. Nel fare ciò, dite:
A questo punto spegnete la candela.
Ripetete il rito della candela con il vostro talismano per quattordici notti, aggiungendo man mano l’acqua salata che occorre. Trascorso questo periodo, prendete il cuore coperto di cera e seppellitelo vicino ad un albero affinché Iside lo possa trovare e guarire, come ha fatto con Osiride. Infine versatevi sopra la rimanente acqua salata.
Fonte:
http://antrodellamagia.forumfree.it/
www.coloniaiuliafanestris.com
www.ilcerchiodellaluna.it/
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Il 3 Settembre si festeggia la festa di Iside, che cade anche il 6 Gennaio.
Questa festa dedicata ad una delle piu influenti Divinità Egizie ricopre una parte importante nella cultura pagana odierna.
Iside la Dea Celeste
Iside, è la dea della maternità e della fertilità nella mitologia egizia.
Divinità in origine celeste, associata alla regalità faceva parte dell'Enneade (associata alla regalità. si intende un gruppo di nove dei che stanno alla base della cosmogonia egizia. Il mito della creazione legato all'enneade narra che: in principio vi era il Nun, il caos incontrollato, elemento liquido e turbolento, il non creato. Dal Nun emerse una collinetta dalla quale nasce Atum (visto come Atum-Ra). Quest'ultimo sputando o masturbandosi diede vita a Shu (l'aria) e Tefnut (l'umido), i quali a loro volta generarono Geb (la terra) e Nut (il cielo). Il mito racconta che questi ultimi se ne stavano sempre uniti e impedivano alla vita di germogliare, così Atum ordinò al loro padre, Shu, di dividerli. Con le mani Shu spinse Nut verso l'alto facendole formare la volta celeste e con i piedi calpestò Geb tenendolo sdraiato. In questo modo l'aria separò il cielo dalla terra. Geb e Nut, a loro volta, generarono quattro figli: Osiride, Iside, Nefti e Seth).
Gli appellativi coi quali Iside viene evocata racchiudono un archetipo che non è solo quello della madre terra ma, più ampiamente, di Signora dell’universo, colei che ha il potere di governare i ritmi cosmici, il corso dei fenomeni celesti, l’alternarsi delle stagioni, che ha potere persino sul Fato e sull’influsso degli astri, sulle tempeste della Fortuna.
I simboli di Iside sono lo scettro – simbolo di autorità spirituale – e, nell’altra mano, la croce ansata, simbolo della Vita.
Il Mito di Iside
Figlia di Nut e Geb, sorella di Nefti, Seth ed Osiride, di cui fu anche sposa e dal quale ebbe Horus. Secondo il mito, raccontato da Plutarco nel suo Iside ed Osiride, con l'aiuto della sorella Nefti assemblò le parti del corpo di Osiride, riportandolo alla vita. Per questo era considerata una divinità associata alla magia ed all'oltretomba.
Iside è spesso simboleggiata da una vacca, ed è raffigurata con le corna bovine, tra le quali è racchiuso il sole. Solitamente viene raffigurata con una donna vestita, con in testa il simbolo del trono, che tiene in mano un loto, simbolo della fertilità. Il suo simbolo è il tiet, chiamato anche nodo isiaco. (Il Tiet, o nodo di Iside era un amuleto egizio, che era ritenuto assicurare protezione in vita e nel corso del viaggio verso l'aldilà nel periodo del Nuovo Regno. La sua forma era simile all'ankh, ma con le braccia rivolte verso il basso. Poiché l'amuleto era associato al sangue poteva essere realizzato in pietra rossa, come in altri casi era in oro. Il simbolo veniva usato spesso nella decorazione di tombe e nei corredi funerari. Il "nodo di Iside" è spesso raffigurato come attributo della dea nelle sue statue di epoca greco-romana. Si usavano gli angoli superiori, formando un cappio che doveva trovarsi esattamente tra i seni ed ai lati del nodo pendeva ciò che restava degli angoli usati).
Tifone ordisce una congiura ai danni di Osiride, chiudendolo, con un inganno, in un sarcofago sul quale viene fatto colare del piombo fuso (possibile simbolo dell’oscuramento del principio spirituale dell’uomo e della sua pietrificazione materialistica) e viene poi abbandonato nel fiume, in direzione del mare (il simbolo dello smarrimento nelle acque è comune a molti popoli antichi, come la cesta contenente Romolo e Remo abbandonata nelle acque del fiume).
