domenica 29 dicembre 2013

Meditazione della Luna Piena

Meditazione della Luna Piena
Radicatevi e centratevi, e visualizzate la luna piena. E' la Madre, il potere della realizzazione e di tutti gli aspetti della creazione. Lei nutre ciò che la luna nuova ha iniziato. Vedete le sue braccia aperte, i suoi seni ricolmi, il suo grembo che germoglia di vita. Percepite il vostro potere di nutrire, di dare, di realizzare le vostre possibilità. Lei è la donna nel suo aspetto sessuale; il suo piacere nell'unione è la forza motrice che sorregge tutti gli esseri viventi. Sentite il potere del vostro piacere. Il suo colore è il rosso del sangue, che rappresenta la vita. Chiamatela con il nome di “Mari!” e percepite la vostra capacità di amare.
Inno alla Dea per la Luna Piena
Madre LUNA, luce splendente di tutta la terra e il cielo,
noi Ti chiamiamo.
LUNA Madre Luminosa, brilla e vieni da noi.
Ti diamo il Benvenuto, Antica Luna, oh Misteriosa Saggia,
Ti diamo il Benvenuto, Antica Luna oh Misteriosa Saggia.
Lei splende per tutti, scorre dentro tutti.
Tutto ciò che è selvaggio e libero
Tutto ciò che è selvaggio e libero

Starhawk “La danza a spirale”

La Luce della Madre

Anche se siamo nel momento buio dell'anno, la luce della Madre illumina la notte e indica il cammino. Copre Madre Terra con il suo manto d'argento e protegge il suo sonno. Veglia su di noi e ci protegge con le sue nebbie. Con la sua luce e il suo amore ci accompagna mese dopo mese nella scoperta dei suoi Misteri. Buon Esbat. Le Figlie Dell'Antica Religione )O(

Dea Artia

Artia - Artio
Altre idee si aggiungono pensando che era forse una "signora degli animali e delle piante", simile all'originaria Artemide dei Greci, a cui la ricollega anche il nome.
Il 18 Novembre si festeggia la Festa di Artia. La Dea Celtica Artia o Artio / Artaius è molto conosciuta in bretagna, dove se ne trovano molti 
scritti delle sua apparizioni sotto forma di Orsa.

Il nome di questa dea deriva dalla parola gallico artos, cioè orso . Anche altre lingue celtiche hanno parole simili, come art nell'antico irlandese, arth in gallese. Secondo alcuni studiosi, il nome di Artù sarebbe collegato proprio a questa parola e a questa divinità.

La sua figura è associata alla caccia e all'abbonzanza, e alla natura, che come l'orso che va in letargo ha i suoi moti di vita e sterilità. (passaggio tra veglia e letargo) dove il letargo rappresenta il dormire-sterilità della terra, e l'estate il risveglio-fertilità.
Inoltre è anche considerata come una dea "dispensatrice di vita" in quanto orsa e madre.

L'orso è il simbolo della forza, e insieme al cervo ed al cinghiale è uno degli animali più famosi e rappresentativi della cultura celtica, e anche tra quelli più venerati.

artio

Ne è un esempio la scultura in bronzo proveniente da Muri, nei pressi di Berna (nome che significa orso) in Svizzera, che mostra un grande orso, dietro al quale c'è un piccolo albero, che sta di fronte a una donna seduta su un carro. Quest'ultima sembra tenere della frutta sul suo grembo, che serve forse a sfamare l'animale. La scultura poggia su una grande base rettangolare in bronzo con un'iscrizione (CIL 13, 05160): Deae Artioni/Licinia Sabinilla, cioè "Alla dea Artio (o Artionis), da Licinia Sabinilla".


Come onorare la dea.

Onorare questa dea è molto semplice, in quanto dea associata alla natura qualsiasi gesto di amore e protezione verso un animale o una pianta nel suo giorno, è come un ringraziamento.
Potete anche recarvi in un bosco e piantare una nuova pianta in suo onore, oppure recandovi ad un ruscello, fare un bagno di depurazione stringendo la raffigurazione di un orsa tra le mani e invocandola.


