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domenica 25 maggio 2014

Yemanja,la regina del mare...

Yemanja

Nella mitologia yoruba, e nei culti correlati afroamericani come il Candomblé e il Vodun, Yemaja è la madre di tutti gli Orisha. A seconda della tradizione, viene indicata anche come Imanja, Jemanja, Yemalla, Yemana, Yemanja, Yemaya, Yemayah, Yemoja, Ymoja e in altre varianti. È la regina del mare; si invoca per protezione (in particolar modo delle donne incinte), purificazione e aiuto in generale, chiedendone la manifestazione nel suo aspetto più materno; un altro aspetto di Yemaja, quello distruttore, è simboleggiato dal mare in tempesta

La tradizione narra che Yemaja sia nata dalla spuma del mare (come Venere); la sua figura si può far corrispondere a quella generale della "Grande Madre", propria di numerose tradizioni.

Ha insegnato l'amore a tutti gli Orisha, è sposata con Babalú Ayé. Tra le caratteristiche che la contraddistinguono vi sono la passione per la caccia, l'astuzia, l'indomabilità, la collera, la severità, l'allegria. Le sono associati i colori bianco e blu e il sabato; nei sincretismi viene identificata con la Vergine della Regola. I suoi fedeli, prima di pronunciare il suo nome, devono toccare con i polpastrelli la polvere della terra.

Tra i suoi attributi vi sono la luna e il sole, l'ancora, il salvagente, le scialuppe. Veste abitualmente con una lunga veste azzurra con serpentine simboleggianti il mare e la spuma e regge un ventaglio adornato con conchiglie.

Dea madre e patrona delle donne, specialmente di quelle in gravidanza, è patrona anche del fiume Ogun, le cui acque si dice che riescano a curare l'infertilità. I suoi genitori sono Oduduwa e Obatala. Suo figlio Orungan la violentò una volta e ci riprovò una seconda; per impedire questa violenza, Yemaja esplose dal proprio ventre quindici Orisha, inclusi Ogun, Olokun, Shopona e Shango.

Tra gli Umbandisti, Yemaja è la dea dell'Oceano e dea patrona dei sopravvissuti ai naufragi.

Wikipedia

sabato 4 gennaio 2014

Dea Jana-risplendente di luce

Dea Jana (Gennaio)


Anticamente le Janare erano sacerdotesse , con funzioni anche orgiastiche rituali. Il termine è rimasto nel dialetto Beneventano assurgendo al sinonimo di streghe.
Col nome Janara si indica una donna, che possiede poteri magici, conosce le virtù delle erbe, pratica alcune operazioni mediche. In Sardegna esiste un luogo detto Domus Janas, che nel dialetto popolare significa casadelle fate. Il significato esoterico relativo alla quantità e natura del divino. Nella sua forma Janua guardava allo stesso tempo, al passato e futuro che in lei coincidevano; in un eterno privo di inizio e di fine impersonò la posizione della Terra nell’orbita dell’eclittica, agli equinozi di primavera e di autunno, e nelle feste solstiziali. Il volto del presente era nascosto, perché il presente non si può raffigurare, prima della raffigurazione è futuro, dopo è inesorabilmente passato….Janua è dunque Signora del Tempo e madre degli Dei. Genova deve il suo nome a Jana ( Genua) la porta sul mare. In epoca romana Jana, diventa divinità maschile, Giano. La radice indoeuropea del suo nome “ia” allude al concetto di “passaggio”, come il gaelico “ya-tu” (guado) ed il sanscrito “yana” (porta). In effetti, il dio Giano era il “custode delle porte” (“Ianitor”, da “ianua”, in latino “porta”) e di ogni passaggio, quindi anche di ogni inizio (anno, mese, giorno ecc…).Giano era dunque una divinità solare che aveva il controllo delle “Porte del Cielo” (Januae caelestis aulae), aperte all’alba (Oriente) e chiuse al tramonto (Occidente) dal Sole che vi transitava col suo carro splendente e “iani” in latino si chiamavano infatti gli archi di passaggio a forma di volta, simbolo della volta celeste In origine, quando il dio Giano veniva raffigurato bifronte su sculture e monete, le due facce erano una barbuta e l’altra no, forse a simboleggiare il “maschile” ed il “femminile”, quindi il “Sole” e la “Luna”. Anche Plinio il Vecchio lo rappresenta come un dio solare a due facce, mentre Macrobio nei Saturnalia dice che Gennaio (Januarius) era dedicato a Giano, dio con due facce, in quanto fuso con Jana, cioè Diana, chiamata da Varrone anche “Jana Luna”, la dea della luce lunare, protettrice dei boschi e delle fiere selvagge. Varrone sostiene anche che Janus era il vero “dio del cielo” e lo identificava addirittura con Juppiter, cioè con Giove stesso ! Janus, quindi, sarebbe il “doppio” o il “gemello” di Jana, (come Dianus di Diana), derivando i loro nomi dalla medesima radice ariana “Di”, che significa “risplendente di luce” (Web)