Iside, resasi conto dell’accaduto, si veste a lutto e cerca a lungo il corpo di Osiride ed il sarcofago in cui è racchiuso. Dopo varie vicissitudini ed un lungo peregrinare (simboli della difficoltà della ricerca spirituale per l’uomo), dopo aver navigato attraverso le “paludi su una zattera di papiro, la dea ritrova il corpo di Osiride smembrato da Tifone, lo ricompone e lo rianima.
I Misteri
I Misteri prevedevano un momento cultuale pubblico che si articolava in due feste che celebravano alcuni episodi del mito. La prima, il Navigium Isidis, inaugurava la navigazione in primavera; la seconda, l’Inventio di Osiride, riattualizzava il suo ritrovamento e la sua ricomposizione e si svolgeva dal 29 ottobre al 1° novembre.
Al terzo giorno di digiuni, lamentazioni funebri e pantomime (che rappresentavano la ricerca di Osiride ucciso e smembrato da Seth-Tifone ed i riti funebri praticati da Iside) seguivano la gioia dei fedeli all’annuncio che il corpo del dio era stato ritrovato, ricomposto e rianimato; era la reiterazione rituale di una vicenda mitica di morte e rinascita.
Culto di Iside
La venerazione per la dea, simbolo di sposa e madre e protettrice dei naviganti, si diffuse nel mondo ellenistico, fino a Roma. Da qui il suo culto, diventato misterico per i legami della dea con il mondo ultraterreno e nonostante all'inizio fosse ostacolato, dilagò in tutto l'impero romano. Nella religione romana Iside venne assimilata con molte divinità femminili locali, quali Cibele, Demetra e Cerere, e molti templi furono innalzati in suo onore in Europa, Africa ed Asia. Durante il suo sviluppo nell' Impero il culto di Iside si contraddistinse per processioni e feste in onore della dea molto festose e ricche. Le sacerdotesse della dea vestivano solitamente in bianco e si adornavano di fiori; a Roma, dedicavano talvolta la loro castità alla dea Iside. Apuleio nelle sue Metamorfosi ci racconta della festa di Iside. Si riferisce a quella festa che in Roma si disse “Isidis navigium” (5 Marzo del calendario romano).
Era una festa marinara, consisteva essenzialmente nel consacrare alla dea, la nave che poi si slanciava nel mare, onde la processione dal tempio recava sulla spiaggia, dove aveva luogo la sacra cerimonia. La processione dal tempio scendeva sulla marina, gli addetti, vestiti di una tunica di lino bianco tiravano con funi la sacra barca. Alla festa partecipavano in gran parte le donne.
Il culto di Iside in Sicilia viene anche identificato con la celebrata Proserpina, al punto che Apuleio afferma che i siculi chiamavano Iside Prosperina.
Il Velo di Iside
Il velo colorato di Iside è simile al velo di Maya di cui parla la filosofia indiana.
Esso rappresenta le molteplici forme della natura nelle quali è rivestito lo spirito.
L’idea è che lo Spirito Creativo si rivestì in forme materiali di grande diversità e che l’intero universo che noi conosciamo fu fatto in questo modo, è cioè la manifestazione, sotto forma materiale, dello spirito del Creatore.
Plutarco disse : Iside è il principio femminile della natura e quello che è in grado di ricevere tutto ciò che è creato; a causa di ciò è stata chiamata “Nutrice “ e “Omni-ricevente” da Platone…
Perciò la veste o velo di Iside è la forma continuamente mutevole della natura, la cui bellezza e tragedia vela ai nostri occhi lo spirito. Questo perpetuo gioco reciproco nel mondo manifesto, che comprende gli oggetti esterni, gli alberi, le colline, e il mare, come pure gli altri esseri umani ed anche noi stessi, i nostri corpi, le nostre reazioni emotive, l’intero dramma del mondo, ci sembra possedere una tale realtà assoluta che non pensiamo a metterla in dubbio. Tuttavia in alcuni momenti di particolare intuizione, indotti forse dal dolore o dalla sofferenza o da una grande gioia, possiamo improvvisamente renderci conto che ciò che costituisce l’ovvia forma del mondo, non è quella vera, quella reale.
E’ detto che l’essere vivente viene afferrato nella rete o velo di Iside, e ciò significa che alla nascita dello spirito, la scintilla divina che è in ognuno, fu incorporata o afferrata nella carne.