Fonti:
www.celticworld.it
Wiki - Artio
l'antro della magia

Sogno e incubazione sacra

Sogno e incubazione sacra

Che cos’è il sogno?
Il sogno è uno stato di coscienza alterata del nostro esistere. Fin da tempi antichissimi si è rivelato una fonte inesauribile di informazioni su noi stessi e sulla nostra vita e di saggezza per tutti i popoli. Non è possibile dare una spiegazione scientifica completa e convincente del fenomeno onirico e della relazione con l’apparato conoscitivo umano.
Dopo il grande successo riscosso dalla psicoanalisi il sogno è stato messo da parte, trascurato e abbandonato. Il sogno ci dà la prova che, per fortuna, non tutto è ancora completamente conoscibile, comprensibile e codificabile dalla ragione umana. La nostra mente sogna, anche la mente degli animali sogna e probabilmente l’intera anima mundi sogna. Per questo dovremmo ritrovare, riscoprire la capacità di ascoltare i sogni e di saperli leggere e interpretare, così come le civiltà da cui abbiamo avuto origine.
Ancora oggi, fortunatamente, esistono delle “isole” nelle quali culture protette e lontane dalla tecnologia e dal progresso, che spesso annebbia le nostre capacità e il senso della vita, vivono quasi senza tempo a diretto contatto col sogno, conoscendo e parlando un linguaggio atavico di simboli conosciuti da tutti i popoli.
Ciò che noi definiamo e chiamiamo sogno, in quei luoghi è un viaggio, un’estensione della percezione che riesce a rivelare un Sé sconosciuto e inatteso, cercato e poi raggiunto.

A proposito del sogno la Prof. Viviana Vivarelli scrive "Presso i popoli antichi, il sogno godeva di grandissima considerazione. Venivano raccolti specialmente i grandi sogni ricevuti dai re, dai sacerdoti o dai capi militari. Essi erano ritenuti messaggi divini, rivelazione diretta del volere degli dei. Nel mondo antico le potenze superiori possono attivare una conoscenza privilegiata, attraverso la medianità, lo spiritismo, la chiaroveggenza, l’arte…
...con messaggi in cui si assegnano compiti, si mostra il futuro, si indicano destini. Nell’universo induista il sogno è tanto importante che il mondo stesso sorge come un sogno del Brahma addormentato. Gli Assiro-Babilonesi avevano una vera e propria incubazione sacra, un rituale per indurre i grandi sogni, che avevano un significato importantissimo per la storia del popolo e per le decisioni dei re. Il luogo del sogno è visto come varco tra due mondi, quello degli uomini e quello degli dei, o tra il mondo dei vivi e quello dei morti, oppure più semplicemente tra la coscienza e l’inconscio o tra passato e futuro. Il sogno è un ponte. Nelle caverne australiane gli aborigeni dormono con cristalli di quarzo o opali della chiaroveggenza, per contattare le creature del Tempo del Sogno, che crearono il mondo e tracciarono le "Vie dei canti"...

...Nel bacino del Mediterraneo, nelle caverne sotterranee, negli antichi culti della terra, le sacerdotesse della Dea Madre cadevano nel sogno incubatorio per avere dalla Dea potere ed energia e anche comunicazioni occulte. Il sonno o trance della sacerdotessa è una immagine costante del mondo antico...

...Sognano nella tenda del sudore i nativi americani per contattare gli spiriti degli antenati e dormivano forse nelle Domus de Janas i sacerdoti delle antiche popolazioni sarde, deprivati delle loro energie terrene dai campi magnetici sottrattivi, per lasciare più facilmente questo mondo per l’altro, sconnettendo il piano materiale...