lunedì 30 dicembre 2013

Pele

Pele

Pele nella mitologia hawaiiana è una divinità del fuoco, della luce, della danza, dei vulcani e della violenza. È quindi la dea della creazione ma anche della distruzione. La sua dimora è situata all'interno del vulcano Kilauea, uno dei vulcani più attivi e turbolenti della terra. Le sue lacrime hanno formato le piccole formazioni laviche che si possono rintracciare nei pressi del vulcano.

Caratteristiche

È nota sia per il suo temperamento focoso sia per la dolce passione con cui vive i suoi amori. I suoi fedeli hanno modo di assistere alle sue apparizioni durante le quali assume le sembianze di una donna affascinante e seducente, oppure di una terribile strega.

Racconti mitologici

Quando molto tempo fa, a Tahiti fu imposto un nuovo culto religioso che prevedeva il sacrificio di vite umane, alcuni non condivisero questa imposizione. I dissenzienti decisero di abbandonare l'arcipelago, guidati da Tamatoa e da suo fratello Teroro. Assieme a loro imbarcarono anche animali e piante da trapiantare nella terra di destinazione. Il loro viaggio fu lungo e difficoltoso. Quando ormai sembravano perduti, riuscirono a rintracciare un'isola vulcanica che denominarono Hawai'i. Restarono ammaliati dalla bellezza del monte che, però, dopo poco tempo, incominciò le sue eruzioni svelando i segreti del luogo. Per cercare di rabbonire la divinità dovettero utilizzare la pietra rossa, simboleggiante la dea.
(Wikipedia)

Freyja

Freyja

Freyja è una divinità della mitologia norrena, dapprima della stirpe dei Vanir, ma dopo la pace che concluse il conflitto fra le due stirpi divine, viene mandata dagli Æsir come ostaggio e diviene una di loro. Ha molte manifestazioni ed è considerata la dea dell'amore, della seduzione, della fertilità, della guerra e delle virtù profetiche. Freyja è chiamata anche Gefn, Hörn, Mardöll, Sýr, Valfreyja e Vanadís. È figlia di Njörðr e di Skaði, sorella di Freyr e moglie di Óðr, a causa del quale soffre le pene d'amore, dato che la lascia per intraprendere lunghi viaggi, costringendola ad infruttuosi inseguimenti, durante i quali si lascia andare a pianti di lacrime d'oro. Assieme al consorte, mette al mondo due splendide fanciulle, dai nomi emblematici: Görsimi e Hnoss, sinonimi di "tesoro". Loki la definisce una ninfomane, sempre pronta a saziare le sue voglie con qualunque tipo di partner, dai giganti agli elfi, ed in effetti il suo irrefrenabile desiderio è cantato nelle Mansöngr, letteralmente canzoni per uomini, liriche amorose, ufficialmente vietate, ma diffusissime nelle alcove. Ne parla l'Edda di Snorri che afferma che la dea ama i canti d'amore e incita gli innamorati ad invocarla; aggiunge anche che Freyja cavalca nei campi di battaglia ed ha diritto alla metà dei caduti che guiderà in battaglia durante il Ragnarök, mentre l'altra metà è del dio Odino. Alla fine della guerra fra i Vanir e gli Æsir va a vivere con il fratello fra questi ultimi. Dimora nel palazzo Sessrumnir, che significa "dalle tante sedie", che si trova in Folkvang, "campo di battaglia"; ne esce ogni giorno viaggiando su un carro scintillante tirato da due gatti (si presume di razza delle foreste norvegesi).

numerose peculiarità, Freyja annovera quella di esperta nelle arti magiche seiðr, con cui poteva realizzare divinazioni e incantesimi a distanza. Possiede la collana Brísingamen, forgiata dai nani che gliela donarono a patto che giacesse con loro. Il suo giorno sacro è il venerdì e ne rimane traccia nel termine inglese Friday e in quello tedesco Freitag. Il suo nome, Freyja in norreno, dal significato di Signora, si trova a volte scritto in altre forme (Freia, Freya). Freyja, nella mitologia norrena, viene a volte confusa con Frigga, dea Æsir moglie di Odino, con la quale condivide la salvaguardia della fertilità e della fecondità e il ruolo di protettrice delle partorienti.