Attributi Magici
Iside viene mostrata mentre decreta che non potrebbe esserci armonia perpetua, se il bene fosse sempre nell’ascendente. Essa, al contrario, delibera che vi sia sempre un conflitto fra le potenze della crescita e quelle della distruzione.
Iside aveva due aspetti: Natura e Luna. Essa era la madre, la creatrice, la nutrice di tutto, ed era anche la distruttrice.
Il suo nome, Iside, significa antico ed era chiamata anche Maat, che significa Conoscenza o Sapienza.
Iside è Maat, la Sapienza Antica. Ovvero la sapienza delle cose come esse sono e come sono state sempre, la capacità innata, intrinseca di seguire la natura delle cose sia nella loro natura presente sia nel loro inevitabile sviluppo nel rapporto reciproco. E’ la sapienza dell’istinto.
Iside era vergine e madre, spesso rappresentata col bimbo in braccio.
Iside, nel periodo del lutto, era vestita di nero, oppure era essa stessa nera. Come la vergine nera dei santuari europei, che le è così strettamente collegata, essa era una Dea della guarigione.
Di Iside era detto: “dove tu guardi pietosa, l’uomo morto ritorna in vita, il malato è guarito”.
Le statue nere di Iside possiedono anche un altro significato. Plutarco dice che “tra le statue quelle con le corna sono rappresentazioni della sua luna crescente, mentre quelle vestite di nero i modi occulti e nascosti in cui essa segue il Sole – Osiride – e brama di unirsi con lui. In conseguenza a ciò essi invocano la luna per le questioni amorose e Eudosso dice che Iside regna sull’amore.”
Inni a Iside
Perché io sono la prima e l’ ultima
Io sono la venerata e la disprezzata,
Io sono la prostituta e la santa,
Io sono la sposa e la vergine,
Io sono la madre e la figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono la sterile, eppure sono numerosi i miei figli,
Io sono la donna sposata e la nubile,
Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito,
Io sono la consolazione dei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
E fu il mio uomo che nutrì la mia fertilità,
Io sono la Madre di mio padre,
Io sono la sorella di mio marito,
Ed egli è il mio figliolo respinto.
Rispettatemi sempre,
Poiché io sono la Scandalosa e la Magnifica.
Io sono la venerata e la disprezzata,
Io sono la prostituta e la santa,
Io sono la sposa e la vergine,
Io sono la madre e la figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono la sterile, eppure sono numerosi i miei figli,
Io sono la donna sposata e la nubile,
Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito,
Io sono la consolazione dei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
E fu il mio uomo che nutrì la mia fertilità,
Io sono la Madre di mio padre,
Io sono la sorella di mio marito,
Ed egli è il mio figliolo respinto.
Rispettatemi sempre,
Poiché io sono la Scandalosa e la Magnifica.
"Tu, santa e sempiterna salvatrice del genere umano, sempre prodiga
delle Tue grazie ai mortali, Tu che dai il Tuo dolce affetto di madre
a chi si trova nell'afflizione: non c'è giorno, non c'è notte, non c'è
momento sia pur breve che passino senza la tua protezione!
E sempre Tu aiuti gli uomini per mare e per terra, e allontani le
tempeste della vita e porgi loro il soccorso della Tua destra, con la
quale sciogli gli inestricabili nodi del destino, e mitighi le
tempeste della Fortuna e raddrizzi il corso funesto degli astri.
Gli Dei del cielo ti onorano, gli Dei degli inferi ti temono:tu fai
girare la terra, illumini il sole, reggi il mondo, tieni il Tartaro
sotto i tuoi piedi.
Per Te si regolano gli astri, le stagioni si rinnovano, gioiscono i
numi, obbediscono gli elementi.
Al Tuo cenno spirano i venti, si gonfiano le nubi, germogliano i semi,
crescono i germogli.
Della Tua Maestà tremano gli uccelli che volano nell'aria, le fiere
che vagano sui mondi, i serpenti nascosti nella terra, i mostri che
nuotano nel mare.
Ma il mio ingegno è troppo debole per cantare tue lodi, e troppo
poveri i miei beni per offrirti degni sacrifici.
E non ho abbastanza voce per dire quello che sento della Tua Maestà, e
non basterebbero neppure mille bocche e mille lingue, né un eterno
instancabile fluire di parole.