...Presso gli indiani del Nord America i sogni aiutano a scoprire medicine, canti magici, danze. Il gruppo resta a lungo nudo nella capanna sudatoria delle pietre ardenti bagnate con acqua ed erbe ed entra in una situazione di trance da cui si esce raccontando i sogni. Ci sono pietre per sognare e pietre su cui si sogna. I dolmen, enormi pietre piatte disseminate un po’ per tutto il centro l’Europa, forse erano letti per sognare, o tavole su cui focalizzare l’energia concentrata di Terra e Cielo, energia cosmo-tellurica. I nativi americani sospendono sul capo dei bambini addormentati una reticella intessuta di sassolini e conchiglie, per trattenere i sogni, affinché essi non si portino via le anime dei loro bambini nelle terre perdute dell’altrove...

Gli antichi Celti dicevano che gli dei stanno nelle isole dei sogni, oltre la spaccatura della terra, oltre la nona onda, e ricevevano da loro, sognando, messaggi in versi, ottenuti con pratiche incubatorie a fini poetici, stendendosi in terra in stanze buie col capo fasciato e il corpo coperto, addormentandosi in un sonno simile alla trance.
Del resto tutti i grandi testi sacri, I Veda, la Bibbia, il Corano, le Upanishad sono in versi. Il dio si comunica rivelandosi attraverso la poesia. La poesia è la forma iniziatica del sapere sacro...

...Spesso troviamo nel mondo antico elenchi di simboli. Li abbiamo un po’ dappertutto, in Tibet come in Grecia. Anche i sacerdoti egizi compilarono repertori di simboli per interpretare i sogni. Gli Egizi rispettavano grandemente i messaggi dei sogni.
Parlano del sogno la Bibbia, il Talmud e i testi religiosi islamici. Spesso i sogni sono apparizioni del dio che chiede una costruzione. Un sacerdote sognò la dea Serapide che gli ordinò un nuovo tempio.
Sappiamo di sogni mandati dagli dei che davano una consacrazione al sognatore, una investitura o un compito; erano molto importanti i grandi sogni di re o sacerdoti, ma il sogno poteva anche indicare anche una professione o una scelta o un’occasione...
...Molti popoli conoscono l’incubazione sacra, modo di sognare rituale in un luogo sotterraneo, grotta o buca scavata nella terra o anche in un bosco sacro, in cui si potevano avere sogni profetici. Anche i Sumeri la praticavano, il sognatore scendeva in un luogo sotterraneo, ci dormiva una notte e poi raccontava il suo sogno a un sacerdote che vi leggeva una profezia. In Sardegna sono stati trovati nei nuraghe sotterranei in cui probabilmente si praticava l’incubazione sacra...

Presso i nativi americani, quando il ragazzo arriva alla pubertà, viene mandato in luoghi solitari, prateria o montagna o boscaglia, per tre giorni, dove digiunerà, conoscerà la solitudine e combatterà con gli elementi naturali. Una volta tornato, dovrà raccontare i sogni che ha fatto, in base ai quali sarà scelto il suo ruolo nella tribù. Il digiuno è sempre un elemento fondamentale. Per provocare sogni speciali si usavano tecniche come la preghiera, il rito, incantesimi, invocazioni, il digiuno, l’incubazione, il sonno in un luogo sacro...

...questi rituali non sono inventati ma spesso derivano proprio da sogni di sacerdoti o sensitivi, e che questi sogni si presentano anche nel mondo moderno, con gli stessi simboli, anche in chi non ha conoscenza del passato. I sogni dunque creano i riti in quanto li suggeriscono"...