Freyja nella cultura moderna

Il suo nome di Vanadís dà origine al nome del vanadio. L'elemento chimico fu così battezzato dal suo riscopritore, il chimico svedese Nils Gabriel Sefström.
(Wikipedia)

domenica 29 dicembre 2013

Ragana

Ragana
Ragana (nei racconti popolari viene definita «strega dalle gambe ossute") nel folclore lituano e lettone rappresenta l'immagine della dea distruttrice e rigeneratrice. Il suo nome deriva dal verbo
regeiti, che significa «prevedere, pronosticare" o forse dal termine lituano ragas che indica “corno, mezzaluna”, riallacciandosi così alle simbologie legate alla luna, alla rinascita, alla trasformazione
e alle forme di preveggenza. Il significato del suo nome non è del tutto negativo, ma in seguito venne degradata al ruolo di fattucchiera che portava sfortuna a uomini e animali.
Ragana, dea delle streghe, era ritenuta una veggente in grado di rivelare il futuro e conosceva il modo di tenere sotto controllo i poteri soprannaturali. I1 suo aspetto poteva essere quello di una vecchia curva, ossuta, gialla e deforme, con un gran naso a becco la cui estremità toccava il mento, oppure quello di una bellissima donna o di una creatura terrificante.
Poteva assumere una miriade di forme, soprattutto quella di un rospo, un corvo, una gazza, un porcospino, un pesce, una quaglia o una rondine.
Generalmente l'apparizione di Ragana avveniva come dea singola, ma alcune leggende riportano il fatto che ella comparisse insieme a un'intera schiera di Ragane, sotto forma di corvi, guidati da una delle Ragane che assumeva il comando dello stormo. Secondo il mito, come ogni strega che si rispetti, tali Ragane si spalmavano addosso unguenti magici, volavano sui bastoni o sui ceppi di legno (emblemi della morte della natura), sorvolando campi e montagne, secondo quanto veniva loro ordinato dalla leader del branco. Si racconta che, nella notte del Solstizio d'inverno, il 21 dicembre, una moltitudine di Ragane in volo raggiungesse un punto preciso su di un'altura. D'inverno, le Ragane si bagnavano in buche scavate nel ghiaccio, sedendosi poi sugli alberi di
betulla, pettinandosi i lunghi capelli; quando splendeva il sole le loro bianche ossa luccicavano nella neve. Nei primi giorni di primavera, Ragana appariva nei pressi di ruscelli o laghi assumendo l'aspetto di una bellissima donna nuda che si spazzolava i capelli.


 (Daniela Nipoti – Il Grande Libro delle Dee Europee)

