martedì 23 dicembre 2014

La Magia della Luna

LA Magia della Luna

Sin dai tempi più antichi, la luna era considerata la splendente regina del cielo notturno, una benefica dama luminosa coronata di mille stelle che governava la vita sulla terra. 
Onorata nei boschi e nelle radure segrete, invocata dolcemente nel chiarore dei suoi raggi materni, lei ascoltava, offriva silenziosi consigli e benediceva coloro che le si rivolgevano, mostrando il mistero della fluidità, del mutamento e dell’eterno ritorno.

Illuminate dai suoi lucenti riflessi, le nostre antenate calcolavano il tempo osservandola nascere, crescere e adombrarsi, e la incidevano sulla superficie di legnetti, pietre e ossa per sapere sempre in quale momento del ciclo annuale si trovassero. Seguendo il suo ritmo naturale, sanguinavano tutte insieme, e nelle loro calde capanne fatte di terra e acqua cantavano alla sua luce e alla sua ombra, che si specchiavano entrambe nel mistero del loro grembo.
Nelle loro antiche preghiere, nel mito e nella tradizione, la luna “era appellata come “glorioso gioiello”, una “conduttrice divina delle nuvole e delle stelle”, “una lampada celeste” la cui luce brilla sul mondo di sotto, e una “fanciulla - regina che governa le maree” .” Sotto questo aspetto lei era “la Ruota d'Argento, una generosa sovrana dei reami celesti che illumina il mondo durante il suo tempo di oscurità, e il cui potere è grande abbastanza da muovere il possente oceano.”
Anche l’origine del suo nome richiama sempre la luce splendente, l’intenso brillare nel cuore dell’oscurità più fitta. La parola “luna”, deriva infatti dal latino lux, ovvero “luce”, simile all’antico slavo luča, che significa “luce, raggio, luna”. In altre lingue il significato appare simile: nell’antico irlandese la candida dama del cielo era chiamata gelach, dove gelsignifica “chiaro, bianco, luminoso, scintillante”. Gelach era dunque “la bianca”, “la luminosa”, “la splendente”. In Galles, invece, è chiamata ancora oggi lleuad e lloer, entrambi termini originati dalla radice indo-europea leuksna, che richiama la lucentezza, il biancore brillante, e appare spesso in relazione alla luna.

La luna è dunque colei che riluce, un luminoso grembo celeste che veglia e protegge, guida e incoraggia. “Divina, luminosa entità che è sempre mutevole, eppure sempre la stessa, è la regolatrice dei cieli notturni, e un lume che rischiara il nostro sentiero.
Come recita una preghiera tradizionale scozzese:
Sacra sia ogni cosa che lei illumina” .”

Uno dei frammenti perduti delle antiche tradizioni femminili era vivere secondo i mesi lunari , e dunque in armonia con la luna. Per questo, uno dei modi per recuperare tali frammenti, ri-membrarli e ricucirli insieme, potrebbe proprio essere quello di ri-armonizzarsi alle lunazioni, prenderne coscienza e tornare a vivere seguendo le loro fasi.
Accostandoci al ritmo lunare, osserviamo che lunazione dopo lunazione l’intero ciclo torna a ripetersi sempre uguale e al contempo sempre diverso. Sempre uguale perché tale è la natura della ciclicità, che è circolare e si ripete regolarmente; sempre diverso perché non esistono regole o confini netti e precisi che scandiscono la sua danza di luci e ombre all’interno di un anno solare completo – ovvero dell’arco di tempo che la terra impiega per fare un intero giro intorno al sole. Alcuni anni solari contengono infatti dodici lunazioni, mentre altri ne contengono tredici. La tredicesima luna, misteriosa e preziosa, compare ogni due o tre anni circa, quando la dodicesima termina molto presto rispetto all’andamento delle stagioni, e si manifesta per ristabilire il giusto equilibrio originario.