Strettamente legata al sogno è la pratica dell’incubazione che veniva praticata in Sardegna a scopo terapeutico. Di questa pratica nell’isola il primo a parlarne fu Aristotele il quale scrisse che in quest'isola vi erano degli eroi presso le cui tombe andavano a dormire coloro che volevano liberarsi dagli incubi. Gli incubi di cui bisognava liberarsi erano le allucinazioni, le ossessioni, i disturbi del sistema nervoso e i gravi traumi psichici ma anche la possessione da spiriti maligni.
Il filosofo Filipono, nel VI d.c. scriveva: "Alcuni scrittori hanno tramandato che certe persone afflitte da infermità se ne andavano lontano, presso (le tombe) degli eroi in Sardegna e si curavano; costoro quindi giacevano così per dormire per una durata di cinque giorni, dopodiché svegliandosi ritenevano che il momento (in cui si destavano) fosse lo stesso in cui si erano adagiati accanto agli eroi ".
Semplicio commentando quanto detto da Aristotele aggiunse "Sino ai tempi di Aristotele raccontavano che dei nove fanciulli nati ad Eracle dalle figlie di Tespio il Tespiese, le salme rimanessero incorrotte ed integre e presentassero le sembianze di dormienti. Questi pertanto sono gli eroi (venerati) in Sardegna".
Da ciò emerge come le salme dovessero essere imbalsamate e custodite per potersi conservare integri, si ipotizza che l’incubazione avenisse all’interno delle Tombe dei giganti, nell'esedra cioè all’aperto. Si può però obiettare a tale ipotesi che se così fosse , assai difficilmente si sarebbero potuti vedere come “dormienti” data l’oscurità e la difficoltà ad entrarvi ed inoltre sembra poco probabile che un sono tanto lungo, 5 giorni, potesse farsi all’aperto (si pensi ad esempio all’ipotesi che animali o vicende atmosferiche potesse molestare il corpo). Per cui l’esedra era luogo ideale per la pratica dei riti funebri collettivi ma era inadeguata alla terapia incubatoria.

L’incubazione si praticava all’interno dei nuraghi e il sonno richiedeva sicuramente l’assunzione di particolari sostanze soporifere che purtroppo sono a noi sconociute. Questi muraghi erano custoditi da sacerdoti e sacerdotesse (rappresentati nei bronzetti ritrovati) che possedevano conoscenze probabilmente di tipo sciamanico visti i sistemi oracolari e terapeutici connessi al culto dei morti; erano depositari di un sapere anctico relativo alle guarigioni e alla divinazione e rappresentavano gli intermediari tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Per indurre un sonno prolungato, quasi comatoso, si servivano probabilmente dell'essenza di alcune piante nepentacee e di alcuni fungi fimicoli che si trovano facilmente in Sardegna. Il sonno era abbinato ad un digiuno prolungato e comportava una forte debilitazione dell'organismo. Se il paziente in stato di incoscienza dava sintomi di risveglio, bastava fargli assumere ulteriori dosi di certe sostanze perché ricadesse nel sonno o in uno stato di trance. È possibile che coloro i quali assistevano gli incubati si servissero anche di sistemi ipnotici per riuscire a portare all'annullamento della persona attraverso la regressione fino alla nascita e poi ricostruire l'identità dell'individuo eliminando paure, ossessioni e traumi. Questa pratica, impiegata oggi dal alcuni psichiatri, era ed è utilizzata da molti sciamani.
Aristotele per spiegare l’incubazione scrisse “L'esistenza del tempo non è neppure possibile senza quella del cambiamento; quando infatti noi non cambiamo niente entro il nostro animo o non avvertiamo di cambiare, ci pare che il tempo non sia trascorso affatto: : la stessa sensazione dovrebbero provare quegli uomini addormentati in Sardegna , secondo la leggenda, accanto agli eroi, qualora si destassero: essi infatti accosterebbero l'istante in cui si assopirono con l'istante in cui si sono destati e ne farebbero una cosa sola togliendo via, a causa della loro insensibilità, tutto ciò che è intercorso”.
In pochissimi paesi sembrano esserci delle donne che tutt’oggi praticano “l’acqua dello spavento” e la somministrano a chi, dopo aver subito un trauma, è oppresso da incubi e ossessioni. Si recitano delle fforule misteriose facendo delle croci sopra il bicchiere pieno d’acqua che dovra essere bevuta per metà dal paziente; l’altra metà dovrà gettarla dietro la spalla. L’acqua che si beve potrebbe essere il “ricordo” di quelle sostanze soporifere usate per provocare il sonno profondo, quella gettata dietro invece un gesto simbolico del male che ci si lascia alle spalle senza ricordarlo.
Un’altra pratica di “medicina dello spavento” veniva eseguita dalla guaritrice solo se nel paese vi era un morto, perchè è necessario che deve esserci un defunto che porti via il male da cui si chiede di essere liberati.
A Samugheo si faceva entrare chi soffriva di epilessia nella stanza dove si trovava il morto, si facevano uscire i presenti, la guaritrice recitava alcune preghiere e poi metteva il paziente a contatto diretto con la salma, la quale si sarebbe portata via la malattia: la terapia prevedeva un vero e proprio contatto tra vivo e morto perché si attuasse un transfert dal primo al secondo.
L’incubazione non era impiegata solo a scopo terapeutico ma anche oracolare, però il sonno non doveva essere prolungato. Si andava sì a dormire presso i nuraghi ma in questo caso per ottenere visioni a scopo divinatorio che sarebbero poi state interpretate dalle sacerdotesse. Incubazione e divinazione erano strettamente connesse in quanto si riteneva che sia le guarigioni sia i responsi fosser dato dagli spiriti dell'oltretomba.
Era in uso anche la pratica di dormire presso entro certi santuari in occasione delle feste. Nel XVI secolo, Sigismondo Arquer scrisse "Quando i contadini celebrano la festa di qualche santo, dopo aver udito la messa nel suo tempio, per tutto il resto della giornata e della notte ballano entro il tempio, cantano canzoni profane uomini e donne intrecciano danze circolari, uccidono porci, arieti e armenti e con grande letizia si cibano di quelle carni in onore del santo”. In alcuni paesi della Barbagia per liberarsi dal trauma subito a seguito di grossi spaventi ci si rotolava per tre volte davanti al cimitero del paese o davanti a tre chiese. Questa pratica ricorda, così, quella dell’incubazione presso la tomba dell’antenato.
(web)

