Che cos’è il sogno?
Il sogno è uno stato di coscienza alterata del nostro esistere. Fin da tempi antichissimi si è rivelato una fonte inesauribile di informazioni su noi stessi e sulla nostra vita e di saggezza per tutti i popoli. Non è possibile dare una spiegazione scientifica completa e convincente del fenomeno onirico e della relazione con l’apparato conoscitivo umano.
Dopo il grande successo riscosso dalla psicoanalisi il sogno è stato messo da parte, trascurato e abbandonato. Il sogno ci dà la prova che, per fortuna, non tutto è ancora completamente conoscibile, comprensibile e codificabile dalla ragione umana. La nostra mente sogna, anche la mente degli animali sogna e probabilmente l’intera anima mundi sogna. Per questo dovremmo ritrovare, riscoprire la capacità di ascoltare i sogni e di saperli leggere e interpretare, così come le civiltà da cui abbiamo avuto origine.
Ancora oggi, fortunatamente, esistono delle “isole” nelle quali culture protette e lontane dalla tecnologia e dal progresso, che spesso annebbia le nostre capacità e il senso della vita, vivono quasi senza tempo a diretto contatto col sogno, conoscendo e parlando un linguaggio atavico di simboli conosciuti da tutti i popoli.
Ciò che noi definiamo e chiamiamo sogno, in quei luoghi è un viaggio, un’estensione della percezione che riesce a rivelare un Sé sconosciuto e inatteso, cercato e poi raggiunto.
A proposito del sogno la Prof. Viviana Vivarelli scrive "Presso i popoli antichi, il sogno godeva di grandissima considerazione. Venivano raccolti specialmente i grandi sogni ricevuti dai re, dai sacerdoti o dai capi militari. Essi erano ritenuti messaggi divini, rivelazione diretta del volere degli dei. Nel mondo antico le potenze superiori possono attivare una conoscenza privilegiata, attraverso la medianità, lo spiritismo, la chiaroveggenza, l’arte…
...con messaggi in cui si assegnano compiti, si mostra il futuro, si indicano destini. Nell’universo induista il sogno è tanto importante che il mondo stesso sorge come un sogno del Brahma addormentato. Gli Assiro-Babilonesi avevano una vera e propria incubazione sacra, un rituale per indurre i grandi sogni, che avevano un significato importantissimo per la storia del popolo e per le decisioni dei re. Il luogo del sogno è visto come varco tra due mondi, quello degli uomini e quello degli dei, o tra il mondo dei vivi e quello dei morti, oppure più semplicemente tra la coscienza e l’inconscio o tra passato e futuro. Il sogno è un ponte. Nelle caverne australiane gli aborigeni dormono con cristalli di quarzo o opali della chiaroveggenza, per contattare le creature del Tempo del Sogno, che crearono il mondo e tracciarono le "Vie dei canti"...
...Nel bacino del Mediterraneo, nelle caverne sotterranee, negli antichi culti della terra, le sacerdotesse della Dea Madre cadevano nel sogno incubatorio per avere dalla Dea potere ed energia e anche comunicazioni occulte. Il sonno o trance della sacerdotessa è una immagine costante del mondo antico...
...Sognano nella tenda del sudore i nativi americani per contattare gli spiriti degli antenati e dormivano forse nelle Domus de Janas i sacerdoti delle antiche popolazioni sarde, deprivati delle loro energie terrene dai campi magnetici sottrattivi, per lasciare più facilmente questo mondo per l’altro, sconnettendo il piano materiale...
...Presso gli indiani del Nord America i sogni aiutano a scoprire medicine, canti magici, danze. Il gruppo resta a lungo nudo nella capanna sudatoria delle pietre ardenti bagnate con acqua ed erbe ed entra in una situazione di trance da cui si esce raccontando i sogni. Ci sono pietre per sognare e pietre su cui si sogna. I dolmen, enormi pietre piatte disseminate un po’ per tutto il centro l’Europa, forse erano letti per sognare, o tavole su cui focalizzare l’energia concentrata di Terra e Cielo, energia cosmo-tellurica. I nativi americani sospendono sul capo dei bambini addormentati una reticella intessuta di sassolini e conchiglie, per trattenere i sogni, affinché essi non si portino via le anime dei loro bambini nelle terre perdute dell’altrove...
Gli antichi Celti dicevano che gli dei stanno nelle isole dei sogni, oltre la spaccatura della terra, oltre la nona onda, e ricevevano da loro, sognando, messaggi in versi, ottenuti con pratiche incubatorie a fini poetici, stendendosi in terra in stanze buie col capo fasciato e il corpo coperto, addormentandosi in un sonno simile alla trance.