Il tempo scorre fluido e rotondo, le lune crescono e calano, si illuminano e si adombrano, ci insegnano a fluire insieme a loro, ad essere morbide e percettive, e ci conducono nel cuore del cambiamento, che pur tuttavia ha origine da una sorgente di armonia perenne e immutabile.
Per cominciare a vivere secondo il ciclo lunare è innanzitutto importante stabilire quando cominci e finisca ogni singola lunazione e quale sia la prima luna dell’anno, così da individuare anche tutte le altre ed essere pronte ad accogliere i loro doni e i loro diversi insegnamenti.
Il momento in cui la luna si adombra e infine sparisce dal cielo è il tempo liminale nel quale il ciclo vecchio giunge al termine e quello nuovo ha inizio. In assenza della luna il tempo si ferma, attende, e infine riprende a scorrere quando nel cielo compare nuovamente la sottilissima falce luminosa. Ogni lunazione inizia dunque nel momento di maggiore buio, durante la fase della luna nuova, e termina con la luna nuova successiva.
La prima luna dell’anno lunare, invece, è indicativamente quella che comincia nel periodo in cui il velo tra i mondi si assottiglia, ovvero nell'arco di tempo che nel calendario solare culmina con la festività di Ognissanti – l’antica Samhain – il 31 ottobre/1 novembre. Per calcolarla è quindi sufficiente individuare quale sia la lunazione che comprende, o comincia pochissimi giorni dopo tale festività, che per gli antichi popoli celtici segnava la fine dell’anno vecchio e l’inizio del nuovo.
Individuata la prima luna, e determinate le seguenti, possiamo iniziare a sperimentare le antiche mensilità lunari e a muoverci in armonia con esse.

Ricominciando a vivere secondo il ciclo lunare, come facevano le nostre antenate, possiamo apprendere l’elasticità, la mutevolezza, la fluidità libera che ci porta a scorrere dentro e fuori noi stesse come l’acqua dei ruscelli, ovvero non solo a vivere il cambiamento ma ad essere il cambiamento, pur senza mutare il centro del nostro essere e rimanendo salde nella nostra essenza naturale.
Tornando in sintonia con la luna impariamo a superare e a infrangere in mille pezzi gli schemi rigidi della nostra razionalità, che ci impediscono di abbandonarci alla spontaneità pura, all’istinto e a tutte quelle buone virtù che appartengono alla natura e alla nostra parte più profonda e vera.
Ascoltando la voce della luna possiamo fluire insieme a lei, sentirla crescere e decrescere nel nostro ventre, parlarle con il linguaggio dell’anima e tornare a percepirla dentro noi stesse, come parte di noi. Una parte sacra ed eterna che ci rende piene, complete, e splendenti di candida luce.

Quelle che seguono sono alcune delle attività che possono aiutarci a entrare in armonia con il ciclo lunare:

* creare un Diario della Luna, sul quale annotare la nostra esperienza del vivere secondo il ciclo lunare;
* calcolare e trascrivere sul Diario della Luna le varie lunazioni dell’anno, partendo dalla prima e aggiornandolo regolarmente con intuizioni, esperienze e osservazioni;
* individuare la propria luna di nascita, che può aiutare a comprendere la propria indole naturale;
* tenere a mente il giorno e la lunazione in cui ci troviamo – per esempio “quarto giorno della dodicesima luna” – considerando anche i giorni lunari oltre a quelli indicati sul calendario solare, e annotarlo al posto della data quando scriviamo sul nostro diario;
* prestare attenzione alle differenti energie delle lunazioni e al modo in cui influiscono su di noi;
* dare dei nomi ad ogni lunazione in base alle sue caratteristiche e al tempo stagionale in cui si sviluppa;
* vestirsi usando colori e simboli associati alla lunazione che si sta vivendo;
* leggere e raccogliere storie, fiabe e miti riguardanti le divinità associate alla luna e alle diverse lunazioni che si manifestano nel corso dell’anno;
* osservare il nostro ciclo mestruale e ascoltare ciò che accade nel nostro ventre in relazione alle fasi della luna;
* osservare spesso la luna, in ogni sua fase, e meditare su di essa;
* festeggiare la luna piena e la luna nuova nel modo che si sente più adatto, magari accendendo candele bianche in occasione dei pleniluni e nere durante i noviluni.