Baba Cloanta


BABA CLOANTA
“Baba cloanta”(=La vecchia senza denti) era una figura sporca e portatrice di sventura che non aveva niente di meglio da fare che spartire veleno e maledizioni dappertutto. E’ un personaggio negativo dal quale tutti gli eroi e le eroine dovevano stare alla larga a qualsiasi costo.

VECCHIA, MADRE E DEA
Per ripercorrere la sua storia tramite le fiabe, nella ricerca delle sue origini, dobbiamo sapere che questo personaggio gobbo e poco curato è molto più vecchio di quello che avremmo potuto immaginare.
Secondo la prospettiva mitologica ed esoterica, le radici di Baba Cloanta si trovano in Gea, Maya o nella Grande Dea Madre del Paleolitico (secondo gli studi della ricercatrice Marija Gimbutas).
Nei miti più antichi troviamo Mula-Prakiti, il nome con cui i Veda chiamavano la “Dea delle radici”, Shakti, ancora non sviluppata appieno, che rappresenta ciò che produce: la bellezza insita nella Natura, l’attrazione, la passione primordiale.

Ancora più indietro nel tempo, il prototipo della madre vecchia, conoscitrice di tutte le caratteristiche del Cielo e della Terra, sacra sacerdotessa, iniziata nella tradizione primordiale, se trasmetterà sotto forma di tutte le dee e dei personaggi simbolici che la rappresentano, come Demetra, Iside, Astarte, Circe, Cybel, Artemide e la stessa Lilith dell’esoterismo ebraico.