Del resto tutti i grandi testi sacri, I Veda, la Bibbia, il Corano, le Upanishad sono in versi. Il dio si comunica rivelandosi attraverso la poesia. La poesia è la forma iniziatica del sapere sacro...
...Spesso troviamo nel mondo antico elenchi di simboli. Li abbiamo un po’ dappertutto, in Tibet come in Grecia. Anche i sacerdoti egizi compilarono repertori di simboli per interpretare i sogni. Gli Egizi rispettavano grandemente i messaggi dei sogni.
Parlano del sogno la Bibbia, il Talmud e i testi religiosi islamici. Spesso i sogni sono apparizioni del dio che chiede una costruzione. Un sacerdote sognò la dea Serapide che gli ordinò un nuovo tempio.
Sappiamo di sogni mandati dagli dei che davano una consacrazione al sognatore, una investitura o un compito; erano molto importanti i grandi sogni di re o sacerdoti, ma il sogno poteva anche indicare anche una professione o una scelta o un’occasione...
...Molti popoli conoscono l’incubazione sacra, modo di sognare rituale in un luogo sotterraneo, grotta o buca scavata nella terra o anche in un bosco sacro, in cui si potevano avere sogni profetici. Anche i Sumeri la praticavano, il sognatore scendeva in un luogo sotterraneo, ci dormiva una notte e poi raccontava il suo sogno a un sacerdote che vi leggeva una profezia. In Sardegna sono stati trovati nei nuraghe sotterranei in cui probabilmente si praticava l’incubazione sacra...
Presso i nativi americani, quando il ragazzo arriva alla pubertà, viene mandato in luoghi solitari, prateria o montagna o boscaglia, per tre giorni, dove digiunerà, conoscerà la solitudine e combatterà con gli elementi naturali. Una volta tornato, dovrà raccontare i sogni che ha fatto, in base ai quali sarà scelto il suo ruolo nella tribù. Il digiuno è sempre un elemento fondamentale. Per provocare sogni speciali si usavano tecniche come la preghiera, il rito, incantesimi, invocazioni, il digiuno, l’incubazione, il sonno in un luogo sacro...
...questi rituali non sono inventati ma spesso derivano proprio da sogni di sacerdoti o sensitivi, e che questi sogni si presentano anche nel mondo moderno, con gli stessi simboli, anche in chi non ha conoscenza del passato. I sogni dunque creano i riti in quanto li suggeriscono"...
Strettamente legata al sogno è la pratica dell’incubazione che veniva praticata in Sardegna a scopo terapeutico. Di questa pratica nell’isola il primo a parlarne fu Aristotele il quale scrisse che in quest'isola vi erano degli eroi presso le cui tombe andavano a dormire coloro che volevano liberarsi dagli incubi. Gli incubi di cui bisognava liberarsi erano le allucinazioni, le ossessioni, i disturbi del sistema nervoso e i gravi traumi psichici ma anche la possessione da spiriti maligni.
Il filosofo Filipono, nel VI d.c. scriveva: "Alcuni scrittori hanno tramandato che certe persone afflitte da infermità se ne andavano lontano, presso (le tombe) degli eroi in Sardegna e si curavano; costoro quindi giacevano così per dormire per una durata di cinque giorni, dopodiché svegliandosi ritenevano che il momento (in cui si destavano) fosse lo stesso in cui si erano adagiati accanto agli eroi ".
Semplicio commentando quanto detto da Aristotele aggiunse "Sino ai tempi di Aristotele raccontavano che dei nove fanciulli nati ad Eracle dalle figlie di Tespio il Tespiese, le salme rimanessero incorrotte ed integre e presentassero le sembianze di dormienti. Questi pertanto sono gli eroi (venerati) in Sardegna".
Da ciò emerge come le salme dovessero essere imbalsamate e custodite per potersi conservare integri, si ipotizza che l’incubazione avenisse all’interno delle Tombe dei giganti, nell'esedra cioè all’aperto. Si può però obiettare a tale ipotesi che se così fosse , assai difficilmente si sarebbero potuti vedere come “dormienti” data l’oscurità e la difficoltà ad entrarvi ed inoltre sembra poco probabile che un sono tanto lungo, 5 giorni, potesse farsi all’aperto (si pensi ad esempio all’ipotesi che animali o vicende atmosferiche potesse molestare il corpo). Per cui l’esedra era luogo ideale per la pratica dei riti funebri collettivi ma era inadeguata alla terapia incubatoria.