Farò quello che solo può fare un uomo pio, ma povero: custodirò per
sempre nel profondo del mio cuore il tuo volto divino, il Tuo
santissimo nume!
(Apuleio, Metamorfosi, XI, 25)
delle Tue grazie ai mortali, Tu che dai il Tuo dolce affetto di madre
a chi si trova nell'afflizione: non c'è giorno, non c'è notte, non c'è
momento sia pur breve che passino senza la tua protezione!
E sempre Tu aiuti gli uomini per mare e per terra, e allontani le
tempeste della vita e porgi loro il soccorso della Tua destra, con la
quale sciogli gli inestricabili nodi del destino, e mitighi le
tempeste della Fortuna e raddrizzi il corso funesto degli astri.
Gli Dei del cielo ti onorano, gli Dei degli inferi ti temono:tu fai
girare la terra, illumini il sole, reggi il mondo, tieni il Tartaro
sotto i tuoi piedi.
Per Te si regolano gli astri, le stagioni si rinnovano, gioiscono i
numi, obbediscono gli elementi.
Al Tuo cenno spirano i venti, si gonfiano le nubi, germogliano i semi,
crescono i germogli.
Della Tua Maestà tremano gli uccelli che volano nell'aria, le fiere
che vagano sui mondi, i serpenti nascosti nella terra, i mostri che
nuotano nel mare.
Ma il mio ingegno è troppo debole per cantare tue lodi, e troppo
poveri i miei beni per offrirti degni sacrifici.
E non ho abbastanza voce per dire quello che sento della Tua Maestà, e
non basterebbero neppure mille bocche e mille lingue, né un eterno
instancabile fluire di parole.
Farò quello che solo può fare un uomo pio, ma povero: custodirò per
sempre nel profondo del mio cuore il tuo volto divino, il Tuo
santissimo nume!
(Apuleio, Metamorfosi, XI, 25)
Rito di Iside
Rito di Iside : la trasformazione di Osiride
Nell’antico Egitto, il mito di Iside e Osiride veniva proposto ogni anno nell’ambito di un sontuoso rito in segno di lutto. Questa cerimonia costituiva uno dei più importanti riti religiosi, che permetteva a chi ne prendeva parte di sperimentare le dolorose emozioni della dea mentre ricercava spasmodicamente il marito-fratello, che poi avrebbe pianto con strazio immane. Gli astanti percepivano altresì la gioia in seguito alla rinascita di Osiride nelle sembianze del figlio Horus.
Quando non si è manifestato appieno il riconoscimento del dolore, esso fluisce in tutti gli altri aspetti della vita, tingendola di nero. La sofferenza di Iside durante la disperata ricerca di Osiride da un capo all’altro del Nilo è indicativa del cupo viaggio che dobbiamo intraprendere per affrontare il dolore e trasformarlo.
Onde favorire la trasformazione della pena che vi affligge, plasmate un piccolo cuore – il vostro cuore infranto – utilizzando un foglio di allumnio. Mentre scolpite questo talismano, pensate a Iside e alla sua vicenda, ma pensate anche alla vostra vicenda. Fate confluire nella vostra energia tutto il dolore del vostro cuore infranto, con la saggezza che ne deriva.
Riempite quindi una ciotolina a fondo piatto con dell’acqua salata come le lacrime. Al centro della ciotolina, ponete una candela larga e massiccia. Accendete la candela. Dopo che si sarà sciolta una minuscola quantità di cera, intingetela nel vostro talismano a forma di cuore. Immaginate che la cera stia ricomponendo i frammenti del vostro cuore, come ha fatto con il corpo di Osiride. Nel fare ciò, dite:
Lacrime in acqua salata, cera in metallo
Iside, fai cessare le mie lacrime, trasforma il mio dolore.
Guarisci il mio cuore perché possa amare ancora.
Iside, fai cessare le mie lacrime, trasforma il mio dolore.
Guarisci il mio cuore perché possa amare ancora.
A questo punto spegnete la candela.
Ripetete il rito della candela con il vostro talismano per quattordici notti, aggiungendo man mano l’acqua salata che occorre. Trascorso questo periodo, prendete il cuore coperto di cera e seppellitelo vicino ad un albero affinché Iside lo possa trovare e guarire, come ha fatto con Osiride. Infine versatevi sopra la rimanente acqua salata.
Fonte:
http://antrodellamagia.forumfree.it/
www.coloniaiuliafanestris.com
www.ilcerchiodellaluna.it/
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