Il tempio della Ninfa

domenica 14 dicembre 2014

L'albero Solstiziale e l'albero di Natale


L'albero Solstiziale e l'albero di Natale

Sono origini molto antiche, quelle che collocano il famoso abete nelle feste del Solstizio d’inverno, ovvero il Natale.
I popoli germanici, lo usavano nei loro riti pagani, per festeggiare il passaggio dall’autunno all’inverno. In seguito era usanza bruciarlo nella stufa, in un rito di magia simpatica (secondo cui il simile attira il simile), in modo che con il fuoco si propiziasse il ritorno del sole.
Fu scelto l’abete perché è un albero sempre verde, che porta speranza nell’animo degli uomini visto che non muore mai, neppure nel periodo più freddo e difficile dell’anno. 
Era un simbolo fallico, di fertilità ed abbondanza associato alle divinità maschili di forza e vitalità. Ecco che addobbarlo, prendeva quindi i connotati di un piccolo rito casalingo che portava fortuna ed abbondanza alla famiglia.
Il Solstizio d’inverno, è il momento in cui la divinità maschile muore, per poi rinascere in primavera. Questo ciclo di morte-nascita, lo si ritrova in moltissime culture, oltre quella cristiana. E’ presente in Egitto, con la morte di Osiride e nel mito di Adone che si evirò proprio sotto ad un pino.

Addobbare l’albero di Natale con le luci, accendendolo di mille riflessi, ricorda il rituale del grande falò dell’abete, che spesso si prolungava fino all’attuale festa della Befana. In alcune popolazioni europee, con il fuoco dell’abete, si bruciava simbolicamente le negatività del passato, e le streghe leggevano nel fuoco i presagi per il futuro.
La tradizione dell’albero prese piede in Italia nel 1800, quando la regina Margherita, moglie di Umberto I, ne fece allestire uno in un salone del Quirinale, dove la famiglia reale abitava. La novità piacque moltissimo e l’usanza si diffuse tra le famiglie italiane in breve tempo.

Molte leggende cristiane sono poi nate nel tempo attorno all’albero di Natale, come quella americana che racconta di un bambino che si era perso in un bosco alla vigilia di Natale si addormentò sotto un abete. Per proteggerlo dal freddo, l’abete si piegò fino a racchiudere il bambino tra i suoi rami. La mattina i compaesani trovarono il bambino che dormiva tranquillo sotto l’abete, tutto ricoperto da cristalli che luccicavano alla luce del sole. In ricordo di quell’episodio, cominciarono a decorare l’albero di Natale. 

Quest’anno, non acquistate alberi vivi, i tempi sono cambiati e non è proprio il caso di far soffrire una pianta per egoismo e piacere personale!

Il cerchio della luna

martedì 9 dicembre 2014

Il Simbolo della Dea )o(

Questo simbolo, nella sua immagine rappresenta la Luna nelle sue fasi 
(crescente,piena,calante) ma è pressochè universalmente riconosciuto nella Wicca come il principale simbolo della Dea.

)O( è un simbolo che rappresenta un molteplicità di concetti. 
La luna come simbolo 1) dei ritmi biologici, 2) dello scorrere del 
tempo ,3) del divenire e 4 )del rinascere

1. Controlla le maree, concide col ciclo mestruale, il periodo delle 
semine: è l'astro che governa la vita e i suoi ritmi.

2. Misura il tempo che passa in modo visibile e ciclico. Alcuni 
calendari erano lunari, anzichè solari.

3. Ha una sua vita, come l'uomo. Come l'uomo nasce , cresce, invecchia 
e muore....

4. .....ma dopo tre giorni rinasce. Quindi è simbolo del passaggio 
dalla vita alla morte e viceversa.Per questo spesso le divinità lunari 
erano anche divinità funerarie e presiedevano i Misteri (dove l'iniziato "moriva" metaforicamente per rinascere a nuova vita spirituale).

Per quanto sopra e come vedremo in seguito, il simbolismo della Luna è 
lo stesso della Madre,dell'acqua,della terra,della fecondità 
(femminile,degli animali, dei campi), del destino dell' uomo dopo la morte e delle cerimonie di iniziazione.

La luna (e le divinità lunari) per il suo sparire- riapparire era considerata come ambivalente SIMBOLO DI PASSAGGIO
in un senso e nell'altro tra i tre mondi: quello terreno, quello 
sotterraneo dei defunti e quello celeste degli dei.
Come tale aveva più aspetti da cui la sua triplicità, rappresentata 
dalle sue fasi.