Nella mitologia rumena, assistiamo ad un fenomeno insolito. Nel folklore rumeno, infatti, la posizione delle anziane è più privilegiata, completa ed autentica rispetto al Medioevo.
TRA IL SANTO ED IL BLASFEMO
Una fiaba rumena dice che ad un certo punto il Diavolo stava litigando animatamente con un’anziana; i due stavano facendo così tanto rumore che avevano svegliato S. Pietro. Questo, che era molto istintivo, tagliò la testa ai due litiganti. Dopo la sanguinosa pena e l’abbandono del santo, i due corpi iniziarono a cercare le proprie teste nel fango. Quando le trovarono, però, se le scambiarono! Quindi la testa del diavolo andò alla vecchia, mentre la testa della vecchia andò al diavolo.
La connotazione dell’anziana non è sempre negativa, ma anche positive, perchè le vecchie (creature diaboliche) erano sagge streghe, preziose consigliere, ma anche streghe dispettose con cui era meglio non avere a che fare.
ANZIANE, SPIRITI, ED ANCORA ANZIANE...

BABA CLOANTA: una vecchia mostruosa che nelle fiabe appare come una donna brutta, dobba, con denti lunghi ed appuntiti. Baba Cloanta è la madre degli elfi, e la sua immortalità risiedeva in una gabbia di anime. Quando veniva colpita a morte da un eroe, lei scappava e succhiava “vita” dalle anime recluse, prendendo vita e potere.
BABA COJA: è uno spirito femminile malefico, appartenente alla mitologia dell’Ardeal; può uccidere bambini non battezzati. Il suo alter-ego tedesco è Frau Brechta mit dem Klumpfuss, ed è la signora di tutti gli spiriti maledetti. Baba Coja ha le unghie di rame e il naso di vetro; zoppica con un piede di ferro nella notte e ruba le anime dei bambini per nasconderle nei fiori. L’etimologia del suo nome deriva dalla terribile Baba Kuga/kuzica o Kuzna del folclore serbo, è quasi un ricordo dell’epoca in cui i DACI convissero con i serbi del Sud.
BABA HARCA: abita in una casetta nascosta in posti non frequentati dagli uomini. Il suo nome ha un collegamento con le pratiche magiche a base di crani umani e di animali, che avevano un’enorme importanza nei culti antichi, pre-dacici, sul territorio dell’odierna Romania.
BABA OARBA (la vecchia cieca): I bambini sono soliti giocare a “baba oarba”, un gioco in cui un bambino (la vecchia cieca) ha gli occhi coperti da un fazzoletto legato dietro la testa e deve prendere gli altri bambini che “balleranno” attorno a lui, facendogli anche mille scherzetti per disorientarlo.
Baba oarba era uno spirito che aveva un ruolo prettamente rituale: identificava la natura benevola o malevola di un personaggio appena tornato dal mondo dei morti, che aveva lo scopo di trasmettere messaggi o tradizioni importanti derivanti dai più anziani ai giovani.
(l'antro della magia)

Noi siamo natura

(…) Un edizione del Chamber Dictionary degli anni cinquanta definisce la natura, in modo notevolmente appropriato, come il potere che crea e regola il mondo. Penso che questa sia la definizione più idonea. Rievoca dimensioni di magnificenza, potere, infinito, ma pone anche una domanda: come umanità, siamo sopra e oltre a questo potere, o questo concetto è tanto superiore a noi da comprenderci in ogni caso? (…) “Noi” siamo la Natura di cui abusiamo. Stabilire una riunificazione con la Natura significa riportarsi dentro al nostro Sé, riprendere contatto con la saggezza senza tempo che è in ognuno di noi. Sono poche le persone che non hanno l'opportunità di farlo, ma sono anche poche quelle che dedicano del tempo a questo. (…) Ho imparato che questa “connessione” con la Natura trascende l'aspetto fisico, diventando un rapporto con lo Spirito. (…)
“Rispetto e riverenza possono diventare le porte verso le più alte realtà della Natura. E' solo bussando con leggerezza e umiltà a questa porta che si può pian piano arrivare all'armonia. Impara a conoscere il tuo Sé, a comprendere cosa vuol dire essere umano, perché che c'è ancora molto di cui rendersi conto. Ogni epoca di questo pianeta ha avuto una differente razza senziente. Anche questa si avvierà all'estinzione, man mano che dalle rovine della civiltà nascerà un nuovo genere umano. Riesci a capire, anche per un solo momento, che proprio come ogni albero ha radici che si spingono lontano, allo stesso modo gli uomini d'oggi sono solo le radici di una diversa razza umana? Questo è successo molte volte e succederà ancora molte volte. Ogni volta, l'uomo ha raggiunto un picco massimo di potere, scegliendo sempre le vie della distruzione. Così, come un albero cresce conforme al suo seme, l'uomo raccoglie ciò che egli stesso ha seminato. Questo ciclo avrà fine solo quando l'umanità avrà raggiunto un alto livello di saggezza. Solo allora potrà nascere una nuova era. Nel ciclo attuale l'uomo è di nuovo arrivato a una punto in cui ha tra le mani il seme della propria distruzione. Questo causerà contemporaneamente un inizio e una fine.”