L’incubazione si praticava all’interno dei nuraghi e il sonno richiedeva sicuramente l’assunzione di particolari sostanze soporifere che purtroppo sono a noi sconociute. Questi muraghi erano custoditi da sacerdoti e sacerdotesse (rappresentati nei bronzetti ritrovati) che possedevano conoscenze probabilmente di tipo sciamanico visti i sistemi oracolari e terapeutici connessi al culto dei morti; erano depositari di un sapere anctico relativo alle guarigioni e alla divinazione e rappresentavano gli intermediari tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Per indurre un sonno prolungato, quasi comatoso, si servivano probabilmente dell'essenza di alcune piante nepentacee e di alcuni fungi fimicoli che si trovano facilmente in Sardegna. Il sonno era abbinato ad un digiuno prolungato e comportava una forte debilitazione dell'organismo. Se il paziente in stato di incoscienza dava sintomi di risveglio, bastava fargli assumere ulteriori dosi di certe sostanze perché ricadesse nel sonno o in uno stato di trance. È possibile che coloro i quali assistevano gli incubati si servissero anche di sistemi ipnotici per riuscire a portare all'annullamento della persona attraverso la regressione fino alla nascita e poi ricostruire l'identità dell'individuo eliminando paure, ossessioni e traumi. Questa pratica, impiegata oggi dal alcuni psichiatri, era ed è utilizzata da molti sciamani.
Aristotele per spiegare l’incubazione scrisse “L'esistenza del tempo non è neppure possibile senza quella del cambiamento; quando infatti noi non cambiamo niente entro il nostro animo o non avvertiamo di cambiare, ci pare che il tempo non sia trascorso affatto: : la stessa sensazione dovrebbero provare quegli uomini addormentati in Sardegna , secondo la leggenda, accanto agli eroi, qualora si destassero: essi infatti accosterebbero l'istante in cui si assopirono con l'istante in cui si sono destati e ne farebbero una cosa sola togliendo via, a causa della loro insensibilità, tutto ciò che è intercorso”.
In pochissimi paesi sembrano esserci delle donne che tutt’oggi praticano “l’acqua dello spavento” e la somministrano a chi, dopo aver subito un trauma, è oppresso da incubi e ossessioni. Si recitano delle fforule misteriose facendo delle croci sopra il bicchiere pieno d’acqua che dovra essere bevuta per metà dal paziente; l’altra metà dovrà gettarla dietro la spalla. L’acqua che si beve potrebbe essere il “ricordo” di quelle sostanze soporifere usate per provocare il sonno profondo, quella gettata dietro invece un gesto simbolico del male che ci si lascia alle spalle senza ricordarlo.
Un’altra pratica di “medicina dello spavento” veniva eseguita dalla guaritrice solo se nel paese vi era un morto, perchè è necessario che deve esserci un defunto che porti via il male da cui si chiede di essere liberati.
A Samugheo si faceva entrare chi soffriva di epilessia nella stanza dove si trovava il morto, si facevano uscire i presenti, la guaritrice recitava alcune preghiere e poi metteva il paziente a contatto diretto con la salma, la quale si sarebbe portata via la malattia: la terapia prevedeva un vero e proprio contatto tra vivo e morto perché si attuasse un transfert dal primo al secondo.
L’incubazione non era impiegata solo a scopo terapeutico ma anche oracolare, però il sonno non doveva essere prolungato. Si andava sì a dormire presso i nuraghi ma in questo caso per ottenere visioni a scopo divinatorio che sarebbero poi state interpretate dalle sacerdotesse. Incubazione e divinazione erano strettamente connesse in quanto si riteneva che sia le guarigioni sia i responsi fosser dato dagli spiriti dell'oltretomba.
Era in uso anche la pratica di dormire presso entro certi santuari in occasione delle feste. Nel XVI secolo, Sigismondo Arquer scrisse "Quando i contadini celebrano la festa di qualche santo, dopo aver udito la messa nel suo tempio, per tutto il resto della giornata e della notte ballano entro il tempio, cantano canzoni profane uomini e donne intrecciano danze circolari, uccidono porci, arieti e armenti e con grande letizia si cibano di quelle carni in onore del santo”. In alcuni paesi della Barbagia per liberarsi dal trauma subito a seguito di grossi spaventi ci si rotolava per tre volte davanti al cimitero del paese o davanti a tre chiese. Questa pratica ricorda, così, quella dell’incubazione presso la tomba dell’antenato.
(web)
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