Prendiamo come esempio la Dea Ecate:
divinità lunare,funeraria,"la triplice" o "triforme" , rappresentata 
come donna con tre corpi o come tre donne addossate ad una colonna 
Presenta un aspetto benevolo (presiede ai parti ed alle fioriture, accorda fecondità, buona pesca, guida la via misterica delle 
iniziazioni) e tremendo (dea degli spettri e dei sortilegi notturni, dei fantasmi e dei mostri, maga per eccellenza, maestra di stregoneria, è colei che viene evocata dai maghi agli incroci - in quanto anch'essi simbolo di passaggio- e temuti per questo, perchè raduno di streghe.)

IL SUO USO

Il simbolo della Dea , può essere inscritto sulla sua candela, tracciato nell'aria con l'indice o con l'athame durante l'invocazione a Essa.
Per chi è pratico nell'uso della visualizzazione l'immagine stessa del 
cielo con la Luna può essere evocata nel proprio rituale, ma il suo simbolo è indubbiamente più facile da visualizzare ( bianco puro su sfondo nero o stellato).

UNA NOTA SUI SIMBOLI:

Ricordate che anche il più antico simbolo del mondo non ha nessun 
potere se non suscita nulla in voi.
Il potere del simbolo è proprio quello di POTER EVOCARE CON UNA 
SINGOLA IMMAGINE un insieme di idee e concetti a volte cos'ì vasto che 
la mente conscia non riesce a contenere. 
Ma dovete essere voi a "far vostro" un simbolo , a caricarlo a livello 
mentale e a livello emotivo di tutto quello che voi "sentite" e "scegliete" esso rappresenti.
Se solo pensando ad esso , o visualizzandolo , o tracciandolo "sentite" qualcosa che "si muove" dentro il vostro spirito, allora quel simbolo avrà potere.
Tutto quello che voi gli avrete dato. E potrete usarlo.

Morgana

Croce Celtica

La Croce Celtica è uno dei talismani più antichi e, soprattutto, il più ricco di significati simbolici. E’ originaria della tradizione magico-religiosa dei Celti, un popolo pre-cristiano, proveniente dall’ Irlanda, che migrò anche in altre zone dell’Europa creando piccole “culle etniche” sparse un po’ ovunque.
Dai Celti, appunto, il simbolo prese il nome di Croce Celtica. Essa è formata da un cerchio ed una croce. Anche se il cristianesimo in Irlanda fece suo questo simbolo, in realtà la più antica rappresentazione della croce celtica risale, in Europa, al 8-10.000 a.C. ed è stata trovata in una grotta dei Pirenei Francesi. Presso queste genti essa rappresentava il legame tra la vita e la morte (la croce), laddove la morte era intesa come metamorfosi e origine di nuova vita, e la mente dell’uomo, la ragione cosciente (il cerchio). I Celti come tutti i popoli antichi assegnavano ai propri simboli altissimi significati mistici magico-rituali legati al mondo della natura e al sacro. 

La storia del simbolismo insito nella croce celtica è piuttosto ambigua e contornata da leggende di ogni genere. Secondo il più antico significato pagano il cerchio contiene, non ha inizio nè fine e non ha direzione. La croce invece ha un moto che si espande verso l’esterno a partire da un singolo punto centrale.
La croce celtica nel suo significato più intimo rappresenta l’albero della vita, le quattro direzioni del mondo ( i 4 punti cardinali), il cosmo (cerchio) in cui è inserita la terra (croce), i quattro elementi (la croce: terra,acqua,aria e fuoco) uniti al quinto (il cerchio: l’energia, lo spirito), le quattro feste stagionali (samhain, imbolc, beltane, lughnasadh). 
Per l'intersecarsi di una linea orizzontale con una verticale, la Croce diviene il simbolo dell'armonia e dell'unione degli opposti e dei contrari. Il braccio orizzontale rappresenta il piano terreno, l'immanente, la razionalità umana; quello verticale di contro il piano spirituale, il trascendente, il collegamento con Dio. 