Coventina

Coventina era una divinità che operava come guaritrice, il cui nome indicava la personificazione della sacra fonte di Carrawburgh, nella contea di Northumberland, ai confini con la Scozia, localizzata lungo il Vallo di Adriano. Forse Coventina rappresentava la dea legata all'acqua più importante della Britannia settentrionale, il cui culto, come quello della dea Sulis, era concentrato in un luogo particolare, Carrawburgh, denominato Brocolitia dai Romani. Il nome della dea è
di origine celtica, e simboleggiava lo spirito della sorgente che sgorgava dalla terra per formare un piccolo stagno o un pozzo, recintato da un alto muro sacro. L'identità di questa dea acquatica
è stata rivelata dalle iscrizioni che portano il suo nome. Coventina non era venerata esclusivamente in Britannia: esistono testimonianze che fosse onorata sia nella parte nord-occidentale della Spagna che a Narbonne nella Gallia meridionale e sembra che i pellegrini giungessero al santuario sia dalle province celtiche che da quelle germaniche. Le dee considerate taumaturghe, fra le quali Belisama, Sulis, eccetera, venivano anch'esse omaggiate di offerte nei luoghi a loro sacri per ottenere la salute. Inoltre, le dee celtiche dell'acqua erano anche spiriti, esseri divini legati all'ispirazione poetica e alla profezia, in parallelo con le muse greche. Ma la ragione principale per collegare Coventina con i processi terapeutici è rappresentata dalla sorgente stessa: il legame fra l'acqua, i riti di guarigione e le dee era particolarmente sentito, soprattutto nel mondo celtico, per attribuirne la funzione primaria a Coventina, sebbene non fosse l'unica. Alcuni studiosi ipotizzano che fosse
una dea “tuttofare”, versatile, protettrice benefica contro tutti i mali che affliggono il genere umano. È ipotizzabile che la dea avesse anche una dimensione infernale, testimoniata dalle offerte di scarpe di cuoio o pelle, ritrovate anche nelle tombe romano-celtiche e che possono aver simboleggiato gli strumenti per il viaggio verso l'oltretomba.
Talvolta Coventina veniva raffigurata in forma triplice, in compagnia di due ancelle, o come ninfa acquatica seminuda e sdraiata in mezzo alle onde che accarezzano le sponde di un fiume, oppure nell'atto di versare acqua da una coppa o stringere in una mano una ninfea e nell'altra un'anfora.
L'iconografia di Coventina si riallaccia in modo significativo alle raffigurazioni greco-romane di ninfe, e difatti si legge in una delle iscrizioni rinvenute "Alla ninfa Coventina".
Le sorgenti curative sono assai diffuse nell'Europa continentale e nelle isole britanniche e rappresentano un veicolo fondamentale per entrare in contatto con la dea. Ogni sorgente è depositaria della sua abbondanza, ma essa manifesta la sua natura in modo leggermente diverso da una sorgente all'altra. Così le caratteristiche che si riferiscono a una determinata sorgente sono uniche e non si trovano in nessun altro luogo sulla Terra.


 (Daniela Nipoti – Il Grande Libro delle Dee Europee)

Dea Artia

Artia - Artio
Altre idee si aggiungono pensando che era forse una "signora degli animali e delle piante", simile all'originaria Artemide dei Greci, a cui la ricollega anche il nome.
Il 18 Novembre si festeggia la Festa di Artia. La Dea Celtica Artia o Artio / Artaius è molto conosciuta in bretagna, dove se ne trovano molti 
scritti delle sua apparizioni sotto forma di Orsa.

Il nome di questa dea deriva dalla parola gallico artos, cioè orso . Anche altre lingue celtiche hanno parole simili, come art nell'antico irlandese, arth in gallese. Secondo alcuni studiosi, il nome di Artù sarebbe collegato proprio a questa parola e a questa divinità.

La sua figura è associata alla caccia e all'abbonzanza, e alla natura, che come l'orso che va in letargo ha i suoi moti di vita e sterilità. (passaggio tra veglia e letargo) dove il letargo rappresenta il dormire-sterilità della terra, e l'estate il risveglio-fertilità.
Inoltre è anche considerata come una dea "dispensatrice di vita" in quanto orsa e madre.

L'orso è il simbolo della forza, e insieme al cervo ed al cinghiale è uno degli animali più famosi e rappresentativi della cultura celtica, e anche tra quelli più venerati.

artio

Ne è un esempio la scultura in bronzo proveniente da Muri, nei pressi di Berna (nome che significa orso) in Svizzera, che mostra un grande orso, dietro al quale c'è un piccolo albero, che sta di fronte a una donna seduta su un carro. Quest'ultima sembra tenere della frutta sul suo grembo, che serve forse a sfamare l'animale. La scultura poggia su una grande base rettangolare in bronzo con un'iscrizione (CIL 13, 05160): Deae Artioni/Licinia Sabinilla, cioè "Alla dea Artio (o Artionis), da Licinia Sabinilla".


Come onorare la dea.

Onorare questa dea è molto semplice, in quanto dea associata alla natura qualsiasi gesto di amore e protezione verso un animale o una pianta nel suo giorno, è come un ringraziamento.
Potete anche recarvi in un bosco e piantare una nuova pianta in suo onore, oppure recandovi ad un ruscello, fare un bagno di depurazione stringendo la raffigurazione di un orsa tra le mani e invocandola.