Michael J.Roads “Dialoghi con la natura”

Fuoco-La magia della scintilla

La maggior parte degli occidentali ha perduto quel rapporto intenso ed emotivo che i nostri antenati avevano con il fuoco. La terribile grandiosità del fulmine, la magia della scintilla, la fiamma, la luce, il calore che si irradia e il ruggito del fuoco vivo stanno diventando cose del passato. E' sufficiente premere un interruttore e splende la luce, una luce immobile, inanimata e fredda; basta schiacciare un pulsante e una fila di fiammelle blu trasforma l'acqua o il gas in un'immediata fonte di calore per la casa. (…) Io sono tra i fortunati:
sono figlio delle fiamme e del fuoco. Mi ricordo una mia zia che mi accompagnava a letto reggendo una candela dalla fiamma tremolante che proiettava ombre misteriose contro il muro; io sedevo e fissavo con attonito stupore le fiamme vive, ruggenti e scoppiettanti nel vecchio e maestoso caminetto dei miei genitori, aspirando il fumo del legno di pino o di quercia, assorbendo il calore nel mio corpo e osservando le braci ardenti consumarsi lentamente e silenziosamente. (…) In molti luoghi, ma mai in modo così intenso come in Africa, ho assistito al grandioso e tremendo potere dei temporali, con saette lunghe chilometri che squarciavano il cielo sopra di me. Tutto questo mi ha donato la consapevolezza dell'essenza viva del fuoco e della sua capacità di risvegliare le terribili forze della natura: creare, vivere, bruciare e infine, così come inevitabilmente succede con tutte le forme di vita, ritornare alla cenere. (…)
Il fuoco trasmesso agli uomini dai cieli grazie a una saetta e il coraggio dell'umanità nel domare la fiamma, impressero un ricordo indelebile nei nostri avi preistorici. E' questa l'essenza dei nostri più antichi miti. (…) Non ho mai smesso di sorprendermi dinnanzi all'incredibile consapevolezza di coloro che l'uomo moderno chiama con così tanta condiscendenza “pagani primitivi”, e alla loro profonda visione della psicologia, della filosofia, della sociologia e della natura: furono loro ad ideare i miti e a tramandarli oralmente di generazione in generazione, mettendo sempre in guardia l'uomo contro i pericoli derivanti dalla sete di potere, da un'eccessiva ricchezza materiale, dal controllo sulla natura e dagli sforzi compiuti dall'umanità per sfidare la morte cercando ogni volta invano di ottenere l'immortalità. Al giorno d'oggi il mito dell'Albero di fuoco continua a trasmetterci la meraviglia della natura e ad insegnarci ad essere grati per i miracoli del fuoco, della luce e della conoscenza; ci ricorda inoltre di usare i nostri poteri con saggezza, con amore e mai con egoismo. 

(Tony Van Renterghen – Quando Babbo Natale era uno Sciamano)