Una curiosità interessante è che la croce celtica è molto simile alla “ruota di medicina” dei nativi americani, con le dovute variazioni di significato.
In essa si racchiudono: Le DUE DIMENSIONI DELL'ESSERE UMANO, quella orizzontale della realta'contingente e quella verticale dell'eterna ascesa dello spirito umano; LA CICLICITA' DELL'UNIVERSO rappresentata dal cerchio o simbolo del Sole. 
L’elemento che la caratterizza è proprio l’anello (il cerchio, il sole) all'incrocio dei bracci della croce mentre il tronco poggia su di una base piramidale o conica. E’ detta anche croce irlandese o croce della questua. Scolpite in pietra arenaria sono disseminate un po' ovunque nella cosiddetta area celtica dell'Europa: Galles, Irlanda, Cornovaglia, Britannia. Il loro compito era quello di delimitare i confini di un monastero, di una tomba, ma servivano anche a fini votivi e propiziatori contro le forze infernali. La croce celtica venne utilizzata spesso con valore spirituale religioso dagli Etruschi e dai Romani e divenne con San Patrizio il simbolo proprio del cattolicesimo irlandese.

La tradizione cristiana vede nel cerchio il simbolo dell'eternità che enfatizza l'infinito amore divino dimostrato attraverso il sacrificio di cristo sulla croce, o ancora, la crocifissione e resurrezione sono l'immagine della speranza sempre viva dei fedeli, di salvezza. Altri sostengono che le croci celtiche siano state ricavate dalle grosse pietre erette presenti prima dell'avvento del cristianesimo, originariamente secondo alcuni, simboli fallici. Alcune teoria new age vedono in questo simbolo la rappresentazione del sole e della luna, del dio e della dea, del principio maschile e di quello femminile.
Una leggenda narra di come San Patrizio creò la prima croce celtica. Mentre predicava di fronte ad una pietra sacra delimitata da un cerchio, tracciò all'interno di questo cerchio una croce latina e benedì la pietra. Così ebbe origine la prima croce celtica. 
Ovviamente questa leggenda è frutto dell'opera del cristianesimo celtico di utilizzare simboli e idee già presenti nella cultura locale al fine di facilitare la conversione dei popoli. Tuttavia va ricordato sempre che la croce celtica non divenne simbolo cristiano fino almeno al IV secolo a.c.

Elizabeth

Meditazione per Yule

Una meditazione per il tempo di passaggio da Yule a Capodanno 

Questa è una semplice meditazione che potete fare in qualsiasi momento nel periodo di passaggio da Yule a Capodanno, una meditazione per ripulire il cuore.

La meditazione guidata costituisce forse il rito più semplice che si possa effettuare. 
Tutto ciò che vì occorre è la ricettività che vi permetta di scavare una nicchia silenziosa all'interno di voi stesse assieme alla volontà che si manifesti quanto è parte del mistero. L'uso della parola meditazione evoca spesso sofisticate tecniche di respirazione e interminabilí momenti trascorsi rimanendo seduti in scomode posizioni. Per fortuna, non deve necessariamente essere così; sovente basta chiudere gli occhi e acquietare i pensieri fino a sentire il centro del proprio essere, quell'aspetto di sé che è costante e perfetto. 
La meditazione guidata è una modalità che permette di strutturare un'esperienza nell'ambito di questo spazio.

Sedetevi su un comodo giaciglio in una stanza silenziosa, dove avete la certezza di non essere disturbate. 
Non sarebbe male se la stanza fosse illuminata da luci soffuse, meglio ancora se queste luci provengono dalle candele; la luce della candela delinea in maniera ottimale il passaggio dalla quotidianità a un'esistenza più primordiale, laddove l'illuminazione era assicurata dal fuoco anziché dall'elettricità. 
All'interno di questa nicchia, permettetevi di dimenticare tutti i crucci e le preoccupazioni che hanno scandito la vostra giornata. Attraverso questo gesto che consiste nel distaccarsi dalla vostra consueta esistenza, avete fatto sì che il vostro spazio divenga sacro, «separato da» ogni altra cosa.