Fonti:
www.celticworld.it
Wiki - Artio
l'antro della magia

Diana

Diana


Divinità italica di origini antichissime, venerata particolarmente nel Lazio e a Roma, strettamente connessa alla natura, Diana si spostava tra selve e fonti: i centri di culto a lei dedicati si trovano prevalentemente in zone boscose e disabitate. Secondo la leggenda, era figlia di Latona/Leto e sorella gemella di Apollo. Diana appena nata, aiutò come levatrice la madre a generare il fratello nell'isola di Delo. Era quindi venerata, in modo particolare, dalle donne che la invocavano per ottenere la protezione durante il parto e soccorso nel dolore, ponendo fine al loro travaglio, ma anche per assicurare una serena crescita dei figli. Nelle sue raffigurazioni, Diana indossa una tunica corta, semplice, che la facilitava nella caccia e nel muoversi agevolmente nei boschi. Dotata di un arco d'argento e di una faretra piena di frecce o di una fiaccola, era spesso circondata da animali selvatici, dei quali era protettrice, in modo particolare la cerva era il suo animale prediletto, insieme ai cani. Si spostava nei boschi in solitudine o accompagnata dalle sue ninfe, evitando le compagnie troppo chiassose. Dea tra le più importanti nella mitologia romana e classica in generale, legata originariamente all'acqua delle fonti e dei ruscelli, venne assimilata in seguito alla dea Artemide, divenne protettrice della caccia e strettamente associata alla Luna. 
Diana
Come dea della Luna viene rappresentata anche nell'atto di portare la luce, con in mano una torcia o con il capo circondato dalla luna e dalle stelle. Muovendosi prevalentemente di notte, nelle sue sembianze di dea della Luna, Diana era associata con le dee Selene e Ecate, e insieme costituivano una triade lunare: Selene governava il cielo, Diana la luce della luna in terra, mentre Ecate presiedeva al misterioso mondo degli Inferi. A Roma, come divinità cacciatrice e dea dei parti, il suo culto ebbe rilevante significato politico poiché il suo tempio era un centro di riunione delle popolazione latine e aveva carattere democratico, essendo ritenuta anche protettrice della plebe e degli schiavi, i quali trovavano presso il suo tempio diritto di asilo se erano fuggitivi. Si serviva di arco e frecce, era dotata di mira infallibile e colpiva immancabilmente qualsiasi bersaglio, senza mostrare alcuna incertezza.


Secondo il mito,

 Diana cacciatrice aveva mantenuto intatta la sua verginità in nome di Amore (personificazione dell'erotismo e della bellezza, Eros per i Greci) e aveva fatto voto di castità: per questo motivo si dimostrava cordiale, estremamente benevola, disponibile a tutelare chi si affidasse a lei, come le ninfe, che promettevano solennemente di restare vergini. Il suo carattere, irascibile riottoso, prediligeva la solitudine e amava stare lontana dagli umani. Diana agiva in maniera rapida e decisa, per portare protezione o soccorso a chi le chiedeva aiuto, ma era altrettanto tempestiva nel punire chi la offendeva o nella vendetta. Competitiva e determinata, mostrava grande volontà di vittoria sugli avversari e nel conseguimento degli obiettivi prefissati, anche se manifestava una grande amicizia e solidarietà nei confronti delle donne. La sua collera terribile, devastante, tendeva a colpire i soprusi provocati dagli uomini nei suoi confronti o verso le altre figure femminili, delle quali Diana prendeva prontamente le difese. Poteva quindi definirsi spietata e vendicativa anche se nella fierezza del suo aspetto si coniugavano la grazia femminile del corpo e l'autorevolezza virile dello sguardo. Regale, atletica, longilinea, incantevole, manifestava un carattere particolarmente leale verso gli altri, vigore nell'esprimere il proprio punto di vista e tendenza a passare rapidamente dal pensiero all'azione immediata. Le forme nelle quali appariva la divinità erano legate alla luce, la stessa che filtra tra gli alberi e tra le foglie della foresta, nei germogli delle piante, magari Diana si mostrava con una fronda in una mano e una coppa ricolma di frutti nell'altra, vicina a un cervo, sotto l'aspetto umano insieme ai simboli legati alla caccia, quali la faretra, l'arco e la lancia.
(Daniela Nipoti – Il Grande Libro delle Dee Europee)