Meditazione 
Chiudi gli occhi, prendi contatto con te stessa e porta l'attenzione al tuo respiro... fai tre bei respiri profondi, espirando a lungo... ascolta il tuo corpo... le tue sensazioni.... 
e comincia a riportare alla mente l'anno che sta per chiudersi... lascia che i momenti più importanti riaffiorino alla tua mente... molte cose sono accadute... c'è molta ricchezza portata da questo anno... molta vita... cose accadute... incontri...
e probabilmente ci saranno anche cose di cui non sei contenta... eventi che ti sono pesati... persone con cui hai avuto problemi.. scontentezze verso te stessa... sospesi che senti esseci dentro di te... nel tuo cuore.. che è come appannato, velato...

bene: è il momento di lasciar andare ciò che può essere lasciato andare... di perdonare chi può essere perdonato... immagina davvero di raccogliere dal tuo cuore, accarezzandolo, tutta la sporcizia e la polvere che si sono accumulate... immagina di raccoglierla nelle mani... accarezzando piano...
continua fino a che non senti il tuo cuore splendere nuovamente... brillante, pulito... e nelle tue mani essersi raccolto tutto ciò che non appartiene alla tua essenza più autentica...

bene, ora puoi affidarlo alla terra... lascia che scivoli dalle tue mani e   venga accolto dalla terra, che tutto accoglie, tutto trasforma, tutto purifica...

ringrazia la terra e resta un momento in contatto con la tua quiete interiore

Il cerchio della Luna

Tronchetto di Yule

Ingredienti

per la pasta biscuit

150 gr di farina
150 gr di zucchero
6 uova
2 cucchiaini rasi di lievito vanigliato
una bustini di vanillina
un pizzico di sale

per la crema pasticcera

4 tuorli d'uovo
100 g di zucchero
100 ml di panna
1 cucchiaio di farina
1 cucchiaio di maizena o di fecola
400 ml di latte
buccia grattugiata di un limone
un pizzico di sale

per la glassa al cioccolato

200 g di burro
300 gr di cioccolato fondente

Procedimento

Preparate la pasta biscuit.

Montate gli albumi a neve ferma e teneteli da parte. Montate i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere una crema chiara e spumosa. Quindi unite la farina e il lievito setacciati, poco alla volta e delicatamente.

Aggiungete quindi gli albumi montati a neve, facendo attenzione a non farli smontare. Amalgamate bene e completate aggiungendo la vanillina e un pizzico di sale. Dopo aver ottenuto un impasto omogeneo, versatelo in una teglia (40 cm per 30 cm circa) precedentemente unta, zuccherata e infarinata (anche se usate la carta da forno, zuccherate e infarinate ugualmente la superficie).

Cuocete in forno preriscaldato a 180° per circa 9/10 minuti. Una volta sfornata, coprite la pasta con uno strofinaccio umido e con lo stesso procedimento usato per il rotolo alla Nutella, arrotolatela nel canovaccio bagnato per dargli la forma e lasciatela raffreddare arrotolata.

Preparate la crema pasticciera, da utilizzare per farcire il tronchetto.

In una casseruola dai bordi alti mescolate con cura uova e zucchero senza montarli. Quando questi si saranno ben amalgamati unite poco alla volta farina e maizena e, infine, il latte bollente con la panna liquida, la buccia grattugiata di un limone e un pizzico di sale. Sempre mescolando portate il tutto a bollore. Continuate la cottura per altri tre minuti, fin quando la crema non avrà raggiunto la consistenza desiderata. Lasciate raffreddare la crema, coprendola con della pellicola trasparente da mettere a diretto contatto per evitare che si formi la pellicina sulla crema.

Se volete potete anche utilizzare la ricetta veloce della crema pasticcera senza l’utilizzo di farina, più facile e veloce di quella tradizionale.

Stendete la crema sulla pasta e, con l’aiuto dello stesso strofinaccio, ridategli la forma di rotolo, formato in precedenza.

Lasciate il rotolo da parte e preparate la glassa facendo sciogliere a bagnomaria il cioccolato fondente con il burro.

Riprendete il tronchetto e rifilate bene le due estremità. Tenete da parte i pezzettini rifilati. Tagliate ora un pezzo di una decina di centimetri facendo attenzione a fare un taglio in obliquo.

Prendete il pezzo di rotolo appena tagliato e affiancatelo lateralmente al pezzo più grande come se fosse il ramo di un albero. Unite i due pezzi con l’ausilio di qualche stuzzicadenti, colmando gli spazi tra il pezzo più grande e quello più piccolo utilizzando i pezzi di pasta rifilati prima dalle estremità.

Riprendete la glassa di cioccolato liquida e con l’aiuto di una spatola ricoprite tutto il tronchetto. Già in questo modo il cioccolato assumerà l’aspetto di una corteccia. Qualora vogliate potete tuttavia ulteriormente accentuare questo effetto, rigando tutto il tronchetto con i rebbi di una forchetta.

Prima di metterlo in frigo, decoratelo con codette colorate e granella di zucchero a vostro piacere.
Lasciate almeno un’ora in frigo affinché la glassa si solidifichi. Subito prima di servirlo spolverate con zucchero a velo per simulare la neve sull’albero.

Con l’esperienza riuscirete a comporre il tronchetto andando a creare diverse ramificazioni, rendendolo sempre più bello.

Ricette della nonna

martedì 21 ottobre 2014

Caccia alle Streghe

La caccia alle streghe ha inizio sin dall’alto Medioevo. Epidemie, carestia, crisi economica, inquietudine sociale, crisi religiosa e ribellioni contadine generavano sofferenze che né le autorità civili, né quelle religiose riuscivano a risolvere, spiegare o giustificare. Per ricondurre le masse all’obbedienza e alla passività occorreva asservirle alla cieca e incondizionata superstizione religiosa. Era pertanto necessario ricostruire la fede della gente in un Dio che brillava per la sua assenza e per l’indifferenza alle umane sventure, contrastando nel contempo il suo avversario e i sacerdoti di quest’ultimo. O, meglio, soprattutto le sacerdotesse, visto che la donna è in assoluto la principale colpevole del peccato originale, induce l’uomo in tentazione con la sua perniciosa lussuria ed è un essere inferiore, come si riteneva nei tempi più bui della cristianità. Teologi senza scrupoli e giuristi sadici si misero al lavoro per attribuire alle presunte streghe colpe sufficienti a giustificarne lo sterminio. Ma scopi inconfessati della caccia alle streghe erano quelli di eliminare dal contesto sociale persone scomode o aliene alle regole imposte dalla religione e dalla società, stornare l’attenzione della comunità da problemi gravi e insoluti, ricondurre dubbiosi e ribelli sotto il controllo della Chiesa, attribuire alle forze del male le disgrazie e gli affanni di una società in sfacelo. Il clero si mise quindi alacremente all’opera, realizzando una colossale opera di propaganda e indicando dal pulpito la strega, strumento del Diavolo, come principale fonte dei mali che affliggevano la società cristiana. Veniva imposta la lettura in pubblico delle accuse e delle sentenze di condanna. Si tenevano martellanti prediche contro la stregoneria durante i processi e prima dell’esecuzione, turni di preghiera collettiva, sermoni di natura tale da indurre gli stessi fedeli a ‘vigilare’ e a individuare possibili streghe nell’ambito della propria famiglia e tra i conoscenti, si minacciava la scomunica a chi non collaborasse. Le sedi dei processi furono trasferite in città o in grandi borghi, e le esecuzioni fissate nei giorni festivi per favorire la massima affluenza del pubblico uscente dalla messa. Catechismo e prediche contribuirono a diffondere i concetti di patto col Diavolo e di sabba, che la massa precedentemente ignorava. Il clero sviluppò e alimentò un assurdo sentimento repressivo nei confronti della sessualità, ritenendola per se stessa ispirata dal Demonio e riconducibile talvolta ad atto di vera e propria stregoneria. Prima la Chiesa cattolica e poi quella riformata, coadiuvate dalle istituzioni civili, teorizzarono il concetto di stregoneria e lo imposero a una società ignorante e asservita per eliminare quelli che ritenevano in definitiva potenziali nemici e concorrenti: era inammissibile che una strega riuscisse a curare malanni sui quali preghiere e benedizioni (ma anche le cure dei medici ufficiali!) non avessero alcun effetto.
Mario Boffo, Femmina strega